Nella cultura guaranì il vescovo sarebbe un poveraccio, il papa un mendicante

di Leonardo Boff (*)

C’è una crisi generalizzata circa il potere e al suo esercizio, una reale crisi sistemica, vale a dire la percezione che la forma del potere come noi lo intendiamo e il suo esercizio in tutti gli ambiti della realtà, non ci rende migliori. Viviamo quasi sempre sotto forme degenerate, burocratiche, patriarcali, autoritarie se non addirittura dittatoriali. Max Weber, uno dei grandi teorici del potere, ne dà una definizione che prende come referente il suo lato patologico e non il suo lato sano. Per lui potere è fare in modo che l’altro faccia quello che io voglio.

Perché non intendere il potere come espressione giuridica della sovranità popolare, potere servizievole? La parte etica di questo potere consiste nel rinforzare il potere di un altro affinché nessuno si senta senza potere ma partecipe delle decisioni che interessano tutti.

In tempo di crisi come il nostro, conviene rivisitare altre forme di esercizio di potere che ci aiutano a superare il pensiero unico circa il potere. Qui penso al modo in cui i Guarani intendevano il potere e il suo portatore, il capo della tribù.

Un ricercatore francese, Louis Necker, ci dà una relazione impressionante intorno a questo tema (Indios guaranies y chamanes franciscanos: las primeras reducciones del Paraguay 1580-1800, Asuncion 1990). Mi permetto di trascrivere alcune topiche illustrative di un altro tipo di esercizio del potere.

“Il capo non aveva potere di coercizione. I suoi “sudditi” accettavano la sua autorità e preminenza soltanto nella misura delle controprestazioni che ricevevano da lui. Il capo dirigeva le imprese comuni… aveva un privilegio: la poligamia (per avere un aiuto nei suoi vari impegni). Ma a sua volta aveva obblighi ben precisi la cui esecuzione poteva significargli l’abbandono dei suoi ‘sudditi’: condurre abilmente la politica esterna del gruppo, prendere decisioni moderate in materia economica, ripartire con giustizia tra le famiglie nucleari i lotti di terreno puliti da tutti gli adulti a turno, mantenere la pace nel gruppo e molte volte possedere qualità di sciamano, utili al gruppo, come il potere di curare o il controllo delle forze soprannaturali. Era molto importante che il capo fosse eloquente. E soprattutto doveva essere generoso. Come notava Levi-Strauss, nei popoli del tipo dei Guarani, “la generosità è l’attributo essenziale del potere“. Per conservarlo il capo doveva continuamente regalare dei beni, o servizi o feste. Nella selva tropicale questo tipo di obbligo poteva essere talmente pesante che il capo si vedeva obbligato a lavorare molto più degli altri e a rinunciare quasi del tutto a possedere qualcosa per se stesso. Era ruolo del Capo dare tutto quello che gli si chiedesse: in alcune tribù della selva tropicale si può sempre riconoscere il capo nella persona che possiede di meno degli altri e porta ornamenti più usurati. Il resto è finito in regali…”

Il Cristianesimo non sceglie la cultura in cui va a incarnarsi. Si incarna in quella che incontra. Così ha fatto con la cultura degli ebrei della diaspora, (ebrei che vivevano fuori della Palestina), con il giudaismo Palestinese, con la cultura greca dell’Asia Minore e con la cultura imperiale romana. Da questa incarnazione si arriva a questo Cristianesimo, con i suoi lati positivi e limiti propri di questa cultura. Specialmente la Chiesa-Romano Cattolica ha assunto lo stile di potere, non predicata da Gesù ma dagli imperatori, potere assoluto e carico di simboli che hanno resistito nel papato fino all’avvento di Papa Francesco, il quale si è spogliato di tutto ciò rinunciando specialmente alla famosa “mozzetta”, quella mantellina sulle spalle carica di oro e di argento, il simbolo maggiore del potere dell’imperatore e della vita di palazzo. Il Papa Francesco ha seguito i passi del poverello di Assisi e il comando di Gesù è andato a vivere dove si ospitano i vescovi e i preti che arrivano a Roma.

Facciamo un esercizio di immaginazione. Che ne dite se il Cristianesimo, invece che espandere radici nella cultura occidentale greco-latina e, dopo, germanica, avesse assunto la forma di esercizio del potere dei Guarani?

Allora incontreremmo i preti poverissimi, i Vescovi in miseria e il Papa un vero mendicante. Lavorerebbero instancabilmente al servizio dei fedeli. Il suo marchio registrato sarebbe la generosità senza limiti.

E darebbero una testimonianza spontanea e profondamente suggestiva del sogno di Gesù. Lui ha chiesto un esercizio del potere, come puro servizio: “sapete che tra le nazioni chi ha il potere comanda e i grandi dominano su di loro; ma così non sarà tra voi; al contrario, se qualcuno di voi vuole essere grande, si faccia vostro servitore; perché il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito ma per servire”, (Mc 10,42 ss). Che questo insegnamento sia permanente auto-critica e ispiratore di una forma non dominatrice del potere.

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato.

(*) tratto da https://leonardoboff.wordpress.com/

 

 

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