Sadeel, di 15 anni uccisa dalle forze israeliane
di Gideon Levy, tradotto da Beniamino Benjio Rocchetto
Sedil e Nachman sono stati vittime inevitabili di una realtà intollerabile, che deve finire.
Martedì, 30 giorni prima della fine del suo mandato, l’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha osato twittare qualcosa di vero. Egli ha citato nello stesso contesto, difficile credere a tale coraggio, le vittime dell’attacco israeliano al campo di Jenin e le vittime dell’attacco armato palestinese all’insediamento di Eli in Cisgiordania.
Il clamore in Israele è stato immediato. L’ambasciatore Mike Herzog, che di rado interviene, ha affermato da Washington che “una condanna equilibrata non fa onore alle vittime”. Il quotidiano Yedioth Ahronoth ha definito la dichiarazione dell’ambasciatore “un paragone oltraggioso”, come se fosse un dato di fatto piuttosto che una posizione discutibile, mentre la destra urlava come al solito.
La marcia indietro dell’ambasciatore non si è fatta attendere. Il giorno seguente Nides denunciò separatamente l'”attacco omicida insensato” di Eli, ponendo fine alla mescolanza proibita, in Israele, di sacro e impuro. A Jenin erano terroristi, nell’insediamento di Eli erano anime pure; in altre parole, ebrei.
Sedil Naghniyeh, 15 anni, era in piedi sul tetto della sua casa nel campo profughi di Jenin con suo padre Adnan per osservare ciò che accadeva. Un soldato dell’IDF le ha sparato alla testa davanti agli occhi di suo padre e mercoledì è morta a causa delle ferite. Perché l’ambasciatore degli Stati Uniti non può menzionarla insieme al colono Nachman Shmuel Mordoff, che aveva due anni in più ed è stato ucciso a Eli? Il suo sangue è più rosso? Ucciderlo è più malvagio? In quale modo? E perché l’ambasciatore Herzog pensava che il paragone tra i due non onorasse le vittime? Per aver mescolato sangue ebraico con altro sangue? Sedil è stata vittima di uno sconsiderato e sfrenato attacco dell’IDF. L’esercito è convinto che durante i suoi “rastrellamenti di arresto”, la maggior parte dei quali sono inutili e illegittimi, sia consentita qualsiasi cosa, compreso sparare a qualsiasi cosa si muova.
Sedil è stata uccisa nel corso della Resistenza dei combattenti del campo di Jenin contro l’invasione dell’IDF e il loro tentativo di proteggere se stessi e il loro campo dagli attacchi israeliani, che comportano il rapimento di persone dalle loro case e seminare costantemente il terrore nel campo. Non tutte le uccisioni di un palestinese sono legittime, nemmeno durante un’azione militare, anche se si tratta di un’azione dell’IDF, e non tutte le resistenze sono illegittime.
Nachman è stato vittima di un’azione violenta condotta da combattenti palestinesi per vendicarsi degli omicidi di Jenin, e come atto di Resistenza contro l’insediamento di Eli, il ristorante e la stazione di servizio che sono stati costruiti su terre palestinesi rubate.
Sarebbe meglio non fare inutili distinzioni etiche e chiedersi quale omicidio sia stato il più nefasto. Dovremmo piuttosto affermare che sia Sedil che Nachman sono state vittime inevitabili di una realtà intollerabile, che deve finire.
Gli israeliani ovviamente erano interessati solo alle vittime israeliane e ignoravano le sette vittime palestinesi a Jenin, che non avevano un nome o una vita, nessun aspetto o volto umano. Erano tutti “terroristi” e basta. La foto di Dago, il cane dell’IDF che è stato ferito e ricoverato in ospedale accanto al Sergente Maggiore Y., e sottoposto a radiografie, ha ottenuto più attenzione di Sedil con la sua morte.
Sedil era una bella ragazza, nata e cresciuta nel campo di Jenin. Suo padre è il capo manutentore del Freedom Theater, il teatro del campo. L’ex direttore del teatro, Jonathan Stanchek, un israeliano che ora risiede in Svezia, ha pianto Sedil mercoledì. I genitori di Sedil erano i suoi vicini di casa durante i 10 anni in cui lui e la sua famiglia avevano vissuto nel campo. Solo l’estate scorsa aveva ospitato Adnan nella sua fattoria in Svezia.
Stanchek dice di non aver mai sentito il padre pronunciare una parola di rabbia contro gli ebrei o gli israeliani, anche se per tre volte gli avevano demolito la casa, suo fratello era stato ucciso, suo figlio è in prigione e mercoledì sua figlia è morta. Sedil era amica di Yasmin e Yemiro, i figli di Stanchek. Giocava con i Lego assieme a Yasmin e si prendeva cura di Yemiro. Stanchek ha scritto che Sedil era una ragazza meravigliosa. A volte, giocando con sua figlia, le due ragazze simulavano di sedersi in un caffè, il tipo che non esiste nel campo di Jenin, ed è difficile anche solo sognare.
un insediamento di case per coloni
Una ragazza palestinese muore dopo essere stata colpita dalle forze israeliane
Una ragazza palestinese di 15 anni è morta mercoledì per le ferite riportate dopo essere stata colpita durante un raid israeliano, portando a sette il bilancio delle vittime dell’attacco alla città occupata di Jenin, in Cisgiordania, all’inizio della settimana.
Secondo il Ministero della Salute palestinese Sadeel Ghassan Naghniyeh Turkman è stata colpita alla testa dalle forze israeliane lunedì.
Oltre Turkman, il ministero ha confermato la morte di Ahmed Youssef Saqr, 15 anni, Khaled Azzam Darwish, 21, Qassam Faisal Abu Sariya, 29, Qais Majdi Jabareen, 21, Ahmed Daraghmeh, 19 e Amjad al-Jas, 48.
Una fonte della sicurezza israeliana, che ha parlato anonimamente alla radio dell’esercito, ha detto che le probabilità che le forze israeliane abbiano colpito la ragazza sono “basse”. I militari dovrebbero indagare sulla morte, anche se simili indagini in passato non hanno portato ad alcuna seria conseguenza.
All’inizio di questo mese l’esercito israeliano ha concluso, dopo un’indagine, di aver “involontariamente” ucciso Muhammad Tamimi, di due anni, dopo aver scambiato lui e suo padre, Haytham, per uomini armati che sparavano contro un insediamento israeliano illegale nella Cisgiordania occupata.
Tuttavia l’esercito israeliano ha affermato che avrebbe rimproverato il soldato per aver sparato in aria con la sua arma “in violazione degli ordini” e che l’esercito avrebbe “continuato a imparare e migliorare”.
Un’altra indagine israeliana sulla morte di un anziano palestinese-americano, Omar Assad, di 80 anni, si è conclusa la scorsa settimana e ha assolto i soldati da ogni illecito.
Assad era stato fermato a un posto di blocco in Cisgiordania nel gennaio dello scorso anno, trascinato fuori dalla sua auto con le mani legate poi bendato e lasciato a terra durante la notte. La causa della morte era stata un attacco cardiaco che la sua famiglia e il Ministero della Salute palestinese attribuirono al trattamento crudele che aveva subito.
L’inchiesta ha concluso che i soldati israeliani pensavano che Assad stesse dormendo mentre era accasciato sul pavimento e non hanno controllato se fosse vivo fino al mattino successivo.
Un rapporto dell’organizzazione israeliana per i diritti umani Yesh Din ha rilevato che meno dell’uno per cento dei soldati accusati di aver ferito o ucciso dei palestinesi nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza sono mai stati indagati formalmente per comportamenti criminali.
Il rapporto afferma che i dati mostrano come Israele abbia un “completo disprezzo per la vita dei palestinesi e incoraggi l’uso costante della micidiale politica del grilletto facile che è costata la morte di così tanti palestinesi”.
Quest’anno le forze armate israeliane e i coloni hanno ucciso almeno 163 palestinesi, tra cui 27 minori.
Un totale di 129 vittime è stato registrato in Cisgiordania e Gerusalemme Est oltre a 34 nella Striscia di Gaza. Nello stesso periodo i palestinesi hanno ucciso almeno 24 israeliani.
(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)
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