Mutilazioni genitali femminili

«Perchè si fa? Lo chiesi a mia madre. Rispose di non saperlo ma che era sempre stato così». Così racconta Ester, nigeriana immigrata. La stessa risposta potrebbe venire da 130 milioni di donne vittime di mgf, mutilazioni genitali femminili.

Il 6 febbraio è la giornata mondiale – proclamata nel 2003 dall’Onu – per l’eliminazione delle mgf, una gravissima violazione del diritto alla salute. Sono pratiche dette “escissorie”, che consistono nell’asportare o alterare parte dell’apparato genitale esterno delle donne. Eseguite su bambine piccolissime ma anche fino ai 15 anni, con gravi conseguenze per la salute fisica e spesso psichica.

Secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) le mgf resistono in 28 Paesi africani e in 4 asiatici, nonostante quasi ovunque siano vietate per legge. Vi sono state molte dichiarazioni pubbliche (si possono leggere – in inglese – sul sito www.stopfgm.org) sottoscritte da esponenti cristiani e musulmani perchè questa orrenda pratica sia abbandonata, «non avendo alcun fondamento religioso». Ma resiste.

Le mutilazioni genitali sono una realtà con la quale fare i conti anche in Italia, per effetto delle migrazioni. Non solo per le adulte (oltre 35 mila) che ne furono vittime ma per il rischio – quasi una certezza – che tante bimbe o adolescenti figlie di coppie migranti “in vacanza” nel Paese d’origine siano messe in regola con la tradizione, magari per volontà dei parenti. Anche se in Italia non sono stati scoperti ambulatori clandestini che praticano mgf è probabile che qualcuno esista.

Le testimonianze raccolte fra donne migranti raccontano delle sofferenze di chi ha subìto la mutilazione eppure molte difendono questa tradizione perchè «se una donna non è circoncisa allora non può controllarsi sessualmente».

Nel 2006 la legge 7 sancisce l’esplicito divieto delle mgf. L’allora parlamentare Tiziana Valpiana, che molto lavorò su quel testo, ricorda: «la nostra Costituzione vieta le mutilazioni fisiche. Nella nuova legge quel che non va è la carenza di fondi per progetti educativi e preventivi». Da novembre 2009 è attivo il numero verde 800 300558 per accogliere segnalazioni e fornire informazioni.

Meritorio il lavoro di Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo) che da 25 anni è attiva in molti progetti contro le mgf in Africa come parner di associazioni locali promosse da donne o da istituzioni. Sul sito audiofdoc.it si trovano alcuni audio-documentari promossi da Aidos. Il grande regista senegalese Ousmane Sembene ha affrontato il tema nel film «Moolaadè» (è con un libro curato da Daniela Colombo e Cristina Scoppa dell’Aidos in edizione Feltrinelli): è la storia di 4 ragazzine in fuga dalla mutilazione rituale che ricevono «moolaadè» cioè protezione da una donna, l’unica che ha saputo sfidare gli anziani. In molti Paesi africani si lavora dal basso contro questa tradizione. A lato di un convegno, anni fa, una politica di primo piano (che poi chiese di non scrivere il suo nome) confidò con tristezza: «il mio lavoro contro le mgf ha avuto due risultati. Avevo previsto il primo cioè che educando le donne avremmo salvato molte bambine. Non avevo previsto il secondo, che mio marito mi avrebbe lasciata perchè… troppo moderna».

Fu nel Parlamento somalo che la poetessa Dahabo Ilmi Muse molti anni fa pronunciò versi che divennero famosi: «Taglio, cucitura e strazio della carne / Questo ignobile atto mai citato dal Profeta […] Diamo una mano alle bambine innocenti / iniziatele al mondo dell’amore / non al dolore».

UNA NOTA SEGUITA DA UNA BREVE BIBLIOGRAFIA

Questo mio articolo è uscito oggi sul quotidiano «L’unione sarda». Qui sotto aggiungo una breve bibliografia e rimando anche alla recensione di Barbara Romagnoli che trovate (6 giugno 2007) su codesto blog (db)

Una piccolissima, non certo esaustiva, bibliografia (in ordine cronologico) sulle Mgf, mutilazioni genitali femminili.

Sirad S. Hassan «La donna mutilata (la mutilazione genitale femminile)», Loggia de’ Lanzi 1996

Sirad S. Hassan «Sette gocce di sangue: due donne somale», La Luna, 1996.

Pia Grassivaro Gallo, «Figlie d’Africa mutilate: indagini epidemiologiche sull’escissione in Italia», L’Harmattan 1998.

