Morire a Guelma (Algeria)…

in una fabbrica italiana

di Francesco Cecchini  

 

IL LUOGO

 

L’ 8 maggio 1945, a Setif, Kherrata e Guelma, la risposta dei colonialisti francesi alle manifestazioni popolari fu il massacro di migliaia di uomini, donne e bambini. I nomi delle tre città e la data sono scolpiti nella memoria storica del popolo algerino, come l’inizio dell’indebolimento politico della Francia e della lotta di liberazione che portò all’indipendenza.

In questi giorni di aprile e inizio maggio 2013 il nome di Guelma è sulle cronache di giornali algerini e italiani per un’esplosione in una delle più importanti fabbriche di ceramiche del paese, l’ Eter Algerie SpA, che ha causato un morto e alcuni feriti.

Siamo nel Nord Est dell’Algeria, non molto lontano dalla costa e dal Mediterraneo. Mouna, la montagna che sovrasta la città, d’inverno è innevata. Attorno vi sono terme e una natura verde.

Tempo fa, in viaggio da Costantina ad Annaba, ho attraversato Guelma e la sua regione senza guardare con troppa attenzione e credo di aver fatto male perché l’antica Calama, parte dell’Algeria romana, merita che la si visiti.

La città, che è sede dell’università 8 maggio 1945 – dove si tengono colloqui internazionali di cultura, come quello su Kateb Yacine – oltre un posto nella storia ha una vita sociale e culturale e un’economia importante. Oltre agricoltura e allevamento vi è la produzione di aggregati e marmi.

È in crescita un turismo interno, ma ora arrivano anche francesi ex pieds noirs, attratto da terme e monumenti antichi. In centro città vi è un teatro romano che testimonia un passato per niente banale.

Vi sono inoltre una fabbrica di biciclette e motocicli, Cycma, una raffineria di zucchero, e una fra le più importanti industrie di ceramica dell’Algeria, fino a pochi anni fa di proprietà dello Stato con il nome di Ecve (Entreprise Céramique Vassaille de Est) e ora in mano a un impresario italiano.

Una risorsa naturale, oltre le terme, sono i giacimenti di caolino di Djebel Debbagh 35 km a sud est della città. Il giacimento si estende per quasi 400 ettari. Il caolino si trova in cavità carsiche, viene estratto da tunnel sotterranei e da molto tempo alimenta l’industria della ceramica di Guelma.

Le vicende di Ecve ora Eter Algerie Spa sono abbastanza conosciute in Algeria: dalla sua origine alla privatizzazione, al cambio di proprietà, all’inaugurazione, a uno stato di agitazione permanente o quasi, all’esplosione, infine, con un morto e i feriti.

 

LE PRIVATIZZAZIONI IN ALGERIA.

A monte di questo fatto drammatico, accaduto il 18 aprile scorso, vi è stato un programma di privatizzazione delle imprese statali che si inserì nel processo di “risanamento” dell’economia avviato nel 1994 con il sostegno del Fondo Monetario Internazionale e che diede vita a una serie di provvedimenti e azioni di riforma strutturale dell’economia algerina.

Il primo passo avvenne nel 1995 con l’approvazione di una legge per consentire le prime vendite di quelle imprese statali che costituivano il 70% dell’economia algerina. Il provvedimento incontrò il parere negativo del sindacato Ugta (Unione generale dei lavoratori algerini) secondo cui la legge equivaleva a «un certificato di morte per lo Stato algerino».

Questa legge costituì il primo provvedimento legale a supporto di quello che si voleva fare in materia di riforma dell’economia. Nel 2000 si decise di destinare alla vendita parziale o totale le imprese dei comparti delle telecomunicazioni, la gestione degli impianti idrici, le autostrade, le strutture alberghiere e gli aeroporti. Nel 2001 vennero approvati dal Consiglio dei ministri tre importanti decreti-legge che permettevano di mettere in pratica la privatizzazione del settore pubblico. Il primo definì un nuovo tariffario doganale per facilitare le importazioni. Il secondo riguardò gli investimenti e il terzo le modalità di organizzazione e gestione delle privatizzazione. Quest’ultimo stabilì lo scioglimento delle cinque holding che raggruppavano le imprese statali con lo scopo di rendere autonoma la gestione delle imprese pubbliche. Restarono escluse dal programma di privatizzazione alcune grandi imprese ritenute di importanza strategica come Sonatrach, la Compagnia di Stato nel settore degli idrocarburi. Per completare le decisioni di liberalizzare l’economia nel 2002 fu approvata una nuova legge sull’elettricità e la distribuzione di gas che mise fine al monopolio statale della Sonelgaz, divenuta Spa con capitale di maggioranza dello Stato, e si previde – a vantaggio di nuovi operatori pubblici e privati, anche stranieri – un regime di autorizzazione per la produzione dell’energia elettrica e del gas, nonché di concessione per la loro distribuzione, sotto il controllo di un’autorità indipendente.

La decisione di liberalizzare l’economia non incontrò fin dall’inizio l’accordo del sindacato, di partiti d’opposizione come il Partito dei Lavoratori e del popolo algerino, in genere. Nel febbraio del 2003 il Paese fu paralizzato da uno sciopero generale dichiarato dalla Ugta, una dimostrazione di forza contro la «privatisation coûte que coûte», la privatizzazione a tutti i costi.

Sono importanti le motivazioni date perché dopo qualche anno saranno il nocciolo della vicenda Eter. In un comunicato pubblicato un paio di giorni prima dello sciopero si affermava: «I lavoratori non vogliono essere i proscritti della Repubblica, per la quale non hanno mercificato i propri diritti. I lavoratori vogliono essere i costruttori di un’economia autenticamente nazionale al servizio del pieno impiego e della prosperità». In parole povere: «niente riforme senza il coinvolgimento del partner sociale, i lavoratori».

A questo netto rifiuto di una privatizzazione alle spalle dei diretti interessati, i lavoratori, fece seguito una pratica confusa e contraddittoria dove si sono coniugati limiti interni, burocrazia e corruzione, imprese senza una contabilità chiara, mancanza di catasto ecc e attitudini speculative, di rapina, degli investitori stranieri, molti dei quali approfittarono della situazione.

In un discorso del 26 luglio 2008 fu lo stesso Bouteflika che, di fronte a mille sindaci, criticò duramente e con vigore gli investitori stranieri e il processo di privatizzazione. Il presidente accusò certi investitori di fare profitti a spese del popolo algerino impegnando deboli somme di denaro in dei progetti e trasferendo grandi cifre di denaro all’estero. Così si espresse con una battuta efficace: «In materia di politiche di privatizzazione e investimento, ci siamo rotti il naso!».Il governo sembrò quindi constatare i limiti di una liberalizzazione senza controllo che creò profitti senza garanzie di reinvestimento. Abdelhak Lamiri, economista e amministratore delegato del gruppo Insim (Istituto internazionale superiore di management), valutò questi profitti a 7 miliardi di dollari nel solo 2007, prevedendo che – se le cose fossero continuate così – la cifra si sarebbe attestata sui 50 miliardi in 15 anni.
La legge finanziaria per il 2008 si fece carico di porre un freno agli investitori stranieri che furono obbligati a immettere nel circuito locale la
«parte dei benefici corrispondenti agli esoneri o riduzioni di imposte di cui hanno beneficiato nel quadro dei dispositivi di sostegno all’investimento». Questa disposizione di legge verrà rinforzata con la finanziaria 2009, che prevede di assimilare «i benefici trasferibili dalle succursali e altre installazioni alle società madri stabilite all’estero sulla base dei profitti» che dovrebbero, a tale scopo, essere tassati del 15%.
Il progetto di finanziaria per il 2009 propose di accordare al governo, attraverso il Tesoro pubblico,
«una autorizzazione permanente in materia di risanamento finanziario» delle società economiche pubbliche destrutturate, il che fu considerato una vera e propria deroga alla “sacra” dottrina liberale, difesa con le unghie dal governo algerino dal 1999 al 2008. Quanto alle sovvenzioni per lo sfruttamento delle imprese e stabilimenti di Stato, queste saranno prese in carica direttamente dallo Stato. Il programma di privatizzazione del governo fu come congelato fino a nuovo ordine. Segno dei tempi: Abdelmadjid Sidi Saïd, segretario generale del sindacato centrale Ugta, annunciò ai lavoratori che il governo Ouyahia aveva rinunciato a vendere 220 imprese privatizzabili.

 

ETER ALGERIE SPA

 

 

 

Il 19 dicembre 2006 – quindi molto prima dell’autocritica del governo algerino sul processo di privatizzazione e del cambio delle regole – investitori italiani rilevarono il 90% della proprietà pubblica del complesso ceramico di Guelma, Entreprise Céramique et Vassaille dell’Est, creando la società Eter Algérie SpA. Si trattò della prima privatizzazione italiana, seguita nel 2007 dalla privatizzazione della compagnia di trasporti marittimi Cnan-Mediterraneo da parte della Società Dario Perioli e nel 2008 delle due fabbriche di cemento di Adjar Soud e Sour ez Gozlane da parte di Buzzi Unicem. L’operazione venne portata a termine dal Comitato Nazionale per la Privatizzazione dopo aver ottenuto il parere favorevole del ministero dell’Industria e della Promozione degli investimenti. La negoziazione non fu né rapida né facile. Si trattò d’altra parte della prima privatizzazione che vide come protagonista un’impresa italiana. Secondo il protocollo d’accordo firmato fra le parti vennero ceduti il macchinario e le attrezzature a un prezzo molto ragionevole, mentre venne dato in affitto per vent’anni a un valore simbolico l’edificio e lo scoperto dell’edificio. Il terreno sono circa 100000 mq mentre la superficie costruita sono 35000 mq. Eter Algerie si impegnò a salvaguardare il posto a 245 operai e a investire per un rilancio produttivo. La fabbrica viene inaugurata un anno dopo, nel dicembre 2007, con la partecipazione del President Directeur General, l’italiano Graziano Giacobazzi che nel discorso inaugurale, apparso nella stampa, dirà: «Il capitale sociale dell’impresa, inizialmente fissato a Euro 1550000 verrà in tempi brevi portato a più di 3 milioni d’euro. Questo apporto permetterà alla società di affrontare in un prossimo futuro investimenti molto importanti nella tecnologia del mattone refrattario, che è un prodotto molto redditizio». Giacobazzi aggiunse: «Il nuovo capitale sociale sarà apportato principalmente da Eter Algérie SpA e in parte da investitori locali che hanno poi manifestato la loro volontà in questo senso». Dichiarò poi che sarebbero state «create quattro divisioni per la produzione di porcellana, prodotti refrattari, apparecchi sanitari e vasellame. Nell’immediato Eter Algerie SpA contava di iniziare la produzione di piatti ed oggetti di porcellana importando caolino dal Portogallo (!) in quanto quello di Djebel Debagh, essendo grigiastro non è adatto a quanto richiesto sia dal mercato nazionale che da quelli internazionali. Il caolino portoghese verrà utilizzato anche per i mattoni refrattari punta di diamante della produzione di Eter a Guelma».

Dopo la cerimonia Giacobazzi, un signore di una sessantina anni, presentato come un ottimo manager e imprenditore, con 40 anni di esperienza nel settore del marketing e commercializzazione internazionale di prodotti di ceramica, venne intervistato da un giornalista del quotidiano «El Watan». Il titolo dell’intervista è significativo: «Combinare il know how italiano con la tenacità algerina». Ed eccone alvcuni passaggi.

 

Perché ha scelto l’Algeria, in particolare Guelma per il suo investimento?
Dopo 40 anni di attività nel settore del marketing e della vendita di prodotti di ceramica in tutto il mondo, mi sono reso conto, grazie ai costi molto bassi di energia e di materie prime, ad una manodopera locale capace, delle eccellenti opportunità di investimento nell’industria ceramica in Algeria. La vicinanza a mercati potenziali quali i Paesi del Maghreb, del Medio Oriente, e soprattutto dell’Europa, il sud dell’Italia per esempio, mi ha incoraggiato a dare vita al progetto Eter Algérie Spa a Guelma. L’esistenza, poi, di importanti giacimenti di caolino a Djebel Debagh a 25 km dalla fabbrica e a Tamazert, a 130 km, e di fedspati a Aïn Barbar, a 70 km, ci permetteranno l’approvvigionamento di buona parte delle materie prime a prezzi ragionevoli.

Avete parlato di quattro divisioni di produzione per rilanciare la fabbrica di Guelma. Perché questa scelta? E quando saranno produttive?

In un futuro non lontano, metteremo in attività la divisione che produrrà vasellame di porcellana; ciò dopo una modifica della composizione di base della pasta con caolino europeo di grande qualità. La nostra conoscenza ci consentirà di migliorare la qualità del vasellame, all’altezza delle norme internazionali. Ci proponiamo di coprire il 10% del mercato nazionale, con una produzione destinata al mercato internazionale. La divisione di prodotti refrattari alimenterà i forni dei cementifici, delle fabbriche di mattoni e degli impianti siderurgici. Come ben sapete l’Algeria importa ogni anno 50.000 tonnellate di refrattari. Il nostro obiettivo è di esportare il 50% della nostra produzione di refrattari in Europa. La divisione di produzione di chamotte (argilla e caolino calcinato) e refrattari sarà un settore importante della nostra fabbrica di Guelma, in quanto la chamotte aggiunta alla pasta ceramica, la rende meno plastica e più flessibile alla cottura. Principalmente per gli apparecchi sanitari di grande dimensione, che contiamo di fabbricare dopo la messa in produzione della chamotte. Tutto ciò si farà gradualmente nel tempo.

 

Sarà necessario portare tecnici dall’Italia?
Combinare la conoscenza italiana con la tenacità algerina, è questo quello che prevedo. A alla testa di ogni reparto ci saranno un capo e degli assistenti. Avranno come missione, non solamente di seguire il loro reparto ma la formazione del personale esistente, al quale si faranno fare corsi in Italia.

 

Il discorso inaugurale e l’intervista di Giacobazzi furono un’importante, anche se vaga, dichiarazioni d’intenti. Giacobazzi parlò di operazioni finanziarie, aumento di capitale, ed scelte industriali di rilievo, importazione di tecnologia avanzata, apertura di linee di produzione nuove senza definire con chiarezza i programmi. «Tutto ciò sifarà gradualmente nel tempo». Si parlò anche di importazione di materie prime pregiate e dell’ impiego di decine di tecnici italiani ma il numero non venne definito. Comunque le cose – dal giorno glorioso dell’inaugurazione all’esplosione di pochi giorni fa – andarono diversamente.

L’inizio non fu dei migliori e in qualche maniera anticipò una storia di difficoltà . A fine febbraio 2008 a causa di un’interruzione del gas per continuare la produzione e non far raffreddare i forni questi vengono fatti lavorare a gasolio e una fuga del carburante fa scoppiare un incendio, che distrugge l’impianto elettrico e due bruciatori. Nessuna vittima, ma è pur sempre un grave incidente che per lo meno denotò seri problemi di sicurezza.

 

UNA STORIA AGITATA

Che qualcosa non stava andando per il verso giusto lo si capì poi da uno sciopero generale che scoppiò a metà aprile del 2009 e coinvolse i 200 lavoratori della fabbrica.

Al centro dell’agitazione, che vide sit-in all’entrata della fabbrica, vi fu il fatto che i lavoratori e le rappresentanza sindacali non furono interpellati sulle modalità della privatizzazione e che il futuro degli operai appariva incerto.

Fu presentata una piattaforma con incluse rivendicazioni salariali e per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Si volle attirare l’ attenzione delle autorità su una situazione difficile. Non ci fu accordo tra le parti: un sindacalista dichiarò al quotidiano «Le Soir» che fra la direzione di Eter e gli operai era in corso un braccio di ferro.

Una pioggia violenta accompagnò quei giorni la lotta degli operai algerini e inondò la città di Guelma.

In qualche maniera l’attività venne ripresa, si promise di mantenere gli impegni, ma fu un susseguirsi di agitazioni, scioperi, negoziazioni, bracci di ferro tra lavoratori e direzione dell’impresa.

Un paio di esempi apparsi sui giornali algerini.

Nel febbraio 2011 ci fu in fabbrica un tentativo di suicidio. Un lavoratore tentò di lanciarsi nel vuoto dagli uffici dell’amministrazione ma venne salvato in extremis dai suoi colleghi. Il gesto disperato fu causato da una situazione difficile. Un paio di giorni prima i lavoratori avevano bloccato la strada che da Guelma porta a Souk Akras denunciando che il Direttore generale e il suo staff tecnico avevano abbandonato la fabbrica. La situazione già tesa da diversi giorni si avvelenò quando i lavoratori ricevettero come acconti sul salario cifre irrisorie, 5000 dinari cioè un centinaio di dollari. I lavoratori misero sul tavolo anche che il personale andato in pensione non aveva ricevuto il pagamento delle pensioni a causa di pratiche non ben gestite, contributi non versati e così via. Il responsabile amministrativo dell’impresa dichiarò ai giornali che in una settimana tutto sarebbe stato sistemato, riconobbe anche che Eter navigava in un mare finanziario burrascoso.

Un anno dopo – a febbraio 2012 – la fabbrica era ancora paralizzata a causa del non pagamento di molti salari, contributi sociali compresi. Per richiamare l’attenzione di autorità e opinione pubblica fu bloccata anche la strada fra Guelma e una città vicina. Ad aprile dello stesso anno la situazione non mutò e l’agitazione continuò. Si parlò di 6 salari arretrati. Un rappresentante sindacale dichiarò alla stampa che la situazione finanziaria peggiorava di continuo e che il responsabile del complesso, il direttore era sparito da mesi.

SCIOPERO A OLTRANZA ED ESPLOSIONE

Il dramma della vicenda arriva al culmine nell’aprile di quest’anno. Gli operai – ridotti da 200 a 145 – il 4 aprile entrano in sciopero a tempo illimitato: i problemi sul tappeto sono essenzialmente il pagamento di ben 8 stipendi. Oltre la sospensione delle attività alcuni operai iniziano uno sciopero della fame. A metà aprile il direttore di Eter, Samir Oumata, sceglie la linea dura e denuncia alla magistratura una quindicina di persone per aver bloccato l’entrata alla fabbrica. In questo confronto esasperato fra proprietà e lavoro, con la fabbrica paralizzzata, vengono mandati a Guelma due tecnici italiani, Filippo Matera e Leonardo Fortuna. La loro missione, secondo le affermazioni di Giacobazzi, è di organizzare una quinta linea produttiva: maiolica dipinta a mano. I due tecnici alloggiano all’interno del complesso industriale bloccato. Una soluzione, casa e lavoro nella stessa fabbrica, che sicuramente fa risparmiare soldi a un’impresa in difficoltà finanziarie ma che avrà conseguenze tragiche.

Giovedì 18 aprile, vigilia in Algeria del fine settimana, nel tardo pomeriggio una violenta esplosione distrugge l’entrata di quella parte di fabbrica dove sono alloggiati i due italiani. La conflagrazione è talmente forte che fa crollare un muro distante una ventina di metri e danneggia gravemente un paio di autovetture parcheggiate nei dintorni. I danni materiali sono il meno; alcune persone, fra le quali Matera e Fortuna vengono gravemente ferite. Dapprima i feriti vengono portati al pronto soccorso di Guelma, poi viste le gravi condizioni sono trasferiti all’ospedale Bejaia. Filippo Matera è in coma e non si riprenderà: spira la mattina del 21 aprile.

La causa dell’esplosione è oscura: alcuni parlano dello scoppio di una bombola del gas, altri avanzano l’ipotesi di un attentato. Le autorità diplomatiche italiane non sanno niente dell’accaduto e del morto. La famiglia di Filippo Matera viene informata dai colleghi. Tanto meno l’ambasciata dice qualcosa sulle cause della disgrazia. Guelma dista centinaia di chilometri da Algeri e in Algeria non vi sono consolati italiani.

IL PENSIERO DEL PROPRIETARIO E QUELLO DEI LAVORATORI.

Il Presidente della Eter Graziano Giacobazzi smentisce e sdrammatizza, dichiarando a «Sud Italia News»che: «Non è vero che i dipendenti della Eter Algérie siano senza stipendio da 8-9 mesi. Abbiamo pagato stipendi interi o acconti importanti ogni mese e ci accingiamo a corrispondere tutti gli arretrati a tutti i dipendenti, già nelle prossime settimane, come concordato dal nostro presidente e direttore generale Samir Oumata (nominato nel 2012 dal CdA, su proposta del sottoscritto), con la commissione sindacale interna e con l’Ispettorato del lavoro di Guelma, ancora la scorsa settimana. È vero, che a causa di un forte ritardo, nella erogazione di un mutuo promessoci, peraltro, ancora nel 2012, da una banca privata algerina, abbiamo avuto problemi di liquidità nei mesi scorsi».

Riguardo alle manifestazioni di protesta delle ultime tre settimane, «peraltro assolutamentepacifiche» (non si capisce allora la denuncia di 15 operai) Giacobazzi asserisce che la ragione principale è stata: «il rifiuto dell’azienda di corrispondere ai dipendenti, che fanno domanda di pensionamento anticipato, un super premio di 1 milione di dinari (circa 10mila euro, pari a tre anni di stipendio) che era stato concordato con la precedente società statale nel lontano 2005 e che il tribunale del lavoro di Guelma ha stabilito non essere da noi dovuto».

Precisa inoltre che: «la Eter Algérie SpA, costituita il 19 settembre 2007,è partecipata a maggioranza dalla Eter Italia SpA – Sassuolo (Modena) e non ha nulla a che vedere con la Eter srl di Rubiera/Bagno (Reggio Emilia), che commercializza apparecchiature biometriche e appartiene a mio figlio Andrea Giacobazzi e a un suo socio». Conferma infine che «Filippo Matera e il collega Leonardo Fortuna avevano presentato, nell’autunno del 2012, un nuovo progetto industriale, che prevede la messa in produzione di stoviglieria in Majolicasmaltata e decorata a mano».

«Il progetto in questione – conclude Giacobazzi – è stato accoltocon entusiasmo dal nostro Cda, che mi aveva incaricato di concordare con i nostri due consulenti tecnici, la loro venuta a Guelma, per dare il via alla messa in atto del progetto Maiolica. Vi confermo sull’onore, che entrambi i tecnici erano stati da me informati della protesta sindacale in atto all’esterno dell’azienda e che avevano comunque accettato di venire con me a Guelma, il 14 aprile scorso. Il signor Matera aveva insistito con me, anche per e-mail, affinché facessi preparare il suo alloggio, all’interno della foresteria dell’azienda, dove avevavissuto per lunghi periodi, dall’autunno del 2009 fino alla fine del 2011, in occasione di suoi precedenti interventi tecnici. Anche la famiglia Matera mi ha confermato di essere al correntediquesto suo preciso desiderio».

Interessante il confronto fra queste dichiarazioni e l’intervista rilasciata al quotidiano algerino «El Watan» il giorno dell’inaugurazione nel lontano dicembre 2007.

