Nicaragua: aspettando il 19 luglio

di Bianca Segovia e Andrés Pérez  

Mentre scriviamo continuano ad arrivare aggiornamenti dalla serata e nottata tra questo venerdì 13 luglio e sabato 14.

Dopo la celebrazione del Repliegue a Masaya, di cui parleremo nei prossimi paragrafi, si è compiuto un nuovo attacco armato alla UNAN di Managua, università occupata da maggio. Circa 120 occupanti si trovavano nel perimetro universitario e si sono rifugiati nella Chiesa della Divina Misericordia resistendo per 16 ore al fuoco dei paramilitari che hanno continuato a sparare contro la struttura universitaria e contro la chiesa.

Solo all’alba del sabato è stato permesso l’accesso alle ambulanze e per ora si riportano 2 morti e un numero imprecisato di feriti.

La popolazione all’esterno si è ritrovata in presidio permanente per chiedere la liberazione degli studenti e studentesse.

Nella giornata di venerdì è stato arrestato il rappresentante del Movimiento Campesino Medardo Mairena, bloccato nell’aeroporto di Mangua e detenuto illegalmente. 10 minuti dopo il suo fermo la polizia nazionale ha emesso un comunicato ufficiale in cui si dichiara che “è stato arrestato il terrorista Medardo Mairena”1. Il coordinatore del Consejo Nacional en Defensa de la Tierra, el Lago y la Soberanía faceva parte della Mesa de Dialogo Nacional come portavoce dei contadini.

Si tratta di uno dei tanti arresti illegali e arbitrari che da aprile caratterizzano la repressione governativa.

Il numero dei desaparecidos continua a salire e le autorità non offrono informazioni ufficiali su chi viene trattenuto nelle carceri El Chipote e La Modelo2 dove si trovano la maggior parte dei prigionieri politici di questi mesi.

Luglio.

Il mese di luglio per il Nicaragua è ricco di anniversari della rivoluzione storica: il 19 luglio 1979 le forze rivoluzionarie entravano vittoriose a Managua e Daniel Ortega iniziava il suo cammino di Presidente Comandante.

Sono passati quasi quarant’anni e questo luglio 2018 vede uno scenario completamente differente.

Dopo 39 anni si parla di liberazione, ma questa volta dal cosiddetto Orteguismo; da aprile le proteste popolari unite nel Movimiento 19 de Abril e nell’ Alianza Civica, chiedono le dimissioni di Daniel.

Il Presidente Daniel si è visto raramente in pubblico. Il primo maggio ha celebrato la festa dei lavoratori senza battere ciglio di fronte alle proteste che si erano sviluppate da due settimane in tutto il Paese. Nel suo discorso di piazza si è rivolto ai contadini come un sovrano che si dirige ai sudditi: “che i contadini possano continuare a lavorare la terra, come lo hanno fatto in tutti questi anni di pace, stabilità, con sicurezza, per garantire gli alimenti a tutti i nicaraguensi.”3 Questo discorso non tiene conto della presa di posizione del Movimiento Campesino che non è mai stato pacificato e che dalla lontana Nueva Guinea, avamposto del Movimiento Anticanal, si è unito fin da subito alle proteste di aprile, così come gli allevatori e le altre organizzazioni legate al lavoro agricolo e alle campagne. Già dal 2014 los campesinos e las campesinas avevano esplicitato la volontà di occuparsi non solo della canasta basica 4dei nicaraguensi, ma anche di partecipare attivamente nelle decisioni politiche legate al territorio.

Daniel fino al 7 luglio 2018 si è tenuto lontano da eventi pubblici lasciando disattese le diverse sollecitazioni sul tema delle elezioni anticipate, ha rotto il lungo silenzio parlando dal palco indossando la divisa azzurra e il cappellino della Polizia Nazionale. Un segno evidente di rivendicazione del suo pieno potere rispetto alla gestione della polizia che si è resa responsabile di numerosi massacri coadiuvata da forze para-policiales armate. Il saldo ad oggi è di oltre 351 morti a causa della repressione di stato, di migliaia di feriti e centinaia di arresti arbitrari e processi sommari.

Le parole del Presidente non hanno suscitato troppa sorpresa. Ha ribadito fermamente la sua volontà di rimanere al potere fino a fine mandato, nel 2021, citando la Costituzione e tacciando di golpiste le richieste del Movimiento 19 de Abril.

Il governo non ha mai voluto affrontare le rivendicazioni sociali, ambientali e politiche, generando, con una repressione mascherata da pacifismo solidale, i primi e floridi germogli insurrezionali.

Una delle prime leggi che Ortega approvò nel 2006 è quella di penalizzazione dell’aborto.

In Nicaragua non esiste alcuna possibilità di effettuare l’interruzione della gravidanza, nemmeno in caso di rischio per la vita della donna o di stupro. La legge ha causato il ricorso ad aborti clandestini, ha reso questa pratica insicura e ha sostenuto un affare redditizio per cliniche private che offrono il servizio a chi ha soldi per pagare.

Il movimento femminista ha chiesto da subito l’abrogazione di questa legge.

Nel 2013 con grande entusiasmo, il Presidente annuncia la promulgazione della Ley canalera n. 840.

Questa legge viola i diritti delle comunità indigene e afro-discendenti della costa caribe che da anni lottano in difesa della autonomia e delle riserve naturali sempre più minacciate dall’intrusione di coloni che si appropriano delle terre protette e desertificano intere zone per l’allevamento e l’agricoltura intensiva. Dopo la promulgazione della legge di concessione del Canal è nato il movimento che ne chiede l’abrogazione.

In occasione dell’ondata di migranti africani, provenienti per la maggior parte dal Brasile, il Nicaragua ha chiuso le sue frontiere con il Costa Rica. Nell’estate del 2016 questa migrazione dal sud America verso gli Stat Uniti è stata osteggiata con la presenza di polizia ed esercito nel Sud del Nicaragua. Con gli stessi metodi razzisti dei Paesi europei che si blindano nella Fortezza Europa, il governo ha impedito l’accesso ai migranti che percorrevano la rotta verso gli Stati Uniti prima della fine del mandato di Obama, sapendo che l’epoca Trump avrebbe causato un’ulteriore restrizione di entrata negli USA.

I respingimenti della polizia migratoria hanno permesso la diffusione dei traffici illegali da parte di gruppi organizzati di coyotes che si sono occupati di far attraversare la frontiera ai migranti con tariffe e condizioni estreme.

Da un lato il governo parlava di solidarietà e di tutela nei confronti dei migranti che avrebbero potuto incorrere nei trafficanti di esseri umani, dall’altro impediva e reprimeva la solidarietà spontanea della popolazione locale che appoggiava i migranti stremati che cercavano un’entrata attraverso le zone permeabili della frontiera.

Il caso della maestra sandinista arrestata per aver aiutato una giovane madre africana con la figlia di pochi mesi ad attraversare il confine fino all’Honduras è paradigmatico.

La macchina repressiva ha criminalizzato un’azione di solidarietà dal basso trattando come una delinquente la maestra e organizzando un processo per direttissima mentre sotto gli occhi di tutti i coyotes agivano indisturbati.

Le politiche sociali che il pueblo presidente ha messo in campo non sono bastate a calmare l’indignazione sociale che non ha più accettato una gestione fallimentare del Paese e del partito. L’immagine di una Nicaragua cristiana, socialista y solidaria è crollata definitivamente con la repressione di Stato, lasciando un saldo approssimativo di 351 morti, migliaia di feriti, centinaia di arresti illegali e desaparecidos.

Il governo non ha dato risposte e non intende chiarire le circostanze di queste morti.

Il tentativo inziale di negazione è fallito di fronte ai numerosi video che sono circolati fin da subito lasciando il posto alle dichiarazioni del cancelliere Moncada che attribuisce ogni responsabilità a presunti gruppi delinquenziali organizzati, terroristi e golpisti.

La operación limpieza.

Il triste parallelo storico è diamantino. A partire da metà settembre 1978 varie “operación limpieza” della Guardia Somozista5 soffocarono nel sangue le varie insurrezioni popolari che culminarono nell’offensiva finale del luglio 1979.

Nel 2018 il governo ha riesumato senza alcuna vergogna gli stessi termini e con la “operazione pulizia” ha inviato le truppe paramilitari e para-policiales e l’antisommossa ad attaccare a colpi di armi da fuoco le barricate e i blocchi stradali cittadini che si sono formati da aprile e che sono proseguiti senza soluzione di continuità.

L’obiettivo è colpire direttamente i protagonisti della protesta, individuando persone riconoscibili come attiviste che vengono segnalate dai cosiddetti sapo6 del quartiere che appartengono ai CPC.7

L’8 luglio nel dipartimento di Carazo gli attacchi governativi hanno causato 18 vittime civili a Jinotepe, Diriamba e altre cittadine, la vera e propria caccia all’uomo casa per casa ha portato 45 arresti arbitrari di cui 42 confermati e 3 desaparecidos. Persone arrestate senza mandati, case cerchiate con simboli per indicare quali obiettivi colpire, persone ammassate davanti alle caserme e lasciate in indumenti intimi da parte di questi gruppi paramilitari che da aprile seminano il panico, aggrediscono, ammazzano e torturano.

Questa operazione preventiva intende “ripulire” le strade e le piazza del Paese a qualsiasi costo per permettere al Presidente Comandante di celebrare il “suo” 19 di luglio come se in Nicaragua non fosse successo niente.

El repliegue táctico a Masaya”

Il 12 luglio Daniel ha partecipato al Repliegue táctico a Masaya8. In altri anni questo evento è stato celebrato in corrispondenza di appuntamenti elettorali e da più parti criticato per l’uso strumentale di un anniversario storico ai fini di propaganda presidenziale e culto della personalità di Ortega.

Il repliegue del 2016 e 2017 è stato descritto da ex comandanti sandinisti come una carnevalata degna di una festa patronale per cui i fatti storici rimanevano sullo sfondo.

Nel 2018 solo due giorni prima della data scelta è stato lanciato ufficialmente l’appuntamento in piazza a Managua per “accompagnare Daniel a Masaya”.

Nei video diffusi sui social network si vede il Presidente Comandante guidare il suo Mercedes Benz blindato da 270.000 dollari scortato da centinaia di poliziotti armati e incappucciati, segno evidente della paura e dell’insicurezza che trasuda dalla camicia azzurra di Daniel.

Il corteo di veicoli una volta entrato in Masaya non ha potuto arrivare al cuore della città, nel quartiere di Monimbò, ma si è diretto immediatamente all’interno del cortile della caserma della polizia. Abbracci, strette di mano, saluti militari e selfie con poliziotti in divisa a volto scoperto o con il cappuccio, omaggi al commissario Avellàn della polizia di Masaya, un Presidente attorniato da ufficiali e agenti di polizia che sembra andare in visita all’accademia delle forze armate.

Nello stesso cortile uno sparuto gruppo di simpatizzanti civili ha preso parte a questa cerimonia.

Una celebrazione che ha coinciso con il secondo sciopero generale nazionale dell’opposizione che ha mostrato strade vuote, attività commerciali e luoghi di lavoro serrati, persone chiuse in casa per esplicitare il proprio dissenso.

Un repliegue tutt’altro che in pompa magna aperto dalle tristemente famose camionette stracariche di ufficiali incappucciati e armati come per andare in guerra.

Masaya, barrio indigeno di Monimbò.

Masaya e in particolare il quartiere indigeno di Monimbò oggi come allora è uno dei fulcri e dei simboli della resistenza.

Dalle barricate di Masaya ogni notte di giugno si sentivano le note di una chitarra accompagnare la voce di un anonimo cantautore che con un megafono improvvisava le parole di una canzone diretta al vicedirettore della Polizia Nazionale trincerato dentro la stazione di polizia locale:

Buena noche comisionado Avellán aqùì va su cancioncita: comisionado Avellán cómo le va, cómo le va, qué tanto la está pensando, cuándo se piensa venir a entregar, comisionado Avellán por qué no se pone a pensar que cuando esta mierda se acabe su trabajito no va a conservar…”9

Sorrideva meno Avellàn responsabile diretto degli attacchi di aprile contro i suoi cittadini che in risposta avevano eretto centinaia di barricate che coprivano in lungo e in largo la città. L’accerchiamento di muri di adoquines aveva reso impossibile l’uscita dalla caserma.

All’alba del 19 giugno 400 uomini della polizia e paramilitari armati accompagnati da macchinari pensati per smontare le barricate sono entrati in città per riscattare il commissario. Mitragliatrici, cecchini e armi di alto calibro contro le barricate difese da morteros, fionde e pietre. Una sproporzione evidente e nota. L’operazione di riscatto ha lascito un conto di 6 morti e 36 feriti.

Come in ogni città le barricate smantellate sono state ricostruite e il giorno del repliegue Monimbò ha mantenuto la promessa di non far entrare Ortega per la celebrazione.

Jinotega, Barrio Sandino.

In questo continuo parallelo storico in cui si rincorrono nomi e forme di resistenza civile, l’inversione degli schieramenti è ciò che può disorientare. Il sandinismo tuttavia non si è mai esaurito o identificato nel solo partito del FSLN, uno dei quartieri che come molti ha espresso il rifiuto all’omologazione è il barrio Sandino di Jinotega.

Jinotega, la città della nebbia, si trova nel nord verso il confine con l’Honduras. In quelle montagne passarono nel tempo Sandino e i suoi generali, i combattenti sandinisti che si organizzavano durante gli anni di lotta contro il regime Somozista e la Contras, così come i vari eserciti di difesa della rivoluzione.

In questi anni recenti il barrio Sandino si è caratterizzato per il suo essere fedele al FSLN, fino ad aprile 2018.

La repressione brutale della polizia e del governo che oggi portano le insegne del FSLN hanno lasciato anche in questa città il suo conto di morti, feriti e arrestati.

Le barricate si sono alzate in questo barrio storico. Ex combattenti sandinisti hanno appoggiato le rivolte, il quartiere si è chiuso e protetto dagli attacchi e ha rivendicato la sua appartenenza ad un sandinismo vero, non intaccato dalla deriva Orteguista.

Il 19 di luglio si avvicina e si spera che anziché una festa in più per Daniel, si possa celebrare una nuova liberazione dal rappresentante di un governo che ha vituperato e infangato la sua stessa storia. Le responsabilità del Presidente sono molte e tra queste l’aver macchiato la storia e l’identità del FSLN senza pensare che prima o poi, in un modo o nell’altro se ne andrà e dovrà lasciare il potere.

Aspettando il 19 di luglio “para oír los pasos del tirano que se marcha”10 la resistenza continua.

NOTE

1 Comunicato ufficiale: http://100noticias.com.ni/media/uploads/2018/07/13/whatsapp-image-2018-07-13-at-25019-pm_Dk56vhJ.jpeg

2 Carceri di Managua

3 Discorso originale tradotto sopra “Que los campesinos puedan seguir trabajando la tierra, como lo han hecho a lo largo de estos años en paz, en estabilidad, con seguridad para garantizar los alimentos de todos los nicaragüenses”

4 Canasta basica: prodotti essenziali considerati nel paniere che regola il salario minimo. Dal punto di vista alimentare sono inclusi prodotti quali carne, latte, uova, legumi, frutta, verdura, cereali, olio e burro.

5 “Operazione pulizia” vari attacchi armati da parte della Guardia Somozista si realizzarono a partire dal 1978, anno della prima insurrezione popolare che fallì. La Guardia Somozista attaccò crudelmente barricate e avamposti dei guerriglieri, uccidendo la popolazione che appoggiava, dava ospitalità, viveri e sostegno al FSLN storico.

6 Sapo: significa rospo, il significato figurato è spia

7 CPC (Consejos del Poder Ciudadano), evoluzione dei CPS (Comité de Defensa Sandinista), che derivavano dai precedenti CDC (Comité de Defensa Civil).

I CPC sono formati da persone che costituiscono la base sociale della struttura del FSLN. Si trovano nei diversi barrios e comunità e hanno diverse funzioni tra cui la promozione e gestione locale dei progetti sociali del governo centrale, comunicazione e propaganda e sicurezza cittadina. Interagiscono direttamente con gli organi del cosiddetto Poder Ciudadano e con la Polizia e l’Esercito. Negli ultimi mesi ci sono stati vari episodi in cui membri dei CPC hanno segnalato alla polizia l’identità e la collocazione di persone dell’opposizione che poi sono stati vittime di azioni repressive e attacchi mirati.

8 Reliegue táctico a Masya: a partire dalla notte del 27 giugno 1979 inizia una ritirata strategica della guerrilla e di 5.000 cittadini di Managua verso la città di Masaya a 40 km dalla capitale. Una scelta che si dimostrò determinante per il lancio successivo della offensiva finale che portò alla caduta di Somoza in luglio 1979. La ritirata garantì la sopravvivenza delle persone che si trovavano sotto i bombardamenti dell’aviazione somozista e permise il recupero di viveri e armamenti

9 Traduzione: “Buona notte commissario Avellàn, ecco la sua canzoncina, commisario Avellàn come sta? Cosa sta tanto a pensare, quando pensa di venire a consegnarsi, commissario Avellàn perché non pensa che quando questa merda finirà non avrà più il suo lavoro?”

https://www.youtube.com/watch?v=cOcH8mTJQ_4

10 dalla poesia di Gioconda Belli, Huelga, “per sentire i passi del tiranno che se ne va.”

Redazione
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