Nel kaos .. .. Buongiorno Poesia !

Sandro Sardella presenta Nikky Finney

Alessandra Bava .. poeta della Brigata dei Poeti Rivoluzionari

di Roma .. poetessa militante .. le sue poesie vibrano di

cultura che vive dentro il desiderio il bisogno il sogno di

giustizia sociale e di resistenza ai padroni della guerra ..

traduttrice che propone poeti e poete dagli USA che in

Italia mai sarebbero stati conosciuti senza il suo prezioso

lavoro nelle Edizioni Ensemble di Roma ..

sapevo di Lei tramite Jack Hirschman .. del quale Lei sta

scrivendo la biografia .. l’ho incontrata a Roma e mi ha

colpito il vivace entusiasmo del suo sguardo .. (intanto ha

tradotto .. sempre per le Edizioni Ensemble .. una

antologia di poete dalla Gran Bretagna e .. si dice che

presto ci sarà una prossima antologia al femminile dalla

Nuova Zelanda !?) .. quindi .. non mi resta che esaltare il

suo glorioso impegno ed il coraggio dei piccolo editori ..

e qui propongo Nikky Finney .. poetessa afroamericana ..

le cui parole di donna di cultura fanno i “conti” .. in un

incontro .. dopo una sua lettura .. dove un’altra donna

afroamericana le porta le sue ferite ad “arricchire” la

sua cultura .. la sua lotta .. un testo poetico tenero e

graffiante dentro questi tempi pandemici e vulcanici …

*

Il treno dell’amica

Scrivi come una donna nera che non è mai

stata picchiata”

Leggo poesia Filadelfia

per la prima volta in assoluto.

Lei si è avvicinata

partendo dal fondo

della stanza.

Giungeva

costeggiando il muro,

cappottone, stivali,

occhi soffici come candele

soffiate da due tempeste.

Qualcosa che non poteva vedere

da laggiù in fondo ma che

poteva chiaramente sentire nella mia voce,

qualcosa che aveva bisogno di sapere

prima di riversarsi fuori

nella notte gelata della città.

Si era avvicinata per osservare bene,

per chiedermi qualcosa che riteneva

stranamente mancasse

nella mia poesia di donna nera.

Schivando la folla

ignorando la fila del firma copie

se ne stava lì in piedi in attesa

che tutti andassero via, aspettando

come una specie di Rappresentante.

E quando rimanemmo solo noi due

andò dritta al punto

Ehi,

Scrivi in modo davvero debole.

Il tuo compitare è tenero.

Non vi sono buchi di proiettile,

né ferite aperte,

nelle tue parole.

Come ci riesci?

Scrivere come se nessuno ti avesse

mai picchiato prima?

Io riuscivo a malapena a parlare,

tutto il mio fiato tenuto in ostaggio

dalla sua domanda.

La guardai e capii:

C’è un treno in sosta da qualche parte,

forse proprio fuori dalla porta sul retro

dove aveva ascoltato in piedi.

Un carro merci

che la stava portando da qualche parte

quando aveva saputo del reading.

Un carro merci

che portava corpi di donne spezzate

le gambe fatte a pezzi, gli stomaci crivellati

di proiettili momentaneamente

in sosta.

Corpi di donna;

marroni, neri e lividi

che giacevano proprio come

fanno carbone, macchine e bestiame.

Aveva bisogno della mia risposta

per sé ma anche per loro.

Ehi,

ci stavamo chiedendo

come ce l’hai fatta tu

e noi no.

Scossi la testa

non avevo mai riflettuto sul

non essere mai stata picchiata

e su come ciò avrebbe

potuto farmi apparire.

Sai quante volte mi hanno accoltellata?

Sollevò la camicetta

fin sopra i seni,

i tagli su di lei somigliavano

a una grottesca carta da parati.

Quante donne come te ci sono là?

Allora ne fui certa.

Era stata inviata dal freddo di Filadelfia,

dalle altre del treno,

per ascoltare, stare in piedi vicina,

per mettermi in cattiva luce nel modo migliore.

Mise la sua mano sopra la mia

chiese se potevamo alzarci

metterci schiena contro schiena,

misurare le nostre differenze

proprio lì all’istante.

Le raccolse tutte,

mise per iscritto ciò che potè,

rammentando il resto per il carico

di noi in attesa di risposte sul retro.

Colmo fino all’orlo di donne

di ogni età, vicinato,

donne i cui nomi erano già stati

dimenticati.

Il treno fischiò,

lei iniziò ad affrettarsi.

Mi mossi verso di lei

e rimanemmo in piedi schiena contro schiena.

La sua mano sfiorava la cima

delle nostre teste,

la mia mano misurava

le nostre medesime larghezze,

ognuna di noi riconoscendo

le latitudini della donna bruna

le longitudini della donna nera

nell’altra.

Mi voltai

sollevai la mia camicia

e avvicinai il mio ventre liscio

al suo sfregiato;

i nostri ombelichi uniti,

a formare una sorta di nuova

linea equatoriale.

(da : “Antologia di poesia femminile americana

Contemporanea” a cura di Alessandra Bava –

Edizioni Ensemble – Roma – 2018)

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *