Morena Fanti – Non è un mestiere per deboli

Fare lo scrittore non è un mestiere facile, ormai l’abbiamo capito.
Se si va a spulciare la lista degli editori, rigorosamente free -163 nomi, in ordine alfabetico, senza rilievo alcuno tra ‘grandi’ e ‘piccoli’ -, si visitano i siti, con tutte le difficoltà di cui a questo post, si trovano indirizzi e modalità di spedizione (chi vuole un capitolo, chi la sinossi, chi la scheda libro ecc), poi si creano i file – tagliare, modificare, incollare, aggiungere, eliminare – e infine si spedisce (a ognuno una mail diversa, con allegati diversi), si impiegano ore in un lavoro che prosciuga mente e corpo, un lavoro lungo che porta via giornate intere.
Ci vuole una salute di ferro, pazienza illimitata e tempo libero. Molto tempo libero.
Si deduce che lo scrittore debba essere nullafacente se vuole cercare di ottenere qualcosa [nel linguaggio dello scrittore “ottenere qualcosa” significa “pubblicare”].
Chi può permettersi di stare al pc tante ore, lavorare senza alzare la testa, dedicando tutto se stesso a un compito che probabilmente non produrrà alcun risultato se non acidità di stomaco e un uso improprio e smodato di Maalox e compresse per dormire – il sonno inizia ad andarsene con l’invio delle prime cinque mail e sparirà del tutto a lista completata – se non uno sfaccendato con tanto tempo libero, nessun problema e la pazienza degli ottimisti ad oltranza?
Pazienza e ottimismo che vengono messi a repentaglio da certe frasi che si leggono nei siti delle case editrici: chi si proclama contro l’editoria  a pagamento (EAP) e poi chiede sessanta euro (60!) per leggere il manoscritto che vorrete cortesemente inviare, e chi propone l’invio sia in cartaceo che via mail ma per l’invio digitale chiede dieci euro di indennizzo (beh, insomma), e chi ESIGE (non chiede, non auspica, non desidera) che l’autore reperisca luoghi e modi per le presentazioni, altrimenti non se ne parla di pubblicare.
Lo scrittore legge, strabuzza gli occhi, sente la fitta allo stomaco, ingoia una pasticca e procede con la ricerca. È già al terzo giorno di lavoro, ha spedito venti mail, gettato il blister di Maalox nel cestino e sta per gettare i suoi sogni. Si domanda chi glielo fa fare ma è una domanda retorica e non perde tempo a rispondersi; abbassa di nuovo la testa e riprende la sua ricerca. Sa che stanotte non dormirà e sa che, probabilmente, sta lavorando per niente, ma prosegue con determinazione e con la cocciutaggine che gli ha permesso di scrivere quel tomo che vorrebbe fosse letto da qualcuno e magari anche apprezzato (ma non chiediamo troppo, suvvia! Anche tu, però, scrittore, devi essere ragionevole).
Cosa ne sarà di lui? Riuscirà a portare avanti il suo compito con quelle fitte che gli fanno contrarre lo spalle e stringere lo stomaco e con gli occhi arrossati dalla mancanza di riposo, o finirà nell’ambulatorio di un medico? Il suo destino sembra segnato.
Se siete cagionevoli di salute, impazienti, predisposti all’ulcera, e se avete un lavoro che vi impegna dodici ore al giorno, lasciate perdere. Scrivere non fa per voi.
Leopardi vivrebbe tempi grami se fosse qui.

Morena Fanti

http://morenafanti.wordpress.com/2011/01/03/non-e-un-mestiere-per-deboli/

 

per informazioni e invio testi:
clelia pierangela pieri – xdonnaselva@yahoo.it
luigi di costanzo       – onig1@libero.it

Clelia

5 commenti

  • Cara Morena, sono molto in sintonia con quanto scrivi, scusami se scendo nel personale. Come puoi immaginare tenevo molto al nuovo libro ” L’incontro di due vite”, epistolario di un decennio, tra Mario Verdone e me.
    Mi era costatato oltre un anno di lavoro per trascrivere la grafia di Mario che secondo l’editore non si capiva.
    Al solito per motivi economici, mi sono affidata
    a Sampognaro&Pupi, Editori siciliani esordienti ancora poco
    pratici. La peggiore stamperia senese avrebbe fatto meglio! Malgrado le mie insistenza, hanno editato il libro senza farmi controllare le bozze per eventuali errori.
    Il pacco mi è giunto aperto con solo dieci libri,
    senza una lettera di consegna.
    Il plico è arrivato il 28 dicembre. Mentre il 21 dicembre hanno contattato le librerie senesi quando gli esercenti avevano già comprato i volumi per i regali di Natale.
    Nell’epistolario, malgrado le mie raccomandazioni,
    non hanno inserito nessuna lettera autografa,
    nessuna foto, nessuna pagina di intervallo prima
    e dopo tutte le lettere.
    Esse dovevano terminare con una recensione che avevo scritto sulla rassegna dei film classici giapponesi e su una intervista che avevo fatto a Mario sul futurismo.
    L’articolo doveva seguire la recensione prima dell’indice.
    Ho chiesto una modifica particolareggiata del volume, per
    rispetto di Carlo e di Luca, (lui dovrebbe venire presto a trovarmi.) Ho telefonato al Direttore editoriale, ma sarà difficile che sia esaudita.
    Sperando ti sia gradita, ho chiesto di inviarti una copia del volume e ti chiedo scusa per loro, di un lavoro così sciatto e tirato via. Ormai gli editori che sanno fare il proprio mestiere, con responsabilità e rispetto per la fatica degli autori, sono una categoria in estinzione.
    Credimi, ho tanta rabbia in corpo che mi verrebbe
    la voglia di non pubblicare più niente!
    Ti scriverò a parte per chiederti l’indirizzo.
    Grazie per quello che riesci ad esprimere e che vorremmo
    dire tutti noi. Ti abbraccio.
    M. Teresa

  • Marco Pacifici

    non è un mestiere per deboli,ma per fragili lo rivendico,la fragilita è patrimonio dei forti.Marco Pacifici il monello.

  • ginodicostanzo

    … e non è nemmeno un mestiere obbligatorio. Chi ama scrivere scriva e basta. La legittima aspirazione a pubblicare dovrebbe essere preceduta da un’operazione di grande consapevolezza ed onestà intellettuale, prima di manifestarsi; sapersi valutare, insomma, prima di proporsi, magari con l’aiuto di volenterosi amici che leggano il manoscritto (dei santi!). Troppi scrivono, anche questo è un dato di fatto. O meglio, troppi vogliono pubblicare, ché scrivere è sempre un bell’esercizio dello spirito umano.

  • si scrive perché si sente urgente la necessità di fermare un pensiero.
    di raccontarsi, anche, ma non si sa mai se questo sarà condiviso da lettori o relegato nelle soffitte della nostra mente.
    a me è capitato di essere “scoperta” da un recensore, scrittore a sua volta, e proposta a un editore che mi ha prontamente inserita, non a pagamento, nella sua collana di poesia.
    è stato un caso? non saprei, forse sì. ma per me è stata una grande gratificazione.
    ma scrivevo comunque da anni, senza altro scopo che esternare e serbare i miei ricordi.

  • ginodicostanzo

    Precisamente, Cristina. La tua testimonianza spiega meglio ciò che intendevo dire…

Rispondi a cristina bove Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *