Nicaragua: poco panem et ancor meno circenses

Il controllo delle attività della società civile.

di Bái Qiú’ēn

[populus] duas tantum res anxius optat: panem et circenses (Giovenale, Satire X, 81)

Che dall’aprile 2018 il Nicaragua stia vivendo una sempre più profonda crisi sociale, politica ed economica, non è una notizia. Che sia la peggiore dell’ultimo trentennio è indubbio. Che l’orteguismo sia intenzionato a controllare qualsiasi attività della società civile per mantenersi al potere, neppure.

È risaputo che più un potere si sente (o è) forte, più concede spazi di libertà. E viceversa. Se la situazione socio-politica fosse davvero “normalizzata”, come afferma la propaganda con insistenza, dopo sei anni dalle proteste spontanee ci si aspetterebbe almeno qualche piccola apertura. Invece, aumentano costantemente le restrizioni e i controlli su tutto e su tutti, in modo estremamente capillare. Indicando in tal modo e senza possibilità di equivoci che il potere si percepisce debole e nella sua insicurezza, giorno dopo giorno, “inventa” nuovi meccanismi per il controllo sempre più minuzioso della società civile.

È impossibile negare l’esistenza di una distanza incolmabile tra le parole della propaganda e le azioni politiche del potere che si susseguono giorno dopo giorno, alle quali è peraltro difficile tenere dietro.

Ne La Gaceta. Diario Oficial n. 47, pubblicata martedì 12 marzo 2024 (pagg. 3015 e segg.) è comparso il testo dell’Accordo Ministeriale n. 5-2024 del ministero dell’Interno (con la “nuova” denominazione in vigore da qualche settimana, che riprende quella degli anni Ottanta del secolo scorso) nel quale si stabilisce che: «La presente normativa ha come oggetto stabilire un quadro di regolamentazione applicabile a tutte le persone naturali o giuridiche nazionali o di altre nazionalità che si dedichino alla produzione, promozione e organizzazione di attività, eventi e spettacoli artistici pubblici al fine di garantire le misure necessarie per la sicurezza cittadina e umana, come pure l’ordine interno nel territorio nazionale» (art. 1).

Tradotto in parole povere, con la scusa della «sicurezza cittadina e umana, come pure l’ordine interno nel territorio nazionale», il Governo si arroga il diritto di controllare qualsiasi tipo di spettacolo artistico, dando o negando il proprio benestare al suo svolgimento se ritiene che possa turbare in qualche modo la suddetta sicurezza e l’ordine pubblico. È infatti stabilito che i produttori, i promotori e gli organizzatori debbano iscriversi in un apposito registro presso il ministero dell’Interno e quindi richiedere l’autorizzazione per svolgere l’evento artistico con almeno trenta giorni di anticipo. Dovranno pure fornire informazioni sull’orario d’inizio e quello di chiusura dell’evento (chissà cosa potrà accadere se il pubblico pretende un bel po’ di bis?), sul numero dei partecipanti previsti (ovviamente calcolati con la classica sfera di cristallo), sulle attrezzature tecniche, sugli eventuali veicoli da utilizzare e altre amenità consimili. Al tempo stesso, dovranno «astenersi dall’intervenire, finanziare o promuovere questioni, attività o temi di politica interna ed esterna o attività che si traducano in proselitismo politico» (art. 13).

Non è secondario il fatto che siano già vigenti da parecchio tempo le normative relative alla sicurezza per il pubblico con il nulla osta dei pompieri (come in tutti i Paesi del mondo), per cui, se il problema fosse questo non servirebbe alcuna nuova normativa. E (come in tutti i Paesi del mondo) mai manca il controllo da parte delle forze dell’ordine.

Non è però una novità il fatto che attraverso le varie forme artistiche passino o possano passare messaggi politici “alternativi” e che, spesso e volentieri, i governi tentino di impedire che ciò avvenga, o perlomeno di limitarne gli effetti. Basta ricordare la polemica suscitata da una semplice parola pronunciata da Ghali a San Remo…

Da qui al controllo sulle festicciole private per i compleanni e simili (vita dura per le bandas chicheras o i mariachis) il passo è breve o la supervisione sulle mostre di arti visive (vita dura per gli eventuali pronipoti locali di un eventuale George Grosz).

Eppure… eppure l’art. 127 della Costituzione vigente stabilisce a chiare lettere che «La creazione artistica e culturale è libera e senza restrizioni. Gli operatori culturali hanno piena libertà di scegliere forme e modalità espressive». L’Accordo Ministeriale sopra indicato cancella del tutto queste semplici paroline costituzionali: «senza restrizioni» e, soprattutto, annulla la libertà di scelta delle forme e delle modalità espressive, che sono la caratteristica essenziale di ogni forma artistica.

Il ministero dell’Interno è infatti l’istituzione incaricata della concessione del nulla osta per qualsiasi «attività, evento o spettacolo pubblico che soddisfi determinati requisiti», senza specificare quasi siano e lasciando in tal modo un ampio margine di discrezionalità ai decisori. In caso di «mancato rispetto delle disposizioni normative» sono previste multe e pene non specificate. Come non è indicata la tipologia dell’infrazione, limitandosi a un generico «mancato rispetto delle disposizioni del presente regolamento», che significa tutto e niente.

Il testo della normativa non lo dice, ma pare ovvio che siano escluse da questa procedura tutte le attività artistiche organizzate dall’orteguismo al potere, nelle quali mai mancano gruppi musicali o compagnie di ballo per allietare il colto e l’inclita. A tutti gli effetti con il recente Accordo Ministeriale non si proibisce l’arte in quanto tale ma la si sottomette all’approvazione governativa. Ovvero, ci si avvia a grandi passi verso un’arte di Stato (o di Partito, che in Nicaragua sono sinonimi), come fu nell’Italia fascista, nella Germania hitleriana e nell’Est Europa di staliniana memoria.

Chissà se tutto ciò che verrà proibito, con una motivazione o con l’altra, entrerà in un catalogo di «arte degenerata» (l’entartete Kunst del 1937).

Tanto per fare un esempio: già oggi Nicaragua, Nicaragüita può essere tranquillamente intonata nelle manifestazioni ufficiali dell’orteguismo, ma se uno la canticchia per strada… così come la bandiera nazionale è proprietà privata dell’orteguismo e si rischia non poco a sventolarla autonomamente. È pericoloso persino addobbare una festa privata con palloncini alternati bianchi e azzurri o per una ragazza indossare un guipil con i colori nazionali.

Nell’epoca dell’antica Roma, con la sua radicale avversione nei confronti delle iniquità e delle ingiustizie, Decimo Giunio Giovenale sintetizzò brillantemente le aspirazioni del popolo, affermando che «due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi» e al tempo stesso individuò la “ricetta” della strategia politica demagogica sulla quale si basava mantenimento del potere.

Poiché i circenses saranno soltanto quelli organizzati o autorizzati dall’orteguismo, resta il panem. Per meglio dire: dovrebbe restare. Il condizionale è d’obbligo.

Poiché gli organismi internazionali preposti (OPS, UNICEF, FAO…) affermano che negli ultimi anni in Nicaragua è aumentata la denutrizione acuta e l’orteguismo non riesce a garantire il panem per tutti (parecchie migliaia di bambini dai 0 ai 6 anni risultano denutriti o sottoalimentati), nei comunicati ufficiali e nella propaganda non si utilizza più il termine «denutriti», sostituito da «attenzionati», eufemismo della neolingua che non muta la sostanza del problema ma tenta di occultarlo come si fa con la polvere nascosta sotto il tappeto. Esattamente come è descritto nel 1984 di Orwell: «Gran parte delle pubblicazioni a tema politico degli ultimi cinque anni era di colpo obsoleta. Rapporti e documenti d’ogni tipo, giornali, libri, volantini, film, colonne sonore, fotografie… tutto da rettificare alla velocità della luce».

Nell’opuscolo del MINSA (Ministerio de Salud) relativo al Plan Nacional de Seguimiento al Estado Nutricional de los Niños entre 0 a 6 años pubblicato nel novembre 2023 era riportata la dicitura: «Niñ@s identificados con desnutrición aguda en seguimiento para mejorar su estado nutricional», ma in quello del febbraio 2024 scompare il termine «desnutrición aguda»: «Atenciones a niñ@s para vigilar y mejorar su estado nutricional».

Sempre nei documenti del MINSA è indicato che dal 9 luglio 2023 al 3 febbraio 2024 ben 177.469 minori di sei anni sono stati attenzionati «per monitorare e migliorare il loro stato nutrizionale». A parte il fatto che esiste una terminologia concordata, accettata e utilizzata a livello internazionale, non è di secondaria importanza notare che questa «attenzione» è “venduta” nel mercato della propaganda come un risultato positivo da parte del Buon Governo del Comandante. «gracias a Dios».

La denutrizione acuta infantile è uno degli indicatori più importanti per “fotografare” lo stato di salute dell’intero Paese e il suo progresso generale: non solo incide sullo sviluppo fisico della persona, ma produce effetti negativi pure sulle capacità cognitive e intellettuali.

Stando ai dati ufficiali, nel 2023 la denutrizione cronica colpiva il 7,8% dei bambini dai 0 ai 6 anni e la denutrizione acuta il 3,9%. Ovvero, l’11,7% della popolazione infantile aveva notevoli problemi nutrizionali, incidendo sulla crescita e indebolendo il sistema immunitario. Lo stesso si può dire per la fascia d’età compresa tra i 6 e i 14 anni.

Se non fosse tragico, potrebbe sembrare ridicolo il fatto che la denutrizione cronica (che significa permanente e irreversibile) sia ufficialmente calata al 7,8% dall’8,2% del 2022. Purtroppo all’orteguismo manca totalmente il senso del ridicolo. Chissà, un giorno potrebbe persino affermare che il Buon Governo del Comandante DOS, sempre «gracias a Dios», ha eliminato completamente gli zoppi, facendo ricrescere sani e robusti i loro arti inferiori. In un prossimo futuro si prevede pure la possibilità di moltiplicare almeno i pani se non anche i pesci… e, come nell’El Dorado, le strade saranno lastricate da ciottoli d’oro.

I dati forniti dal MINSA non solo sono descritti con una terminologia edulcorata ma non indicano in quali specifiche condizioni socio-economiche i minori gravemente denutriti siano costretti a sopravvivere: «Sus chavalos cuidan carros, venden agua, nada comen / Huelen pega y deambulan por las calles de Managua / La María se lamenta que su vida nunca va a salir de la miseria» (Luis Enrique Mejía Godoy, Pobre la María).

Stando ai dati del pre-censimento effettuato nel 2023 dall’INIDE, organismo statale, il 6,4% della popolazione vive in abitazioni (altro termine eufemistico della neolingua; leggasi: case di cartone) con condizioni di estrema povertà: circa mezzo milione. Sempre in base a questi dati ufficiali, delle persone censite il 10,9% è compreso tra 0 e 5 anni di età, il 16,4% tra i 6 e i 14 anni e il 12,3% tra i 15 e i 18 anni. Il totale dei minori è il 39,6%, il che significa che circa 200mila sono minori.

Con buona pace dell’art. 64 della Costituzione: «I nicaraguensi hanno diritto a un’abitazione dignitosa, confortevole e sicura».

Con buona pace delle parole di una vecchia canzone assai popolare degli anni del somozismo: «Qué triste / Vive mi gente / En las casas de cartón».

È evidente e innegabile che il problema della denutrizione infantile e adolescenziale è strettamente connesso a quello della povertà e della povertà estrema di un buon numero di famiglie, fenomeni sociali che le statistiche ufficiali affermano essere in costante diminuzione nonostante l’aumento della disoccupazione, della sottoccupazione e del mercato informale (fenomeni che portano alla crescita dell’emigrazione economica). Un esempio per tutti: nelle sole zone franche, durante il 2023 oltre 18mila lavoratrici e lavoratori hanno perso il loro impiego, stando ai dati forniti dal Banco Central. Ben sei maquilas hanno chiuso i battenti e nel complesso le esportazioni dei prodotti di quelle ancora in attività sono diminuite complessivamente dell’8,95%.

La situazione economica costringe alla disoccupazione migliaia di lavoratori e lavoratrici che, per non morire di fame cercano e non sempre trovano un’occupazione sempre meno retribuita: la sottoccupazione è un fenomeno dilagante, ma bisogna pur mangiare! Quando aumenta il numero di chi cerca un lavoro (che Marx definì a suo tempo: esercito industriale di riserva), è evidente che ci si adatta a ricevere un salario anche insufficiente per la sopravvivenza e aumenta la concorrenza al ribasso. Neppure il salario minimo non è sufficiente a sopravvivere per chi lavora in regola. Al tempo stesso, quello che eufemisticamente è definito «mercato informale» è nulla più che lavoro in nero, senza tutele né controlli.

Stando ai dati della Banca Mondiale, nel Nicaragua di oggi ben 240mila persone sono costrette a sopravvivere con meno di 100 dollari al mese (3,2 al giorno). Ciò significa una sempre maggiore indigenza e l’impossibilità di nutrirsi in modo perlomeno decente. Socialismo alla nica, ovvero socializzazione della miseria.

Secondo un documento dell’UNICEF relativo al periodo 2019-2023 il 50,1% delle persone che vivono nelle zone rurali del Paese è in povertà e il 16,3% in povertà estrema. Soltanto il 14,8% di coloro che vivono nelle aree urbane è in povertà e il 2,4% in povertà estrema: «En la Capital era lo mejor pa’ salir de pobre» (Pobre la María).

Dal 2018 a oggi il Buon Governo del Comandante (y la compañera) ha soppresso oltre 3.000 ONG, circa duecento delle quali operavano nel settore dell’infanzia con svariati programmi che ne alleviavano le misere condizioni di vita.

Fino a quando, però, la propaganda potrà utilizzare in modo efficace tutte le “armi” a sua disposizione, dall’occultamento dei dati reali al controllo delle attività artistiche all’utilizzo di eufemismi, per mantenere uno statu quo decisamente non tollerabile? Che lo si voglia o meno, a forza di tirarla, la corda è destinata a rompersi. E persino una catena non è più forte del suo anello più debole, affermò qualcuno oltre un secolo or sono. Pare che usasse lo pseudonimo Lenin.

Per il momento, comunque, la scelta principale è quella di andarsene dal Paese: nei primi tre mesi di questo 2024 Migración ha rilasciato oltre 64mila nuovi passaporti e oltre 10mila permessi per l’espatrio di minori. Nel 2023 furono rilasciati quasi 300mila passaporti. Nel 2022 quasi 200mila.

Nel decennio degli anni Ottanta si calcola che in totale furono circa 200mila i nicaraguensi che uscirono dal Paese a causa del blocco economico-commerciale e della guerra scatenata da Reagan tramite la contra, dal 2018 a oggi (sei anni) sono stati oltre 650mila. Si tratta di una differenza che fa pensare, o perlomeno dovrebbe far pensare.

È attualmente in pieno svolgimento il censimento delle persone e delle abitazioni, che si concluderà in giugno: circa novemila persone andranno di casa in casa in tutti i municipi per “fotografare” la situazione del Paese. L’ultimo censimento, prima di questo, si svolse dal 28 maggio all’11 giugno 2005: quasi vent’anni fa, nonostante che la normativa in vigore preveda che si svolga ogni dieci anni: il Buon Governo del Comandante aveva ben altro da fare che rispettare la legge e sapere esattamente qual era la condizione del Paese, quanti abitanti c’erano e in che tipo di abitazioni vivevano.

In questo panorama desolante, fa riflettere l’invito governativo rivolto alla popolazione, di «comunicare con fiducia le informazioni statistiche richieste dai sondaggisti». Nelle alte sfere del potere si dubita che possano essere fornite informazioni non rispondenti alla realtà? Non solo: «Invitiamo tutta la popolazione ad aprire le porte al censimento, che è di tutti i nicaraguensi».

Questi calorosi e reiterati inviti alla fattiva collaborazione forniscono una “fotografia” sul rapporto che esiste tra il potere e la cittadinanza: fiducia ormai ridotta ai minimi storici se esiste persino il timore che i cittadini non aprano la porta di casa e non lascino entrare i sondaggisti. Questa distanza sempre più siderale è dimostra dall’incremento, anno dopo anno, dell’emigrazione (con o senza passaporto). Mostra pure, con evidenza, la debolezza del sistema di potere.

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Dal Programma storico del FSLN, 1967:

La Rivoluzione Popolare Sandinista eliminerà le ingiustizie delle condizioni di vita e di lavoro sofferte dalla classe operaia sotto il brutale sfruttamento a favore della legislazione sul lavoro e assistenza sociale.

[…] Il reddito del lavoratore (stipendio e altri benefici) deve essere sufficiente per soddisfare le sue esigenze quotidiane.

[…] Eliminerà la piaga della disoccupazione.

[…] Avvierà e svilupperà la costruzione di alloggi adatti alla popolazione contadina.

Redazione
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