Nel nome della figlia
di Maria G. Di Rienzo
Nel novembre scorso dimostranti hanno tentato di impedire ad un conferenziere l’ingresso all’Università di Toronto, Canada. La polizia ha dato un po’ di “spallate” alla folla e gli ha fatto strada. Il signore in questione è Warren Farrell, il “guru” dei movimenti «per i diritti dei maschi», il sostenitore dei poveri papà separati e degli uomini vittime del femminismo in particolare e in generale di donnacce di tutti i tipi. A prima vista può sembrare disturbante che si volesse impedire a qualcuno di parlare, per quanto ripugnanti siano le cose che dice (e vedrete fra poco quanto lo sono) ma l’Università di Toronto è una struttura pubblica in cui si insegna e si impara: invitare qualcuno come conferenziere in tale struttura significa conferire alle sue tesi la dignità e la plausibilità della scienza. Poiché si tratta invece solo di opinioni ributtanti e di apologie della violenza, i suoi sostenitori avrebbero fatto meglio ad affittare una sala e ascoltarle in pace per l’ennesima volta assieme a chi avesse deciso di presenziare invece di tentare di imporle agli/alle studenti: che sono evidentemente molto più informati di quanto Farrell e compagnia pensano.
Per esempio chi ha protestato non crede divertente l’incesto e l’abuso sessuale delle bambine. Warren Farrell sostiene il contrario. Diventa persino poetico, quando ne parla: «L’incesto è come una lente d’ingrandimento. In alcune circostanze magnifica la bellezza della relazione, in altre il trauma». Secondo questo individuo, le bambine non sono traumatizzate dalla violenza sessuale, ma dai «dettami della società»: se l’ambiente circostante non dicesse loro che essere violentate dal proprio padre è male, ne sarebbero felici come fringuelli. Per provare la sua tesi, Farrell ha fatto qualche ricerca (con quanto rigore scientifico non sappiamo) ma i risultati non sembrano comunque venirgli incontro: sebbene circa il 70% dei padri stupratori confermi essersi trattato di un’esperienza davvero piacevole, tra le figlie la schiacciante maggioranza classifica gli abusi subiti come dolorosi e terrorizzanti. Come ha conciliato questi dati? Stabilendo che le donne gli hanno dato «risposte selettive» e cioè hanno mentito.
«Un caso tipico» spiega questo profondo pensatore «è quello che vede un padre autoritario, infelicemente sposato in una casa in cui il sesso è represso, magari disoccupato, magari ubriaco, che si impone alla sua giovane figlia. Il petting genitale può essere iniziato quando lei aveva circa otto anni, e il primo rapporto sessuale accadere quando ne ha più o meno dodici. Poiché il padre non presta altrimenti attenzione alla figlioletta, le sue avances sessuali possono essere una delle poche esperienze piacevoli che ella condivide con lui. Nei casi positivi l’incesto è parte di uno stile di vita familiare sensuale e aperto, dove il sesso è un frutto del calore e dell’affetto. In questi casi il padre fa del buon sesso con sua moglie, sua moglie sa che lo fa con la figlia e approva, e in alcune occasioni partecipa».
Allora, fatemi capire. Io ho 12 anni o meno. Se mio padre è aggressivo, ha problemi economici o di tossicodipendenze e stima di non fare abbastanza sesso con sua moglie, mi violenta. Se la famiglia è armoniosa e felice e i miei genitori si rotolano fra le lenzuola come ricci, mio padre mi violenta lo stesso. Se mia madre vuole essere una buona moglie lascia fare o «partecipa». Così, le persone di cui sino a quel momento mi sono fidata di più, le persone che sino a quel momento sono state quelle che amavo di più, le persone che avrebbero dovuto proteggermi, istruirmi e aiutarmi a crescere mi riducono al loro personale sacco di spazzatura per onorare il Sacro Feticcio che mio padre si porta a spasso negli slip. E se dico che la faccenda mi fa paura e schifo sono una bugiarda.
Ma tanto sono una bugiarda in ogni caso. Le ragazze e le bambine di cui si abusa sessualmente in famiglia molto spesso non parlano o negano la realtà qualora l’abuso venga alla luce. Temono, a ragione, di non essere credute o che se parlano la violenza nei loro confronti aumenterà. Ma se sopravvivono alle violenze familiari (se non si suicidano, se non soccombono in mille diversi modi alla vergogna e al dolore) e cercano da adulte aiuto psicologico, ecco come Farrell le rimette al loro posto: «A migliaia di persone in terapia per l’incesto si dice, in essenza, che le loro vite sono state rovinate dall’incesto. In effetti, non è stato l’incesto a rovinarle ma l’atmosfera circostante. Una partecipante tipica all’incesto non è in grado di valutare la propria esperienza per quello che è. Nel momento in cui la società entra nel quadro lei deve dire a se stessa che quella era una brutta cosa. E’ come una profezia che si auto-avvera».
Ricapitoliamo: una bambina vittima di abusi sessuali è in realtà una «che partecipa», sotto sotto farsi stuprare da papà le piace immensamente, e qualsiasi cosa dica al proposito è così e basta. Ma non precipitatevi a trarre conclusioni. Warren Farrell specifica di non stare raccomandando l’incesto fra padre e figlia: non perché sia violenza su minore, questo è assurdo, quale violenza potrebbe mai esserci nell’adorazione del Sacro Feticcio di Papà, ma perché sebbene «la grande maggioranza dei padri sia capace di comprendere le dinamiche di un incesto positivo» la società in cui viviamo li indurrebbe a compierlo nel modo sbagliato.
Questo cantore dell’abuso di bambine ha seguaci anche in Italia. Non sono molti, ma ottengono la carezzevole attenzione dei media ogni volta in cui mettono fuori il naso. In tali occasioni, sedicenti intellettuali e opinionisti non perdono occasione di reiterare la litania sulla “figura paterna” mancante e privata di autorevolezza che è necessario assolutamente restaurare, mentre sacerdoti di ogni tipo benedicono e approvano. Urlano, gli epigoni di Farrell, di vivere in «un regime femminista», sono «castrati» dal matriarcato imperante, evocano il Sacro Feticcio e non ottengono subitanea sottomissione, le leggi li intralciano quando cercano di sviluppare positivi rapporti con le loro figlie (figlie che una madre carogna, forse una che «non partecipa», tenta di sottrarre loro… senza ragione, senza nessuna ragione, le donne non vanno mai prese sul serio: sino a quando non diventano molto fredde e devono essere interrate). Cosa si può dire a persone così vessate e incomprese e al loro ideologo? Vi dirò qualcosa io, nel Nome della Figlia e nello stile delle invettive druidiche:
Nel Nome della Figlia che io sono stata, siate maledetti.
Nel Nome della Figlia che ho visto abusata dal padre con i miei occhi, siate maledetti.
Nel Nome della Figlia palermitana che il mese scorso ha messo al mondo il bambino di suo padre, siate maledetti.
Nel Nome della Figlia uccisa alla nascita perché femmina, nel nome della Figlia neonata lasciata morire di fame perché femmina, nel nome della Figlia bambina usata, abusata, violata, data in moglie, venduta, stuprata, assassinata: siate maledetti.
P.S. Be’, che c’è? Maledetti sta per «che si dica male di voi», non granché, mi pare. O credete sul serio che come una Strega di Tessaglia tirerò giù la Luna dal cielo e vi porterò scalogna? Ma via…
CONSUETA NOTA
Gli articoli di Maria G. Di Rienzo sono ripresi, come le sue traduzioni, dal bellissimo blog lunanuvola.wordpress.com/. Il suo ultimo libro (non smetto di consigliarlo) è “Voci dalla rete: come le donne stanno cambiando il mondo”. (db)
Se esiste un dio che e’ anche madre, ne sono certa , non potra’ che maledire questo orrore e i ministri che lo professano.