Mostri nostri, a forma di navi piene di …

turisti e di armi: ma c’è chi dice no, a Genova e altrove

33esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Quando ho sentito la notizia della nave da crociera che ha colpito un battello a Venezia, mi è venuta “facile” la rabbia e la metafora: il Sacro Turismo, che porta tanti soldi per pochi e impoverisce e inaridisce i territori di molti, è ammesso e indiscusso; invece i “bambini”, cioè i “senza difese” in cerca di speranza e futuro – quindi che sognano – vengono respinti e ammazzati fra le onde.

Mi viene un ricordo di dieci anni fa, di cui ho altre volte parlato: ero a Venezia e stavo provando a chiamare da una cabina telefonica ma non funzionava; ho battuto un paio di volte la cornetta, un po’ per sbloccare e un po’ per la disperazione: passa un tipo con la fidanzata e inizia a insultarmi perché a dir suo stavo “distruggendo la sua città”. Oltre a essere uno che vota per la Lega o per un partito di destra, quel tipo lì è peggio di un mafioso, perché accanendosi su una briciola indirettamente tace sugli scempi di Venezia, che prima delle Grandi Navi è stata “acquistata” per usi commerciali dalla Coca Cola.

Sul quotidiano «Avvenire» (del 4 giugno) c’è un editoriale molto interessante dal titolo «Tre navi, due morali: poveri naufraghi, bombe e turisti». L’autore è Francesco Riccardi, che descrive meravigliosamente le due morali però racconta anche la gioia della nave Cigala Fulgosi approdata a Genova dopo due giorni di navigazione dal mare di fronte alla Libia: 100 persone tratte in salvo e accolte da associazioni e liberi cittadini genovesi.

Sempre in quei giorni, nel porto della città ligure si è verificato un ammutinamento: «una gran bella dimostrazione di forza e di coscienza civica di questi “camalli” che, in porto italiano, hanno detto: “Quella nave non deve attraccare a Genova né ora né in futuro”». Quella nave carica di armi proveniente da Anversa. Un’altra nave però purtroppo è riuscita ad attraccare: si chiama Bahri Tabuk, è saudita ed è giunta da Marsiglia al porto di Cagliari per imbarcare anonimi container, in verità colmi di bombe in grado di radere al suolo intere città. Sono gli ordigni fabbricati dalla Rwm, che riesce a oltrepassare la legge che vieta all’Italia di commerciare armi con Paesi coinvolti in conflitti bellici, in questo caso con l’Arabia Saudita impegnata nella guerra in Yemen che sta mietendo vittime a decine di migliaia (mentre migliaia di bambini sono vittime di denutrizione).

Papa Francesco, il 10 giugno, durante l’udienza in Vaticano ai partecipanti della ROACO – la riunione delle opere di aiuto alle Chiese orientali – ha detto: «Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che però apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti». Poi ha aggiunto: «Questa ipocrisia è un peccato, l’ira di Dio si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre».

Notizie che spizzico fra «Avvenire», «Rocca» (quindicinale della Pro Civitate Cristiana) e «il manifesto». Mi viene da dire: è questa l’informazione che fa bene al cuore, ai poveri, al desiderio di aprire l’orizzonte e la coscienza.

Qualche giorno fa pensavo: questo nuovo movimento di giovani – da Greta in poi – chiede di fermare la devastazione del pianeta però mi sembra un po’ appiattito e limitato. Non mi sembra si parli di armamenti, di minacce atomiche ecc. Forse mi sbaglio, fatemelo sapere.

Sempre su «Rocca», un’altra boccata di ossigeno viene dalla rubrica di Tonio Dell’Olio – dal titolo (nel numero del 15 giugno 2019) «Il mestiere di informare» – che parla di Nico Piro, giornalista del TG3 che ha iniziato a seguire con serietà professionale, ovvero con la tecnica del giornalismo d’inchiesta, la vicenda della produzione di bombe e materiali esplosivi in Sardegna. Piro non si è limitato a documentare dettagliatamente le condizioni dei lavoratori, gli utili, la destinazione delle bombe ecc ma ha proseguito mostrando le attività produttive che possono costruire un’alternativa concreta alla produzione di morte e a mettere in rilievo la bellezza della natura e le forme d’arte custodite nella grande isola tirrenica.

Mentre Salvini continua a sventolare rosari (sempre su «Rocca» c’è una indignazione pubblica dei Missionari Comboniani dal titolo «Rosario elettorale») e a sminuire il papa e la Chiesa che rivendica la difesa dei senza voce. Non si sa come riuscirà a farsi accogliere da papa Francesco che già da qualche mese – così si dice – rifiuta di incontrarlo. Ultimamente il papa ha detto di non aver mai ricevuto richiesta da Salvini. Mah.

«A pensarci bene, il giornalismo, il mestiere dell’informare, rappresenta la prima forma di carità» scrive Dell’Olio nella sua rubrica. E’ vero: don Pino Rabita, anche lui sacerdote giornalista, un po’ di anni fa diceva che «i telegiornali sono veleno per il cervello». Io non ho la tv in casa da quasi un anno. Ogni tanto mi chiedo perché mi sento così leggero e lieto; mi dico che saranno le rondini, le campane; ma forse è anche la volontà e possibilità di leggere libri e studiare. E grazie alla “carità” di Avvenire, il manifesto, Rocca, Radio Radicale e La Bottega del Barbieri, stare nella realtà e ascoltare il grido dei senza voce. Ascoltare per raccontare a se stessi e agli altri l’ansia di luce e di verità.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, a volte autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Mauro Biani (dalla rivista Left).

Redazione
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