Nella losca ferrovia, ia-ia-ohhhhh – 3

Appunti su Firenze e Milano in autobus e treno libero… dal biglietto!

di Angelo Maddalena    

A Firenze ho preso un autobus due giorni fa, non avevo biglietto e ho chiesto all’autista: dovevo andare da via Aretina alta, vicino la stazione di Firenze Rovezzano, a Piazza San Marco, una decina di fermate almeno. Domando all’autista se posso fare il biglietto, e lui mi dice che lo potevo fare da lui pagandolo due euro oppure farlo col telefonino e pagarlo un euro e venti: cioè mandare un sms a un certo numero verde e farmeli togliere dal credito telefonico! Geniale e terrificante, ma figuret se mi abbasso a questi livelli. Facevo finta di farmi tentare, intanto parlavo con l’autista e gli chiedevo da quando succede questo: «forse da quando c’è la gestione Trenitalia?» cioè da quando Ataf è privatizzata (Azienda Trasporti Fiorentina)?

Lui mi ha risposto «Magari fosse Trenitalia a gestire», lasciandomi intendere che la cosa è più complicata e anche più scoglionata! Allora mi sono ricordato di tre anni fa che avevo preso due o tre volte un autobus a Firenze e avevo beccato due volte i controllori e dell’episodio comico con Pierluigi di cui racconto nella pagina fb di «Amico treno non ti pago». L’autista mi ha detto che ci sono molti controlli negli autobus e io ho aggiunto che Firenze, «cioè l’amministrazione di Firenze» è molto repressiva. Lui ha detto «sì sì sono d’accordo». E sorridevamo, e lui mi ha detto: «comunque se non fai biglietto io me ne frego ma stai attento se salgono e comunque se li vedo te lo dico e tu lo fai»; quindi ci siamo alleati e alla fine i controlli non sono arrivati. Al ritorno ho fatto il biglietto ma non sono passati. L’indomani ho timbrato il biglietto già timbrato per andare alla stazione a prendere il treno e non sono passati i controlli. Se passavano gli dicevo che ci hanno rotto il cazzo con questa privatizzazione e non ci rompessero ancora di più coni controlli repressivi, ma poi sono arrivato a Santa Mara Novella e dovevo pensare al biglietto del treno per Milano. Quindi ho preso il treno Frecciarossa ovviamente senza biglietto. Due mesi fa lo volevo fare il biglietto sull’Intercity da Roma a Reggio Calabria ma non ero riuscito a fare la Cartafreccia via internet perché mi si era bloccato il procedimento; avevo viaggiato beato e contento senza biglietto per sette o anche otto ore e adesso pensavo che sulla Frecciarossa avrei detto la stessa cosa che volevo dire sull’Intercity a un eventuale controllore: «Dio non vuole che pago il biglietto perché mi blocca il computer se voglio fare la Cartafreccia per pagare meno».

Allora mi sono messo nel vagone Business cioè quello coni sedili di pelle troppo di lusso e non sapevo se chiedere un po’ meno lusso ma ormai ero lì, e quando è passato il carrello con le bibite ho chiesto una Cocacola per digerire il pollo fritto che avevo mangiato al Melograno cioè la casa di Firenze dove sono stato ospite due giorni e dove ho fatto lo spettacolo «La Comunità perversa» martedì sera. E i tipi del carrellino mi hanno chiesto se volevo uno snack, io ho tentennato e loro mi hanno detto (o io ho capito così) che ci voleva la ricevuta e allora ho detto lascia perdere lo snack.

Il viaggio è andato bene, anche se nella rivista «La freccia» c’era in copertina Giorgia la cantante che diceva minchiate su Sanremo e la sua intervista iniziava così: «Io leggo sempre Lafreccia (un giornale promozionale dei Treni ad Alta Velocità) quando viaggio in Freccia Rossa e in Frecciabianca e anche in Frecciargento, e mi chiedevo come mai non mi aveste ancora intervistato» e a sto punto mi è venuta voglia di pagare il biglietto per farmi del male! Tanto per tanto…

Poi siamo arrivati a Milano. La tipa che controllava ha cominciato a chiedere i biglietti poco prima di arrivare a Milano ma io ero già pronto per scendere ed è finita bene.

Da Milano a Torino volevo pagare ma a Milano non ci sono biglietterie se non nascoste e c’è sempre tanta fila che ti fa sentire una bestia al macello allora sono salito senza. Ed è andata bene.

Però sono incazzato perché vorrei riuscire e vorrei che ognuno di noi si prendesse l’impegno di strappare i cartellini sui treni dove c’è scritto «Usa la testa e non i piedi» per criminalizzare chi mette i piedi sui sedili e sotto c’è scritto «Campagna contro l’inciviltà». E vorrei che ognuno di noi si impegnasse per zittire i microfoni dei treni che ogni venti minuti attaccano il nostro apparato uditivo ed emotivo minacciando inferni a chi non ha il biglietto o cose del genere. E penso a chi è in carcere, come Nicolò e Chiara e altri quattro ragazzi che meno di un anno fa bloccarono i lavoro al cantiere della TAV di Chiomonte con i mezzi che avevano a disposizione senza usare violenza contro persone e oggi rischiano condanne per terrorismo e “danno all’immagine” dell’Italia all’estero e «noi ancora qui, primitivi a scannarci per la modernità» (da «Canzone per Turi» di Angelo Maddalena, in «Banditi infiniti»).

Il mio libro «Amico treno non ti pago» è sempre presente alla libreria Feltrinelli della stazione di Torino Porta Nuova e anche in piazza Cln (sempre Feltrinelli) e anche a Milano potrebbe tornare alla stazione Centrale a breve e a Firenze sempre alla Feltrinelli potrà arrivare; ma è già in tante altre tipo a Verona e Padova che non me l’aspettavo! Dopo un anno (dall’uscita del libro)… Ancora in marcia.

14 febbraio, Torino, San Valentino, 2014

 

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