Giacobazzi che, bontà sua, pensa di dedicare il reparto maiolica alla memoria di Filippo Matera, ha senza dubbio un talento a raccontare la realtà con parole a lui favorevoli. Ma non sono d’accordo con queste dichiarazioni gli operai che continuano sciopero generale e sciopero della fame, il presidente della sezione sindacale del complesso industriale, Mohammed Mekhalfa che conferma la drammaticità della situazione e il deputato del Partito dei lavoratori di Guelma, Smain Kouadria che accusa l’investitore italiano di non aver rispettato gli impegni presi e di aver consegnato al ministro dell’Industria, Cherif Rahamni, un dossier completo sulla vicenda che questi si è impegnato a inviare al più presto una commissione d’indagine.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL MERCATO DELLA CERAMICA IN ALGERIA.

Il caso Eter Algerie è un esempio da una parte di un processo di privatizzazione i cui limiti sono stati sottolineati sia da sindacati e lavoratori fin dall’inizio e dal governo dopo le prime esperienze pratiche che da un imprenditore che probabilmente non ha ben valutato la situazione e non ha mantenuto gli impegni. Il quadro generale attuale è però del tutto differente. La chiave sta in un mercato delle costruzioni dinamico: il 30 aprile é stato firmato un accordo fra il Credito Popolare Algerino (Cpa), l’Agenzia nazionale per il miglioramento lo sviluppo degli alloggi (Aadl) e la Cassa Nazionale degli alloggi (Cnl) che permette alla Cpa, attraverso banche private, di finanziare 100.000 alloggi sui 150.000 in programma da parte del governo (gli altri 50.000 verranno finanziati dal Tesoro pubblico). Senza prendere in considerazione ferrovie, reti urbane, porti, impianti a fune, trasporto aereo, autostrade, il programma del governo nel settore abitativo è notevole: 150.000 alloggi, come abbiamo visto, di prossima costruzione. Secondo un memorandum firmato fra Italia e Algeria la costruzione di alloggi per un valore stimato in 4 miliardi di €, sarà riservato a imprese italiane. Il ministro per l’Edilizia abitativa ha affermato di voler riservare agli italiani i mercati delle quattro principali città del nord Algeri, Orano, Annaba e Costantina (Guelma sede della Eter è sulla strada fra Annaba e Costantina) in modo da concentrare l’impegno in zone di più facile accesso. Gli interventi prevedono la realizzazione di interi quartieri e di aree urbane integrate sul piano infrastrutturale. In questo contesto viene sottolineata l’ importanza di collaborazione fra imprese italiane e algerine. Il focus è quindi su società miste, come è stato ribadito nel recente congresso «Italie-Algerie: batir ensemble».

Va sottolineato lo stretto rapporto fra il mercato delle costruzioni in generale e quello delle piastrelle di ceramica, materiali refrattari, sanitari e la grande potenzialità del mercato algerino delle ceramica.

Le notizie che arrivano dall’Algeria in questi mesi del 2013 non sono tragiche come quelle della Eter Algerie SpA di Guelma ma promettenti innanzitutto nel settore dei mattoni refrattari. Basta sfogliare la rivista francese «Industrie Céramique» o quella italiana della Confindustria Ceramica per aver notizia di numerose iniziative che coinvolgono imprese algerine ed europee.

In questo quadro – quello dell’economia algerina in espansione e con prospettive positive, fin da ora, del mercato delle costruzioni, dei mattoni e della ceramica – la produzione della fabbrica di Guelma può essere rilanciata e i posti di lavoro salvati. Ma occorre un altro approccio che si lasci alle spalle l’esperienza negativa precedente, che rispetti gli accordi in materia di investimenti e occupazione e che imposti un rapporto di partnership con i lavoratori e le imprese algerine.

L’ ULTIMO FATTO .

Qualcosa di importante succede lo scorso 28 aprile. Tre funzionari della banca Bnp Paris Bas, incaricati di contenziosi e recupero crediti assieme a un usciere del tribunale locale mettono sotto sequestro macchinari industriali per la produzione di mattoni refrattari: due forni, un essiccatoio, un ascensore e un caricatore neumatico. La causa del sequestro è un credito non pagato di 750 milioni di dinari. Naturalmente il direttore generale della fabbrica, Samir Oumata, uomo di fiducia di Giacobazzi, smentisce e minimizza: c’è una vertenza in corso con la banca per la mancata restituzione del danaro dato in prestito e non restituito. Niente sequestro quindi e il debito verrà rinegoziato.

È questo forse l’ultimo atto di una bancarotta annunciata nel corso di tutti questi anni. Eter Algeri SpA costituisce un esempio del modo di privatizzare imprese pubbliche contro la quale si erano schierati i sindacati fin dall’inizio e poi lo stesso Bouteflika nel 2008. Una vicenda come altre in Algeria, in Italia nel mondo intero se non ci fosse di mezzo un’esplosione, la morte di un uomo e il ferimento di altri.

 

ALCUNE DOMANDE

La morte di Filippo Matera pone domande alle quali è necessario rispondere.

 

 

Qual è la causa dell’incidente che è costato una vita umana?

Senza dubbio, come ha affermato il candidato a sindaco del centro sinistra di Monopoli, Michele Suma, sono «Troppi i lati oscuri di questa tragedia che ha causato la morte di un nostrocittadino costretto, come tanti, a lavorare lontano dalla propria terra, Dinanzi a un lutto le parole non servono più di tanto. Mi viene solo da pensare che la famiglia della mia amica Cecilia abbia ispirato la propria vita alla difesa del valore e della dignità del lavoro. C’è una nobile coerenza anche in questo triste accadimento. Ci auguriamo comunque – prosegue Suma – che la magistratura possa fare chiarezza quanto prima».

Siamo di fronte a casualità, a un’azione terroristica, ad un problema di sicurezza?

Nei luoghi di lavoro gli incidenti non avvengono per destino. In Algeria, come ben si sa, è ancora attivo l’islamismo terrorista, ma l’esplosione in una fabbrica non rientra nel modus operandi di Al Quaida Maghreb. Più realistica dunque l’ipotesi di un problema di sicurezza; già precedentemente, appena dopo l’ inaugurazione, vi era stata un serio problema: un grave incendio con distruzione di macchinari.Al momento dell’esplosione e nei giorni prima era operativo il servizio di sicurezza della fabbrica? In Algeria la legge sulla sicurezza è chiara e severa e l’ organizzazione di questa nei luoghi di lavoro è meticolosa.

Altra domanda. Perché due tecnici di produzione erano stati inviati in missione in piena lotta a oltranza del personale della Eter, con uno sciopero della fame in corso e un ambiente esasperato per il non pagamento dei salari e il futuro incerto? Giacobazzi ha dichiarato ad Algeri che il loro compito era mettere in moto una linea di produzione di maiolica, ma non era prioritario regolare la drammatica vertenza con gli operai, normalizzare una situazione oltre il limite della disperazione?

Perché non sono state mantenuti gli accordi che erano alla base dell’acquisizione, in termine di investimenti, sviluppo della produzione mantenimento dell’occupazione? Quali sono stati i benefici ricevuti dalla proprietà in termini di finanziamenti e altro? Vi sono capitali trasferiti dall’Algeria all’Italia. Chi è in realtà dietro l’operazione dell’acquisizione della fabbrica di ceramiche di Guelma? Nell’elenco ICE delle imprese italiane in Algeria, Eter Algerie SpA indica come referente Eter Consulting, la cui attività non ha niente a che fare con la ceramica. Giacobazzi ha chiarito che Eter Consulting di proprietà del figlio non ha niente a che fare con Eter Algerie: sarà vero?

Come ha indicato con energia Michele Suma, la magistratura deve fare chiarezza sulla responsabilità della morte di Filippo Matera e del grave ferimento di altri lavoratori; non solo quella italiana, ma anche quella algerina.

 

Redazione
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