Nicaragua: l’insurrezione continua nonostante la repressione

Un  dettagliato aggiornamento sul complicato scenario politico del paese centroamericano

di Bianca Segovia

 

En la Revolución Americana hubo mucho derramamiento de sangre y después se hablaba de su impulsores como de patriotas, en Nicaragua se está luchando por una libertad que no es posible bajo los Somoza. Los que ahora son llamados “bandidos” por Somoza, mañana serán llamados patriotas.

Fernando Cardenal,1976.

in “Human rights in Nicaragua, Guatemala, and El Salvador, implications for U.S. policy: Hearings before the Subcommittee on International Organizations . Congress, second session, June 8 and 9, 1976”

Pag 61 “Dichiarazione di F. Cardenal”

Sembrerebbe che non ci sia scampo dai corsi e ricorsi storici che Vico aveva identificato nel Seicento.

In Nicaragua in particolare oggi non è sufficiente cambiare il nome di Somoza con quello di Ortega, perché come si sa Ortega contribuì indubbiamente alla cacciata del regime somozista. Ciò non ha impedito che quarant’anni dopo lo stesso Ortega accusi di terrorismo chiunque abbia partecipato alle rivolte che hanno finalmente fatto emergere le contraddizioni e gli errori enormi di un governo che aveva vinto con la fiducia di una buona parte della sua base storica e della sinistra.

Il 19 novembre si compirà il settimo mese dall’inizio dell’insurrezione civica in Nicaragua.

Novembre è iniziato con una caccia alle streghe dentro i cimiteri del Paese da parte della Polizia Nazionale che ha arrestato 17 persone che commemoravano i loro morti. Neppure sulle tombe dei caduti si può portare la bandiera nazionale o i colori azzurro e bianco.

Il 7 novembre la Fiscalía ha chiesto 21 anni di carcere per terrorismo per 9 studenti sopravvissuti all’attacco armato della polizia e di paramilitari dentro i recinti universitari della UNAN di Managua. Gli studenti il pomeriggio del 13 luglio erano scampati ai proiettili rifugiandosi nelle Chiesa della Divina Misericordia che porta ancora i segni degli spari. Dopo 12 ore grazie alla mediazione di rappresentanti della Chiesa riuscirono a uscire, ma una settimana dopo vennero arrestati e condotti in carcere.

Il 9 novembre a Granada sono state arrestate due persone che vengono mostrate, come d’abitudine per le catture in Nicaragua, in piedi per strada ammanettate e con un camice azzurro circondate da poliziotti in divisa.

Una scena troppe volte vista recentemente con oltre 550 persone accusate di terrorismo e condotte nei vari penitenziari in attesa di giudizio.

È impressionante come senza soluzione di continuità l’apparato repressivo si sia mantenuto attivo e prosegua quotidianamente la persecuzione dei militanti politici.

Qualcuno scherzando commentava che il Nicaragua è uno dei Paesi della regione con più terroristi per abitante. Fin dai primi giorni delle proteste le detenzioni arbitrarie sono state numerose, la successiva modifica del codice penale e della fattispecie del reato di terrorismo hanno fatto il resto.

Il peggio capita a chi finisce dentro le celle e in particolare nei settori dei prigionieri e delle prigioniere politiche, veri e propri inferni in cui all’ordine del giorno si compiono violenze fisiche, sessuali, psicologiche, in cui non viene garantita la continuità delle cure a persone con malattie croniche o con cancro, in uno stile da dittatura militare. Due prigioniere hanno avuto aborti causati dalle condizioni di detenzione.

Le donne solidali e le attiviste della Articulación Feminista de Nicaragua hanno fatto da megafono alla denuncia di quanto accade dentro le mura del penitenziario femminile La Esperanza di Managua. Il giorno 26 ottobre le prigioniere hanno deciso di protestare per chiedere che una loro compagna venisse visitata da un medico e ricevesse cure adeguate per una forte emorragia dovuta alla fase terminale di un cancro particolarmente violento. La risposta è arrivata di notte, un gruppo di uomini incappucciati senza identificazione è entrato nelle celle e ha iniziato a pestare brutalmente le prigioniere che avevano chiesto assistenza medica.

I provvedimenti giudiziali non servono soltanto a scoraggiare chiunque a scendere in piazza, ma intendono sanzionare qualsiasi forma di espressione.

Le lettere e le denunce che escono dal Chipote, da la Modelo e da la Esperanza fanno gelare il sangue nelle vene, ma mostrano allo stesso tempo la determinazione dei prigionieri e delle prigioniere.

Migliaia di persone hanno lasciato il Paese, in Costa Rica la comunità migrante nicaraguense continua ad ingrandirsi ogni giorno e40.386 persone hanno fatto richiesta di asilo politico, si tratta nella maggioranza dei casi di studenti/studentesse che hanno partecipato alle proteste, difensori/difensore di diritti umani, leader di movimenti sociali, contadini/e e persone che hanno appoggiato i e le manifestanti.

Dal Paese vicino l’articolazione dei movimenti sociali in un video ha mandato un messaggio

https://www.facebook.com/ArticulacionCRC/videos/2171251896528306/UzpfSTEzOTk4MDY0MzI6MTAyMTc4MDE3MjI0MjAzMjE/

in cui ribadisce la richiesta di dimissioni del governo e rilancia la lotta avvisando che da dentro come da fuori l’insurrezione prosegue e che presto torneranno in Nicaragua gli esuli riorganizzati.

La situazione attuale è complessa e non ci sono previsioni sul breve periodo: il governo non solo non ha fatto un passo indietro, ma continua a prevaricare e criminalizzare ogni forma di protesta che siano concentramenti, cortei, “attacchi” di palloncini azzurri e bianchi lanciati o disseminati in giro, commemorazioni.

A fine ottobre la Polizia Nazionale in una conferenza stampa ha annunciato che ogni forma di protesta (dai cortei agli assembramenti di persone) è illegale se non ottiene un’autorizzazione preventiva.

Nonostante le condizioni difficili le lotte non si fermano, le carovane di solidarietà composte da studenti e studentesse così come gli artisti e le artiste che sono fuori dal Nicaragua continuano a lottare per diffondere e far conoscere la realtà di quel che si sta vivendo nel loro Paese.

Nel 1970 il FSLN storico aveva programmato una fase di accumulación de fuerzas en silencio a seguito di un’ondata repressiva feroce della dittatura per ricomporsi, radicarsi e lanciare nuovamente attacchi e azioni.

Si spera che oggi questo apparente momento di stallo non sia che un anticipo di una nuova fase che possa spazzare via definitivamente un governo criminale che si sta macchiando di sangue giovane e che di sandinista non ha più nulla se non un vessillo snaturato della sua essenza, il FSLN ha tradito la sua stessa storia, i morti di questi mesi insieme alle vittime di ieri gridano vendetta

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