Nicaragua: uno strano «no», un 19 luglio …

… incredibile e altro che sorprende

di Bái Qiú’ēn

Il Nicaragua è un Paese dove ogni giorno accadono innumerevoli minuscole vicende che, prese singolarmente, poco significano. Ma che, messe assieme generano un nonsoché nella scatola cranica di chi non è totalmente omogeneizzato e pastorizzato.

Era questo il difetto intrinseco delle storie, delle ricerche sugli avvenimenti umani: esaminare e tener conto solo di una parte dei documenti. E questa parte veniva scelta non dalla volontà storica, ma dal pregiudizio partigiano, tale anche se inconsapevole e in buona fede. Le ricerche avevano come fine non la verità, l’esattezza, la ricreazione integrale della vita del passato, ma il rilievo di una particolare attività, il mettere in valore una tesi aprioristica. La storia era solo dominio delle idee (Antonio Gramsci, «Il nostro Marx», 1918).

I

Il Nicaragua è un Paese dove ogni giorno accadono innumerevoli minuscole vicende che, prese singolarmente, poco significano. Ma che, messe assieme generano un nonsoché nella scatola cranica di chi non è totalmente omogeneizzato e pastorizzato. Lasciano dubbi e perplessità sulla logica che sottende a detti eventi. La maggior parte di queste piccole storie può essere letta come note di colore e non sono mai state raccontate nel nostro bel Paese «dove il sì sona». Eppure, nella loro apparente minimezza e più di qualunque analisi approfondita, indicano in modo evidente l’atteggiamento concreto degli inquilini di El Carmen: Daniel, Rosario e famiglia al completo, con il loro seguito di cortigiani e leccapiattini interni ed esteri.

Ci limiteremo a un paio di eventi. Lasciando per il momento da parte l’attualità quotidiana, vediamo il primo di questi episodi ormai facenti parte della storia recente, risalente alla fine del 2017. Non stiamo parlando del secolo scorso, bensì di un piccolo e quasi insignificante fatto accaduto solo alcuni mesi prima delle proteste (o del golpe blando, secondo le interpretazioni). In un periodo nel quale era assai comune sentire i mugugni espressi dai militanti sandinisti su una innumerevole quantità di questioni. La lamentela più comune era: questi ci chiamano solo per il 19 luglio o per andare a votare; poi fanno, disfano, decidono, cambiano idea, rifanno, ridisfano, ricominciano daccapo, riscrivono, cancellano… senza mai chiederci cosa ne pensiamo. Come meravigliarsi se pochi mesi dopo, nell’aprile-maggio del 2018, la maggior parte delle centinaia di migliaia di persone che scesero in piazza erano militanti o simpatizzanti sandinisti?

Veniamo al casus belli. Un bel giorno, sui quotidiani locali comparve un laconico comunicato del segretario generale della Universidad Nacional Autónoma de Nicaragua (UNAN). Immediatamente ripetuto dai vari canali televisivi e radiofonici: «Por razones de fuerza mayor, el expresidente de Uruguay, compañero Pepe Mujica, no viajará a nuestro país en la fecha prevista». La nota era firmata dal segretario generale della UNAN Luis Alfredo Lobato Blanco e la data era il 23 novembre 2017 (questo giurista di origini asturiane, ex militante del Partito comunista spagnolo, arrivò in Nicaragua nel febbraio del 1980 e decise di restarvi de por vida).

Sabato 25 novembre 2017 questa università, l’unica pubblica del Paese, avrebbe dovuto insignire José Alberto Mujica Cordano della laurea honoris causa in «educación y humanidad». Cerimonia programmata nell’auditorio della UNAN, ma rinviata a data da destinarsi: «hasta una nueva fecha que será comunicada oportunamente». I mezzi di comunicazione ufficiali, da alcuni giorni, ne parlavano come se fosse un evento storico di rilievo epocale. Del resto, Pepe era ed è visto come un modello morale dalla sinistra mondiale, uno che non ha peli sulla lingua e dice pane al pane. Peccato, perché grazie ad alcune conoscenze eravamo riusciti a ottenere la possibilità di ascoltare dal vivo la sua Lectio magistralis.

Nei giorni precedenti, chiacchierando con alcuni vicini di casa, tutti militanti sandinisti da una vita e alquanto invidiosi per la possibilità che loro non avevano, ricavammo la netta impressione che l’ex guerrigliero tupamaro godesse non solo di una notevole simpatia, ma di un elevato prestigio. Tanto da metterlo alla pari di Camilo Torres e di Salvador Allende: «Es muy buena gente». Qualcuno azzardò persino un paragone in negativo con i governanti locali: mentre questi viaggiano con camionetonas (Suv) da cinquantamila dollari con aria condizionata e la bandierina del FSLN sul cruscotto, lui va in giro con un viejo escarabajo azul destartalado… mera chatarra (un vecchio scarabeo blu scassato, puro rottame, ossia un vecchio maggiolino Volkswagen).

Qualcuno, decisamente più encachimbeado di altri, aggiunse che Pepe si era tagliato lo stipendio da Presidente restando con 2.000 dollari al mese e poi aveva rinunciato totalmente a quello di senatore, mentre Daniel ne intascava circa 3.500 (e Rosario Murillo poco meno), nel secondo Paese più povero del continente e con i salari più bassi del Centro America.

Chissà quali erano le ragioni di forza maggiore che gli avevano impedito di viaggiare a Managua? La vis maior dei latini segnala un fatto che non si può né evitare né prevedere. Eppure, nessun uragano in vista, anche perché era appena terminato il periodo. Pure per quanto riguarda el invierno, la stagione delle piogge, era già finito. Gli edifici della UNAN di Villa Fontana erano ancora in piedi e nessun terremoto né temblorcito li aveva minimamente lesionati. Insomma, ancora oggi non abbiamo una spiegazione possibile per quella causa di forza maggiore. Solo una semplice ipotesi. E, come tale, non provabile al di là di ogni ragionevole dubbio.

La segretaria personale di Pepe, María del Carmen Minacapilli Hermida, informò la stampa che «el gobierno fue el que canceló». E suggerì agli insistenti giornalisti di rivolgersi direttamente al ministro degli Esteri nicaraguense Denis Moncada «qué fue lo que pasó». Dal canto loro, nessun governante del Paese socialista, cristiano y solidal fece un minimo riferimento alla cancellazione della cerimonia. Alla quale avrebbe dovuto partecipare pure Daniel. Tutti i mezzi ufficiali di comunicazione furono colpiti da una improvvisa e contagiosa forma di mutismo, trasformandosi nella dea romana Tacita Muta. «Un bel tacer non fu mai scritto».

Cosa era successo? Il giorno prima, a Panamá, la locale Universidad Estatal aveva conferito a Pepe una laurea honoris causa. I governanti panamensi non sprecarono l’occasione per dimostrare al mondo un volto democratico, progressista e onesto che non gli apparteneva, tanto che fu ricevuto dal presidente Juan Carlos Varela Rodríguez, in quel periodo sospettato di corruzione e lavaggio di denaro nello scandalo brasiliano Odebrecht (nel luglio del 2020, un anno dopo la scadenza del suo mandato, è stato formalmente accusato dalla giustizia panamense e nel maggio del 1921 è stato llamado a juicio).

Poi, al Parlatino (Parlamento latinoamericano), in occasione della apertura della XXXIV assemblea ordinaria, Pepe aveva fatto un durissimo discorso contro la corruzione che non solo «es tan vieja como el mundo», ma «sabotea el desarrollo social de los países».

«La vera battaglia contro la corruzione è il mutamento culturale. Non sono più felice perché ho un sacco di soldi, sono felice perché ho il tempo per fare le cose che mi piacciono. […] Non sto difendendo la povertà, ciò che sto difendendo è il senso di una vita sobria».

Nessuna versione ufficiale ha motivato il «no» del Governo socialista nicaraguense all’ingresso di Pepe nel Paese che stava vivendo la favolosa «segunda etapa de la Revolución». Esempio palmare della scarsissima «educación y humanidad» di quella «fuerza mayor», che noi leggiamo come puro e semplice «ordine dall’alto». Al quale l’università autonoma si è prontamente adeguata, «usa obbedir tacendo» come sono solite fare tutte le istituzioni statali e pubbliche. E, anche se da parte nostra abbiamo una certa idea sulla motivazione, non vogliamo defraudare i lettori di un loro libero ragionamento.

Resta solo da dire che, per l’onorificenza a Pepe, deve ancora arrivare la «nueva fecha» (pare fissata al 32 febbraio 2078, ma potrebbe subire ulteriori dilazioni) e che, alla fine di gennaio del 2021, il meritevole Luis Lobato è stato nominato vice-rettore. Siamo troppo maligni se pensiamo che fra un paio di anni sparirà il “vice”?

II

È probabile che qualcuno fra i lettori abbia sentito parlare del White House Bible Study Group.

Non era un complesso rap e oggi, comunque, non è più in attività. Però, nel periodo di Trump era, stando alla traduzione letterale, un gruppo di studio biblico che si riuniva alla Casa Bianca per oltre un’ora tutti i mercoledì. Di carattere evangelico e senza obbligo di presenza: in yankeeland sono davvero democratici e tolleranti. ¡Vaya timo!

Nulla di male se i politici si mettono a leggere un testo sacro. Ma…

I dieci membri-sponsor, ossia i capi, facevano tutti parte del Gabinetto. Fra loro: Mike Pence, Mike Pompeo, Tom Price, Rick Perry e Betsy Devos. Ovvero, alcuni dei personaggi più potenti del mondo. Nel gruppo dei fedeli seguaci vi sono tuttora parecchi senatori repubblicani, una cinquantina (praticamente tutti), e fra loro spiccano Ted Cruz, Marco Rubio e Jeff Sessions. A quanto pare, stando alle dichiarazioni ufficiali, l’ex mazi-presidente dalla capigliatura improbabile non frequentava questi incontri settimanali delle Sturmtrumpen. Però, quasi tutti i giorni nella ben nota Stanza Ovale si recitavano le preghiere, prima di iniziare a governare. Quali orazioni fossero, non è dato sapere.

L’organizzatore di questa chiesa di alto livello è un popolare cestista ormai in pensione, alto quasi 2,20 metri: per la precisione 7 piedi e 2 pollici. Con la rispettabile stazza di oltre un quintale (250 libbre). Questo gigante si chiama Ralph Tim Drollinger, nato in California nel 1954 (California über alles). In gioventù era poco incline alle faccende religiose, ma un bel giorno rimase folgorato sulla via di Damasco: mentre ancora giocava a pallacanestro (NBA) si scoprì con la vocazione di predicatore evangelico. I suoi detrattori affermano che la conversione avvenne mentre osservava in tv un cartone animato di Wilcoyote, con il cane pastore Ralph (suo omonimo) che protegge le pecorelle del gregge dai tentativi di Willy. Non sorridete, per carità: le vie del Signore sono infinite e si manifestano nei modi più impensati.

Così, dopo svariate attività pastorali, nel 1997 fondò la Capitol Ministries, per predicare il Verbo fondamentalista ai parlamentari statunitensi: «evangelize elected and appointed political leaders and lead them toward maturity in Christ». Ostile all’immigrazione (nonostante che la Sacra Famiglia avesse dovuto emigrare in Egitto), antifemminista (nonostante Maria di Magdala), antiambientalista e anti-lgbt+, negazionista del cambio climatico, ovviamente anti-islamico. E chi più ne ha, più ne metta, a partire dalla origine divina della proprietà privata e, pertanto, dello stesso capitalismo. Con una naturale vocazione sovranista che lo accomuna direttamente a Steve Bannon & Co. Non siamo riusciti ad appurare cosa pensi dei niggers… di sicuro non ama molto i musi gialli. Comunque, nel marzo del 2020 aveva dichiarato che il Covid-19 era una punizione divina per l’omosessualità. Detto di passaggio, considera il cattolicesimo una falsa religione («is one of the primary false religions in the world») e, di conseguenza, è uno dei più acerrimi nemici di Papa Francesco.

In poche parole, è un vero e proprio esemplare della destra più becera e retriva, che fornisce giustificazioni bibliche ad hoc per le scelte politiche più reazionarie. Come se ci fosse la necessità di doverle legittimare con la parola divina! Ma «In God we trust» è scritto sui dollari. E si sa che Dio non è proprio di sinistra… almeno quello in cui crede fervidamente Drollinger.

Se fosse per lui, farebbe sprofondare nelle fiamme della Geenna sia Cuba sia il Venezuela. Perché questo è il volere del suo Dio degli Eserciti, che è assai lontano da «el Dios que suda en la calle, el Dios de rostro curtido». Vox Dei: basta leggere la Sacre scritture per rendersi conto della condanna divina sia del castrismo sia del chavismo. È scritto nero su bianco.

E il Nicaragua, direte voi? Il terzo elemento della cosiddetta «troika latinoamericana del Male» che fine ha fatto?

A parte che gli Stati Uniti sono uno dei principali partner commerciali del Nicaragua, ci credereste se vi dicessimo che il 19 luglio 2019, due anni fa, in occasione del 40° anniversario del trionfo della Rivoluzione popolare sandinista, Drollinger fu invitato a Managua da Daniel, su suggerimento della stravagante vicepresidenta? Poco più di un anno dopo i tragici fatti dell’aprile 2018, pianificati, organizzati e finanziati dai gringos, secondo la stessa propaganda orteguista. Con viaggio e permanenza di quattro giorni a carico del popolo nicaraguense, che è il secondo più povero del continente. Naturalmente, lui e il suo seguito furono accolti con tutti gli onori, con bombo y platillo.

Il testo dell’invito ufficiale, che inutilmente cerchereste sui siti ufficiali nicaraguensi (fatevi una domanda e datevi una risposta), è riportato in inglese su quello del Capitol Ministries.

Ci credereste se aggiungessimo che questo soggetto poco raccomandabile parlò dal palco? In giacca, camicia e cravatta… al caldo afoso che si sprigiona dalle acque inquinate del poco distante Xolotlán.

¡Chocho!, questa è troppo grossa! Non me la bevo!

Avreste tutte le ragioni per dubitare, anche se un detto nicaraguense ricorda che «hasta Pilato alcanzó en el Credo». Eppure… in rete ci sono un sacco di video dell’evento. «Negli Stati Uniti d’America, abbiamo scoperto che è essenziale che i nostri leader politici abbiano fra loro un insegnante della Bibbia». I dieci minuti del suo discorso (compresa la traduzione in spagnolo), sono stati osannati da tutti i mezzi di comunicazione ufficiali. Del resto, che potevano fare? Dopo una breve omelia di ringraziamento da parte di Rosario, sia lei sia Daniel sia la figlia Camila sono andati a congratularsi con calorose strette di mano. Se non fosse stato per la differenza di altezza, lo avrebbero calorosamente abbracciato e baciato. Comunque, L’Inno alla gioia ha fatto da sottofondo musicale per questo plateale volemose bbene: «Ven y canta, sueña cantado, vive soñando el nuevo sol».

Un doppio salto mortale carpiato dalla teologia della liberazione e dalla opción para los pobres. Da record olimpionico. Sarà a causa delle nostre limitate capacità intellettuali che si fermano al «Dimmi con chi vai», ma proprio non comprendiamo l’idea che per combattere la destra sia necessario spostarsi sempre più a destra (pur fingendo nei discorsi ufficiali che ciò non sia). Esattamente come è avvenuto e avviene quotidianamente da noi, in Italia. Ai posteri l’ardua sentenza…

Il successivo 29 ottobre 2019, il giornalista freelance Mattathias Schwartz pubblicò un lungo articolo su The New York Times Magazine, intitolato «How the Trump Cabinet’s Bible Teacher Became a Shadow Diplomat» (Come l’insegnante biblico del Gabinetto Trump è diventato un diplomatico ombra). Informò che, prima di recarsi a Managua, Drollinger aveva discusso con Michael McKinley, principale consulente di Mike Pompeo. Il quale gli suggerì di declinare l’invito, adducendo una serie di motivazioni che tutti possiamo immaginare. Sentendo però nel profondo del proprio animo di dover partire «in missione per conto di Dio», salì sull’aereo e si recò a Managua. Del resto, Daniel e Rosario affermavano di essere vittime di un complotto internazionale organizzato dalle femministe, dagli omosessuali, dagli abortisti… sembianze terrene che spesso il Demonio assume per condurre al Male l’ignara umanità. Vade retro me, Satana!

A Managua, per prima cosa, Drollinger ebbe un incontro con Kevin Sullivan, l’ambasciatore gringo, e possiamo ben indovinare cosa gli raccontò sugli eventi accaduti dall’aprile del 2018 (anche se all’epoca l’ambasciatrice era Laura Dogu).

Abbiamo seri dubbi che le decine di migliaia dei militanti sandinisti presenti in Plaza de la Fe, arrivati fin lì a loro spese, sapessero (e sappiano tuttora) chi fosse questo personaggio gigantesco. Lo stesso vale per chi lo vide in diretta televisiva a reti unificate. Se questo Golia parla dal palco, deve essere per forza un nostro amico. Per cui, noi piccoli Davide applaudiamolo fino a spellarci le mani. Di certo non hanno compreso il motivo per cui lui e la consorte abbiano abbandonato il palco mentre parlava la vicepresidenta venezuelana Delcy Rodríguez, che ne diceva di cotte e di crude contro Trump e il suo staff, «enemigos de la humanidad». Forse, possono aver pensato, era a causa della maledizione di Moctezuma.

In ogni caso, coloro che dovevano sapere, sapevano: con questo gigante Daniel e Rosario si sono incontrati in forma privata il 20 luglio, al Centro de convenciones «Olof Palme», assumendo l’atteggiamento sommesso e sottomesso dei peccatori pentiti e ricevendo pure la sua benedizione. Mancava solo la cenere sulla testa e l’auto-flagellazione. Comunque, lontani da occhi curiosi e indiscreti. Però, qualche osservatore impiccione c’era: nello specifico, un tale Bill McCullough, come dimostrano le foto da lui scattate e pubblicate da organi di stampa non certo di sinistra, men che meno rivoluzionari. I quali, trovandosi di fronte a una notizia simile, per di più offerta su un piatto d’argento, ci hanno letteralmente sguazzato.

III

In compenso, qualcuno fra i nostrani megafoni di un orteguismo-chayismo ormai lontano anni luce dal sandinismo e dalla sinistra in genere, che in quel periodo scagliava i suoi giusti strali contro la «conventicola nazi-evangelica» della Casa Bianca (per inciso, senza mai nominare Drollinger), ha pensato bene di tacere. «Un bel tacer…» Parlare di un fatto simile poteva far sorgere qualche piccolo dubbio nel cervello dei propagandati e la propaganda non ammette incertezze di sorta: bianco o nero. Destra o sinistra. Esattamente come per la parola di Dio, occorre crederci ciecamente, senza pensare alla esistenza di migliaia di sfumature di grigio. O di omologhi e innumerevoli rimescolamenti di izquierecha. L’unico antidoto contro questo fuorviante modo di agire è la esposizione dei fatti, di tutti i fatti senza eccezione, cercando di fornire senza reticenze un panorama della realtà che sia il più possibile complessivo e obiettivo.

Poiché, solo per dimostrare al colto e all’inclita che lo ha annusato, a costui capita ogni tanto di fare riferimenti a vanvera al piccolo-grande sardo che abbiamo citato nell’epigrafe, vogliamo sommessamente ricordargli che «La verità deve essere rispettata sempre, qualsiasi conseguenza essa possa apportare, e le proprie convinzioni, se sono fede viva, devono trovare in sé stesse, nella propria logica, la giustificazione degli atti che si ritiene necessario siano compiuti. Sulla bugia, sulla falsificazione facilona non si costruiscono che castelli di vento, che altre bugie e altre falsificazioni possono far svanire» (Antonio Gramsci, «La conferenza e la verità», 1916).

Trovare uno straccio di giustificazione per quell’invito assurdo e incomprensibile a un anno dai fatti del 2018, che non fosse la comoda e generica «eresia ideologica» o una altrettanto improbabile «diplomazia informale», del resto, era praticamente impossibile. Sarebbe stato come tentare di legittimare uno Stalin che invita un Göbbels a parlare sulla Piazza Rossa il 7 novembre 1942, in piena battaglia di Stalingrado. Caso mai tenendosi per mano e intonando assieme: «La radio al buio e sette operai / Sette bicchieri che brindano a Lenin…»

Questo corifeo a scartamento assai ridotto non si domanda per quale motivo un fatto simile non avvenga né possa avvenire a Cuba o in Venezuela. È certamente più comodo negare la cronaca e la storia, nascondendo sotto il tappeto tutto ciò che potrebbe creare non auspicabili congetture. Del resto, lo ha fatto in questi giorni a proposito delle proteste cubane, ignorando e travisando le stesse parole di Díaz-Canel riportate sul quotidiano ufficiale Granma. I «revolucionarios confundidos» indicati dal Presidente cubano, grazie alla sua penna sono tutti diventati terroristi al soldo di Washington.

Eppure, tornando in Nicaragua, non potrà mai dire dire «non sapevo»: se potrebbe essergli sfuggito lo strano «no» a Pepe Mujica, in quell’incredibile 19 luglio 2019, godendosi un bel viaggio-premio ai tropici, era sullo stesso palco a pochi passi dal gigante Drollinger. Probabilmente applaudendolo fino a spellarsi le mani, per ottemperare al protocollo imposto dall’alto: ¡Rosario Murillo ordene! Pur non ignorando chi fosse e pur essendo un testimone oculare, ha coscientemente omesso di informare i suoi ignari propagandati. Ritenendoli non in grado di comprendere l’alta diplomazia di Daniel, il più grande statista esistente al mondo (parole sue) e mantenendoli nella perfetta ignoranza di ciò che avvenne quel 19 luglio non molto lontano nel tempo.

Ciliegina sulla torta e con una coerenza solidal-rivoluzionaria degna di miglior causa, ha approfittato di un volo pagato e di un comodo soggiorno gratuito all’Hotel Crowne Plaza (ex Intercontinental) sulla Loma de Tiscapa. ¡Qué tuani! A spese di quel popolo che in parte vive ancora in abitazioni fatiscenti o in casas de cartón e spesso non riesce a mettere in tavola los tres tiempos de comida.

Poiché, a quanto pare, la sua ideologia è assai simile a quella che Marx ed Engels definivano «falsa coscienza» (Die deutsche Ideologie), è assai probabile che ritenga che “socialismo” significhi socializzazione della miseria (degli altri, por supesto). Per cui, nel suo piccolo, per quale motivo non contribuire personalmente e fattivamente a mantenerne il livello esistente, indispensabile per poter continuare a propagandare in eterno la lucha en contra de la pobreza? Allo stesso modo in cui, «In un libretto su Ouvriers et Patrons (memoria premiata nel 1906 dall’Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi) è riferita la risposta data da un operaio cattolico francese all’autore dell’obiezione mossagli che, secondo le parole di Gesù riportate da un Evangelo, ci devono essere sempre ricchi e poveri: “ebbene, lasceremo almeno due poveri, perché Gesù non abbia ad aver torto”» (Antonio Gramsci, Quaderni del carcere).

Per mero dovere di cronaca, quel volo da oltre 1.500 dollari con annesso soggiorno solidale in hotel di lusso a 80 dollari al giorno, equivale a un anno di salario medio di un lavoratore nicaraguense. Altro che la solidaridad es la ternura de los pueblos! Se la cosa non fosse assai triste e scoraggiante, verrebbe da scompisciarsi dalle risa. Ma, poiché la solidarietà è fatta di tante piccole azioni concrete e con quei 2.000 dollari si poteva finanziare un micro-progetto, avrebbe potuto accettare l’invito ma viaggiando e soggiornando a proprie spese quel 19 luglio 2019. Sarebbe stato uno splendido esempio.

Non si tratta di invidia né di facile populismo da parte nostra, bensì di un invito alla coerenza fra il dire e il fare da parte di un propagandista che si auto-definisce senza se e senza ma.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *