Nicaragua: tra sogno e realtà, fra archelingua e neolingua

Le purghe proseguono: se questo è socialismo, se lo possono tenere

di Bái Qiú’ēn

Nel paese della bugia, la verità è una malattia (Gianni Rodari, maggio 1993).

Borrón y cuenta nueva, y vamos adelante (Daniel Ortega, 10 gennaio 2022).

Mettere in crisi la religione tradizionale, privare il potere di sacralità, smontare il sapere esibito dai più, per instillare nelle menti il tarlo del dubbio, provocare il gusto della ricerca, chiedere sempre il significato delle parole anche se a parlare è un potente, non accontentarsi mai del principio di autorità, infondere il bisogno di pensare (Vito Mancuso, I quattro maestri).

Il sabato 15 ottobre appena passato non è stato certamente un giorno da ricordare con piacere per l’avvocato e giornalista Roberto Larios Meléndez, da oltre 20 anni portavoce del Potere Giudiziario. Il giorno precedente una squadra della Psicopolizia ha perquisito il suo ufficio presso la Corte Suprema di Giustizia (CSJ) poi, all’alba, si è presentata nell’abitazione nel barrio Aurelio Carrasco a El Viejo (Chinandega) e lo ha trasferito in una confortevole cella a Managua.

Ex combattente anti-somozista, ritenuto un fedelissimo ortodosso dell’orteguismo, un frenetico sostenitore di qualsiasi azione poliziesca o giudiziaria contro ogni forma di opposizione e un implacabile accusatore di qualsiasi giornalista non embedded, mentre scriviamo non si conoscono ancora le ragioni ufficiali del suo arresto. Anzi, ufficialmente neppure è stato comunicato il suo arresto. Stando alle classiche voci di corridoio, pare che il suo peccato capitale sia quello di aver semplicemente espresso alcune critiche sul trattamento scarsamente umanitario riservato ai carcerati politici, il che, automaticamente, comporta l’accusa di cospirazione per minare l’integrità nazionale, ovvero di tradimento alla Patria. Oltre a ciò, pare che abbia mantenuto stretti e continui contatti con l’esule Rafael Solís Cerda che, l’8 gennaio 2019 scrisse una lettera a Daniel, rinunciando all’incarico ultraventennale di vicepresidente della CSJ e persino alla militanza nel FSLN: «Spero che avvenga un miracolo e che tu rifletta, e torni sulla strada del Dialogo Nazionale e della vera riconciliazione del Paese». Solís non era l’ultimo arrivato: il 3 settembre 2005 fu testimone di nozze della coppia presidenziale, intimo della famiglia presidenziale. Prontamente sostituito nell’incarico da Marvin Aguilar García. Poco tempo dopo Solís, altri magistrati della Corte Suprema avevano rinunciato all’incarico: Carlos José Aguerri Hurtado (16 gennaio 2019) e José Adán Guerra Pastora (10 aprile 2019).

Nonostante un ventennio di fedele servizio nel quale si è sempre e costantemente dimostrato più papista del Papa, Roberto Larios si è dovuto bruscamente risvegliare dal sogno per entrare nella realtà fotografata dall’ultimo sondaggio Cid-Gallup sul gradimento dei vari governanti latino-americani: Daniel è al 37%, percentuale ormai considerabile come storica (2006: 38,07%), ma non sufficiente per avere la maggioranza assoluta nell’Asamblea Nacional. Ammesso che quella odierna possa ancora chiamarsi «Rivoluzione», è triste dover constatare che, dopo aver divorato le basi ideali sulle quali si fondava, sta spolpando persino i propri uomini e le proprie donne più fedeli, per una parola di troppo o per una frase male interpretata. Ci pare evidente la similitudine con il dio pre-olimpico Kronos della mitologia greca (Κρόνος), al quale un oracolo aveva predetto che uno dei suoi neonati, una volta cresciuto lo avrebbe spodestato. Per cui, deciso a mantenere il potere a ogni costo, li divorava uno a uno.

Qualche giorno prima di Roberto Larios, infatti, sono state cacciate Ruth Esperanza Tapia Roa, direttrice della CSJ, e Katia Zelda Jaentschke Acevedo, direttrice delle Relazioni internazionali del Potere giudiziario. Pure loro, da anni, servitrici e serve fedelissime del Potere: Tapia Roa, in qualità di diplomatica, è stata in precedenza la rappresentante presso l’UNESCO e l’OEA. Katia Zelda è la figlia dell’ex viceministro degli Esteri Valdrack Ludwing Jaentschke Whitaker. L’ordine di cacciata era arrivato direttamente dall’ufficio di presidenza della Repubblica, ossia da El Carmen, abitazione privata trasformata in sede del Potere suddetto. Negli ultimi mesi, stando a fonti ufficiose, numerosi magistrati sono stati sollevati dai loro incarichi e parecchi hanno deciso di uscire dal Paese e vivere in esilio. Altri hanno deciso di andarsene in esilio volontariamente, prima di sperimentare sulla loro pelle ciò che avevano ricettato a vari oppositori.

Se non è chiaro quale terribile reato abbia commesso Roberto Larios (stando alla convocazione dell’autista si potrebbe presumere: omicidio), in compenso, si sa che il lunedì successivo Luis Alberto Pérez Olivas, direttore della Dirección de Asistencia Judicial (DAJ), come è pomposamente definito il sistema penitenziario, ha convocato Félix Adolfo Díaz Gradiz, da tre anni autista dell’arrestato, per un interrogatorio eufemisticamente denominato «intervista»: «para que se presente ante el departamento de homicidios con el objetivo de entrevista». Fragile strumento quello delle parole, alle quali ciascuno può assegnare un proprio valore, diverso e anche opposto rispetto da quello d’uso comune. Del resto, per quanto i significati delle parole siano teoricamente predefiniti dall’uso linguistico (koiné), possono mutare quando lo vuole il Potere (potestà d’imperio in qualunque sistema politico): «Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire […] un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero».

La neolingua orwelliana (Newspeak), manipolazione del linguaggio con la quale il Grande Fratello spera di riuscire a unificare il pensiero per mantenersi indefinitamente al potere, in Nicaragua ha ormai sostituito la archelingua, quella originaria e archetipica, comunemente utilizzata. Il «parla come mangi» è ormai stato rimpiazzato con il «parla come voglio io e non pensare con la tua testa», il cui scopo ultimo è quello di uniformare il pensiero e burocratizzare il linguaggio.

Stando al dizionario di Tullio De Mauro, secondo i vetusti canoni dell’archelingua un’intervista è un «colloquio tra un giornalista e un personaggio del mondo politico, culturale e sim. o una persona coinvolta in fatti di cronaca, per ottenere dichiarazioni, informazioni e opinioni da diffondere pubblicamente attraverso i mezzi di comunicazione». All’opposto, l’interrogatorio è una «serie di domande rivolte dalla polizia a un sospetto o a un testimone nel corso di un’indagine». Nel Diccionario de la Real Academia Española (2014), le definizioni non sono molto diverse. La differenza sostanziale di significato tra le due parole risulta evidente pure a un non vedente, purché ancora ragionante: dubitiamo fortemente che le dichiarazioni dell’autista (testimone?) saranno rese di pubblico dominio, come del resto le domande.

Mentre attendiamo la pubblicazione dell’intervista-interrogatorio a questo autista (attesa sicuramente vana, poiché nessun mezzo di comunicazione ufficiale ha parlato dell’arresto del magistrato), il tritacarne nel quale chiunque può finire a prescindere dalla posizione che ricopre e alle volte nonostante le protezioni politiche (che non sono eterne), continua a macinare un magistrato dopo l’altro: il 18 ottobre la presidentessa della Sala Civil della stessa Corte Suprema di Giustizia da otto anni in carica, Ileana Pérez López è andata a fare compagnia a Roberto Larios. Assieme a lei, è stata arrestata pure la sua assistente. Non è dato sapere se i due casi siano correlati o se si tratta di situazioni distinte; è però notorio che Ileana Pérez era la madrina politica di Larios e gode della protezione di Néstor Moncada Lau, consigliere presidenziale per la sicurezza nazionale e da un quarantennio braccio destro di Daniel. Mentre gli altri magistrati probabilmente pregano h24 per non finire nelle patrie galere, il mutismo della Corte nicaraguense e di qualsiasi altro organo istituzionale è, come si dice, assordante.

Potremmo terminare con una citazione di Hannah Arendt: «Il suddito ideale del regime totalitario [è] l’individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più» (Le origini del totalitarismo, 1951, p. 649), ma preferiamo far riflettere i lettori sul fatto che, a pesar de todos los pesares, potrebbe arrivare anche in Nicaragua uno Zeus che spodesta Kronos, imprigionandolo nel Tartaro dietro alte e inespugnabili mura con robuste porte di bronzo.

N.B.: Per dovere di completezza cronachistica, pochi giorni dopo l’arresto Ileana Pérez López è stata rilasciata, qualcuno afferma per interessamento diretto di Moncada Lau, e non è fantapolitica pensare che la breve carcerazione sia stata un avvertimento. Il successivo 21 ottobre ha comunque rinunciato alla carica presso la CSJ, decisione accettata il 24 dall’Asamblea Nacional: «Me dirijo a ustedes a fin de presentar mi renuncia al cargo de magistrada de la Corte Suprema de Justicia» per non meglio specificati «motivos de salud que requieren de atención, poniendo a disposición el cargo». Nelle stesse ore, secondo la versione ufficiale l’ex presidente cinese Hu Jintao ha ufficialmente avuto un malore, per cui un paio di “infermieri” in giacca e cravatta lo ha più o meno dolcemente allontanato dalla sala del XX congresso del Pcc.

Dobbiamo confessare che, udendo le note dell’Internazionale in conclusione dei lavori congressuali («Non c’è mai stato un salvatore, / Non una fata né un imperatore / Nemmeno gli eroi, / Salva te stesso da solo!» trad. versione cinese), ci sono tornate in mente le parole che pronunciammo la sera del nostro rientro dall’URSS nell’ormai lontano 1971, quando nostro padre ex partigiano, comunista e dirigente sindacale, che aveva viaggiato varie volte nei Paesi del socialismo reale e aveva fortemente condannato l’invasione di Praga da parte dei carrarmati del Patto di Varsavia, ci chiese: «Allora?».

«Se quello è socialismo, se lo possono tenere».

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