Waris Dirie, «Fiore del deserto: storia di una donna», Garzanti, 1998.

Ismu (a cura di Marco Mazzetti) «Senza ali: mutilazioni genitali femminili», Franco Angeli, 2000: sono 8 brevi saggi e una bibliografia.

Marian Ismail Mohamed «Il corpo violato: le mutilazioni genitali femminili», Carocci 2001.

Lucrezia Catania e Abdulcadir Omar Hussein, «Ferite per sempre: le mutilazioni genitali femminili e la proposta del rito simbolico alternativo», DeriveApprodi, 2005.

Raiya Haji Dualeh Abdalla «Sorelle nel dolore: le mutilazioni femminili in Africa», Emi, 2005.

Mila Busoni e Elena Laurenzi (a cura) «Il corpo dei simboli: nodi teorici e politici di un dibattito sulle mutilazioni genitali femminili», Seid 2005; contiene 6 saggi, un racconto per parole e immagini e molti materiali di documentazione.

Carla Pasquinelli «Infibulazione: il corpo violato», Meltemi 2007.

Materiali informativi sono stati prodotti a più riprese dall’ong, cioè organizzazione non governativa, Aidos (Associazione italiana donne per lo sviluppo) che da 25 anni è attiva in molti progetti contro le mutilazioni genitali femminili, anche in Africa come parner di associazioni locali promosse da donne o da istituzioni. In streaming gratuito sul sito audiodoc.it si trovano alcuni audio-documentari promossi da Aidos.

Un film importante che affronta anche le mutilazioni genitali femminili è «Moolaadè» del grande regista senegalese Ousmane Sembene. Si trova in cofanetto, con un libro curato da Daniela Colombo e Cristina Scoppa dell’Aidos, nell’edizione «Real Cinema», Feltrinelli, 2006.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

8 commenti

  • Ottimo lavoro, e non si deve né si può smettere di dire, denunciare, avvertire. Sensibilizzare.
    Grazie.

    c.

  • Questo è vero giornalismo: forma, informa, fornisce i mezzi per analizzare il problema. Bravo (alla Piaf), Daniele!

  • Articolo profondo e ben strutturato. Soprattutto, finalmente informativo.
    Anch’io ho fatto una breve riflessione.
    http://vongolemerluzzi.wordpress.com/2011/02/06/mutilazioni/

    A rileggerci (:

  • Ciao a tutti, sono Silvia, un’infermiera di chirurgia d’ urgenza dell’ ospedale di Ancona. vorrei mettermi in contatto col dott Abdulcadir Omar Hussein per una tesi che vorrei pubblicare sull’ infibulazione femminile… la mia mail la sapete gia!!!!!!!!!!!!!!!!! baci e grazie, Silvia

  • ciao sono Anna, sto seguendo un master in Salute Mentale e Medicina di Base e la mia Tesi finale sarà “Immigrazioni società in divenire ,disturbi psichici dovuti alle mutilazioni genitali femminili” potete aiutarmi? grazie

  • UN AGGIORNAMENTO (febbraio 2013)
    Leggo di un «corso in line sulle mutilazioni dei genitaloi femminili» organizzato da Mediterranean Institute of Gender Studies, Apf, Aidos, Akidwa (con varie adesioni e partner). Il corso è progettato per personale sanitario ma anche per chi si occupa dei/delle richiedenti asilo. Per informazioni o domande il riferimento è segreteria@aidos.it

  • Segnalo in vista del 4 febbraio una serie di preziose informazioni e riflessioni all’interno di Radio 3 Mondo (delle 11 di oggi) recuperabili in streaming. Fra l’altro si citava che il documentario «La foresta» sarà visibile il 4 febbraio – Giornata internazionale contro le Mutilazioni genitali femminili – su Produzioni dal basso.

  • Qui un articolo di Stefania Ragusa:
    https://www.africarivista.it/liberia-mutilazioni-genitali-di-stato/179751. Si parla anche del documentario «Le scuole nella foresta» di Emanuela Zuccalà, realizzato in collaborazione con la fotografa Valeria Scrilatti che racconta la condizione delle bambine “tagliate” nelle scuole gestite dalla Sande, antica e potente società segreta femminile, e rette da guide spirituali chiamate zoe. Il documentario sarà presentato il 4 febbraio 2021 – dalle 19 ma solo per 24 ore – sulla piattaforma openddb.it (si chiede un piccolo contributo per sostenere il lavoro fatto).

Rispondi a fishcanfly Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *