Monica Lanfranco: «le madri sono tutte pazze»

Sempre, a ridosso di una tragedia, si offre spazio all’insensatezza dei rimedi “drastici”, come se reagire in modo eclatante senza intervenire sui motivi dei drammi umani potesse realmente arginarli e risolverli in un attimo.

Di fronte all’ennesimo caso di infanticidio nel nostro Paese (la madre di Passo Corese che ha ucciso la sua neonata) è partita la proposta dei ginecologi della Società italiana (Sigo) di sottoporre alle donne a rischio lo stesso intervento che si usa per i malati mentali gravi in fase acuta. Cioè il tso, ovvero il trattamento sanitario coatto, che si traduce nel ricovero forzato in ospedale e nella somministrazione di farmaci, solitamente riservati a malati psichiatrici. La Sigo e l’associazione Strade onlus invocano «la linea dura per arginare il dramma delle mamme assassine». Linea dura?  Stiamo parlando di vandalismo criminale, di mafia, di terrorismo, di crimini contro l’umanità? I dati dicono che sono circa 50-75 mila le donne che vengono colpite dalla depressione post partum, un malessere che si sta diffondendo e che, a parte una limitata casistica relativa a donne che già prima della gravidanza soffrivano di disturbi psichici, può colpire molte neomadri. Le cause sono molte: l’insufficienza di preparazione e informazione su cosa realmente sia l’esperienza della maternità concreta, al di là dell’immagine stereotipata della giovane e bella signora felice che il suo roseo cucciolo possa avere il meraviglioso sederino asciutto grazie al pannolino tecnologico. Fare da madre a un nuovo essere è il lavoro più complesso e stancante che esista. Certamente, se la maternità è una scelta consapevole e matura, è l’esperienza più straordinaria della propria vita.

Ma la solitudine, l’inaspettata fatica fisica e mentale che comportano l’allevamento di una creatura neonata, mai abbastanza narrate e condivise perché faccende di poco conto nella società che pure sprona le donne a essere madri, sono a volte troppo grandi anche per donne preparate, figuriamoci per quelle giovani o meno acculturate, o in condizioni economiche precarie: un gran numero di donne, quindi, in Italia.

Senza pensare alla prevenzione, e quindi a investimenti e a iniziative diffuse di formazione, informazione e attenzione ai temi della maternità e paternità responsabili, i solerti esperti della Sigo invitano il ministro della Salute Fazio a emanare linee guida, senza bisogno di modificare la legge 180 sulla psichiatria, che già prevede il tso. Chiosano che si tratterebbe di una cura diversa da quella usata per persone schizofreniche e psicotiche. Propongono “operatori qualificati” che resterebbero 24 ore su 24 a casa. Carta straccia è rimasta la raccomandazione del Comitato nazionale di bioetica, che in un parere del 2005 sottolineò la necessità di una assistenza specifica che coinvolgesse la struttura pubblica e mirasse a una prevenzione efficace, raccomandando «la sensibilizzazione della figura paterna e dei familiari sia durante la gestazione che dopo il parto». Per fortuna Maria Burani Procaccini, già presidente della Commissione bicamerale sull’infanzia si dice «fermamente contraria all’uso del Trattamento sanitario obbligatorio». Pensarlo come fatto risolutivo è una cosa semplicemente assurda – afferma – se dietro non c’è un lavoro preventivo.

Già. E’ però molto più comodo e veloce estendere i rimedi farmacologici a tutta la sfera vitale femminile, dai tumulti adolescenziali a quelli della menopausa, così ci si porta avanti con il lavoro: tanto si sa che le donne, comunque, sono tutte un po’ instabili.

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