Ndrangheta padana

Gian Marco Martignoni recensisce “‘Ndrangheta padana” di Enzo Ciconte (218 pagine per 14 euri) pubblicato da Rubbettino.

Se la Lega Nord si è irritata e risentita perché Roberto Saviano nella trasmissione “Vieni via con me” si è permesso di sostenere “che la mafia interagisce con la Lega”, il recente libro di Enzo Ciconte ‘Ndrangheta padana, stante la sciagurata minimizzazione operata dalla stampa, colma un vuoto di analisi del fenomeno criminale, andando decisamente oltre il pur importante contributo di Davide Carlucci e Giuseppe Caruso La ‘ndrangheta comanda a Milano del 2009.

Giacchè il problema è comprendere come è avvenuta gradualmente la penetrazione della ‘ndrangheta nel tessuto economico e produttivo lombardo e del nord del Paese, capire qual è la dinamica gerarchica dei rapporti tra le ‘ndrine calabresi e quelle lombarde, dopo il fallito tentativo di Carmine Novella, assassinato in un bar a San Vittore Olona il 14 luglio 2008, di autonomizzare la “Lombardia”; nonché mettere a fuoco chi sono i politici, gli imprenditori e i colletti bianchi che, occupando posti di rilievo, hanno trafficato e trafficano, più o meno impunemente, con la’ndrangheta.

Docente di storia della criminalità organizzata all’università di Roma e consulente della commissione parlamentare antimafia dal 1997 al 2008, Enzo Ciconte ha consultato anche le quindicimila pagine delle ultime inchieste in corso a Milano e Reggio Calabria, inchieste che segnano, grazie all’incessante lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, qualche significativa battuta d’arresto dell’incontrastata e dilagante egemonia ’ndranghetista.

Innanzi tutto per Ciconte se vi è una coabitazione tra Lega e ‘ndrangheta negli stessi territori e un connubio tra imprenditori locali e imprenditori mafiosi, bisogna fare i conti storicamente con l’esplosione al nord di un individualismo acquisitivo che, disprezzando quanto è di natura pubblica, ha teso conseguentemente a diminuire la presenza dello Stato.

Questa mentalità ha determinato una “tendenziale astatualità delle classi dirigenti e del ceto imprenditoriale” sicchè si è verificato l’incontro tra mondo legale e mondo illegale mafioso, grazie al ruolo svolto dai cosiddetti uomini-cerniera, che sono disseminati sul territorio a Milano, in Lombardia e nel nord del Paese.

Gli uomini-cerniera sono direttori e funzionari di banca, commercialisti, imprenditori, finanzieri, ragionieri, colletti bianchi in somma di vario genere che consapevolmente hanno messo i loro saperi al servizio dei mafiosi.

D’altronde, il campo d’incontro privilegiato degli interessi è quello del settore edile: come nel caso dei lavori decennali dell’autostrada Palermo –Reggio Calabria sono emersi gli accordi tra imprenditori del nord ed esponenti mafiosi, allo stesso modo grazie a un controllo capillare del territorio ed il ricorso all’intimidazione ambientale da parte dell’ ‘ndrangheta si è pervenuti, tramite la chiamata diretta, all’affidamento del movimento terra alle imprese controllate dalle ‘ndrine non solo nell’hinterland milanese, ma addirittura sulle tratte dell’Alta Velocità Torino-Milano e Milano–Venezia.

Per Ciconte il cuore del problema è il comportamento degli imprenditori edili, che hanno ritenuto, come nei casi di Luraghi, Perego,ecc, più “conveniente convivere piuttosto che combattere” il fenomeno mafioso.

La vicenda della Perego, un’impresa edile di Cantù fallita con la fine del 2009 , è emblematica del tentativo da parte della ‘ndrangheta di utilizzarla per trasformala in una sua stazione appaltante, ai fini di entrare nel gioco degli appalti pubblici dell’Expo 2015.

Ivano Perego è di fatto il tipico imprenditore padano colluso, che pur di concludere i suoi affari non ha remore nel convenire accordi con una ‘ndrina o l’altra, permettendo così ai loro esponenti di punta di spadroneggiare in azienda.

Tanto che i dipendenti della Perego sono stati costretti sotto minaccia a smaltire irregolarmente rifiuti pericolosi e a non chiamare i sindacati per essere tutelati nei loro diritti.

Le ‘ndrine sono inarrestabili, e come si sono avvalse della Ediltava (una società immobiliare), per riciclare i soldi provenienti dal traffico degli stupefacenti, tentano pure di acquisire la Cosbau ( un’azienda di costruzioni trentina) mediante una fiduciaria svizzera mascherata da un sistema di scatole cinesi.

Ma in Trentino, a differenza che in Lombardia, non si passa: come ci segnala Ciconte, un membro del consiglio di amministrazione chiede un nuovo accertamento a una banca inglese, la quale comunica alla Cosbau Spa che la documentazione relativa al deposito del titolo di garanzia è stata contraffatta.

Dietro a questa operazione, come ai traffici mafiosi della Perego, oltre al faccendiere Di Bisceglie, un ruolo rilevante lo svolge Oliverio Antonio, consigliere regionale del PdL, che è il caso conclamato “dell’asservimento totale dell’uomo pubblico all’interesse privato”.

Fosse il solo: da Abelli a Ponzoni, da Gianmario a Ciocca (consigliere regionale della Lega Nord che si incontra per la compravendita di un immobile con un personaggio dello spessore criminale qual’è Piero Neri) la ‘ndrangheta è penetrata in profondità nel Consiglio Regionale lombardo come in alcuni consigli comunali lombardi.

Ma in Lombardia, a differenza che nel sud d’Italia, i consigli comunali non vengono sciolti dall’ineffabile ministro Maroni, si preferisce minimizzare; ma intanto la malapolitica dal sud si è trasferita al nord. Con la conseguenza, sostiene Ciconte, che lo slogan “ Padroni a casa nostra” è solo vuota e demagogica retorica, dato che Forza Italia non ha mai inteso contrastare la mafia, e a “frenare la Lega Nord è una corposa componente interna legata al mondo della finanza e degli affari, che non guarda tanto per il sottile – pecunia non olet – al modo in cui sono stati accumulati i capitali”.

Nel frattempo in Calabria il fermo di Giovanni Zumbo, dottore commercialista e amministratore dei beni confiscati alla ‘ndrangheta dal 1992 al 2007, diventato in seguito informatore dei mafiosi, ha riaperto il capitolo della presenza di una preoccupante rete di uomini dei servizi deviati, della massoneria, della borghesia mafiosa, della politica, della sanità e dell’affarismo calabrese.

Come si può comprendere si tratta di una serie di fatti circostanziati e di valutazioni politiche al vetriolo, a cui ha attinto Saviano purtroppo senza citare la fonte , ma che per il solo fatto di non avere accesso alla ribalta televisiva potranno essere ipocritamente ignorate dalla politica di palazzo.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Bene.Conosciamo e controinformiamo da decenni su le infiltrazioni mafiose e camorriste e ‘ndrine nella politica mafiosa camorrista ed ‘ndrina:ma finche’ si continuera’ a parlare si servizi segreti deviati,non si capira’ che chi non si accoda ai servizi tutt’altro che deviati,ma collusi con i veri terroristi fascisti e mafiosi,viene trucidato con la collaborazione dei servizi stranieri(CIA) tutt’altro che deviati,come è accaduto ad una delle pochissime persone non colluse:Nicola Calipari,che con il suo corpo ha impedito che la sua fucilazione da parte e su ordine della CIA colpisse anche una giornalista comunista come Giuliana Sgrena.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *