Monica Lanfranco: 194, quando si dice no è no

Una buona notizia per iniziare un anno nuovo, faticoso e pieno di
incertezze: è possibile fermare il delirante progetto fondamentalista e
anticostituzionale di chi, come il governatore Formigoni, ritiene di avere
un mandato diretto e assoluto dal suo dio per modificare, secondo la sua
visione, leggi dello Stato condivise e frutto di un grande lavoro di
mediazione e di relazione con i soggetti coinvolti. Parliamo della recente
bocciatura da parte del Tar delle linee guida sull’aborto, che il
governatore lombardo aveva promulgato nel 2008. Sono in contrasto con la
legge 194 e con la Costituzione, ha chiarito il Tar, accogliendo il ricorso
di 8 medici e della Cgil Lombardia patrocinati da un pull di legali, tra le
quali l’avvocata Alesso, attivista dell’Udi e coautrice del libro “La cicogna e
il codice”
, uscito di recente, nel quale si narrano le storie di
genitorialità rese possibili con la fecondazione assistita.
Il ricorso al Tar era stato inoltrato facendo leva sull’articolo 117 della
Costituzione che riserva alla competenza dello Stato la determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili o sociali
da garantire su tutto il territorio nazionale: si trattava di lanciare un
allarme su un precedente gravissimo, che non solo avrebbe potuto
configurarsi come un agguato alla legge 194 sull’interruzione di gravidanza,
ma che avrebbe potuto aprire la strada a derive localiste e fai da te che
dalla sanità (perché no?) si sarebbero potute estendere ad altri settori,
precipitando il Paese in un caos senza precedenti.
Ironico che questo arresto del disegno che Formigoni condivide con altri
governatori, per esempio il piemontese Cota (che appena eletto l’anno
scorso dichiarò che la Ru486 non avrebbe varcato la soglia della sua
regione) cada proprio all’inizio di un anno nel quale si celebrano i 150
dell’unità d’Italia. Formigoni, che già ha dichiarato che andrà avanti
comunque, avrà il suo da fare a giustificare tanta arroganza di fronte alle
motivazioni ineluttabili del ricorso.
Il Tar infatti premette che la legge 194 del 1978 prevede la tutela
giuridica del concepito (affermata nell’articolo 2 della Costituzione sui
diritti inviolabili della persona) con i casi nei quali può essere
sacrificata se collide con la necessità di evitare gravi pericoli alla
salute della madre (articolo 3 della Costituzione che impone di dare
assoluta prevalenza al bene salute di una persona già nata): la legge fissa
le condizioni per le prestazioni del servizio sanitario affinché i diritti
di madre e nascituro possano essere tutelati.
«Ma per livelli essenziali delle prestazioni – ragiona il Tar – non deve
intendersi esclusivamente la individuazione degli standards qualitativi
delle prestazioni, ma anche e prima ancora le condizioni cui è subordinato
l’accesso a quelle prestazioni: sarebbe del tutto illogico permettere che
una materia tanto sensibile che coinvolge scelte di fondo riguardanti valori
essenziali quali vita e salute possa essere disciplinata differentemente sul
territorio nazionale lasciando che siano le Regioni a individuar ciascuna
per il proprio territorio, le condizioni di accesso alle prestazioni
sanitarie».
Fin qui le chiarissime motivazioni del Tar, che liquidano anche come
altrettanto incostituzionale il tentativo da parte di Formigoni di
introdurre l’ulteriore figura dello psichiatra come ‘garante obbligatorio’
nel caso di richiesta da parte della donna di aborto quando una patologia
potesse arrecare gravi pericoli alla salute psico fisica della donna: anche
qui il Tar rileva il contrasto con la legge nazionale, che invece ripone
fiducia nella figura del/della ginecologa, anche con la capacità di valutare
i propri limiti conoscitivi lasciando che sia tale specialista a dover
decidere se avvalersi o meno dell’ausilio di altri medici.
Ma il dato più importante da segnalare, di carattere politico, in questa
sentenza sta nel fatto di ribadire la validità di una legge nazionale come
la 194 che non solo ha vinto la sfida di aver fatto cessare la piaga
dell’aborto clandestino, ma che permette alle donne di scegliere come
autodeterminarsi sulle scelte riproduttive. E’ questo, ancora e sempre, il
tarlo che rode uomini come Formigoni, Cota e altri politici purtroppo molto
diffusi oggi in questo Paese. Il fatto che le donne siano persone capaci di
decidere, che le leggi nazionali non sono giocattoli da rompere quando e
come si vuole, e che la cittadinanza non ha niente a che fare con la
sudditanza, che invece tanto si vorrebbe restaurare.

www.monicalanfranco.it
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“Non si può smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”
Audre Lorde

 

Redazione
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2 commenti

  • Grazie davvero, questa decisione del Tar mi era sfuggita. Ciò che mi preoccupa è che persone come il governatore lombardo e i suoi accoliti pidiellini e leghisti rappresentano un humus politico simile a quello che negli Usa ha portato al clima d’odio contro la deputata Giffords, non a caso attivista per il diritto all’autodeterminazione delle donne.

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