#NiñasNoMadres

La campagna condotta dal sito web guatemalteco Nómada racconta l’allarmante scenario dell’America latina, dove un’opinione pubblica conservatrice e integralista conduce crociate contro l’aborto legale, sicuro e informato, mentre cresce in tutto il continente il numero di bambine e adolescenti vittime di abusi e violenze sessuali.

di David Lifodi

Secondo la Comisión Económica para América Latina y el Caribe (Cepal), in Latinoamerica più di 60mila bambine di età inferiore ai 14 anni sono madri. Questi dati risalgono al 2010 (furono presi in considerazione allora solo 11 paesi del continente) ed è assai probabile che nel 2019 il numero di coloro che fin da piccole sono state abusate e violentate sia cresciuto molto di numero. Nonostante i ripetuti allarmi lanciati sotto questo versante sia dall’Onu sia dalla Commissione interamericana per i diritti umani, l’America latina conservatrice e integralista ha condotto delle vere e proprie crociate contro l’aborto legale, sicuro e informato ed ogni programma di educazione sessuale.

La campagna informativa #NiñasNoMadres, condotta dal sito web guatemalteco Nómada, in collaborazione con Managua Furiosa (Nicaragua), Mutante (Colombia) ed Ojo Público (Perù), tra gli altri, è dedicata a raccontare l’allarmante scenario dell’America latina, dove coloro che commettono violenza sulle bambine spesso restano impuniti, mentre quest’ultime vengono criminalizzate quando scelgono di abortire, soprattutto in paesi come Perù e Nicaragua.

L’Encuesta Nacional de Salud Materno Infantil sottolinea che diventare madri nell’età adolescenziale in un paese come Guatemala è la norma. Un quinto delle ragazze tra i 15 e i 19 anni ha già affrontato almeno una gravidanza non pianificata. Tuttavia, sempre in Guatemala, la presenza di gruppi ultraconservatori fa si che l’aborto sia tollerato in un solo caso, quello terapeutico, quando il rischio di morte per la madre sia particolarmente elevato. Finora, integralisti cattolici ed evangelici hanno innalzato vere e proprie barricate all’insegna dello slogan No al aborto, sí a la vida  e i tentativi di promuovere l’approvazione di una legge che permetta a bambine e adolescenti di interrompere la gravidanza a seguito di violenze sessuali sono sempre andati a vuoto. In Guatemala la Ley para la protección integral, acceso a la justicia, reparación digna y transformadora para las niñas y adolescentes víctimas de violencia sexual, explotación y trata de personas ha  dovuto scontrarsi con una durissima opposizione, da cui è scaturita la pratica degli aborti clandestini, come evidenzia il rapporto Vidas robadas, incentrato soprattutto sui gravi rischi per la salute delle bimbe collegati al parto.

Se il Guatemala è uno dei paesi del continente latinoamericano in cui la situazione è più allarmante, non va meglio in Messico, dove su 10 violenze sessuali 4 sono commesse nei confronti di ragazze di età inferiore ai 15 anni, o in Ecuador, dove 8 violenze su 10 hanno come vittime giovani minori di 15 anni. In Argentina ogni tre ore una ragazza di 14 anni diviene madre, mentre in Honduras c’è una media di 58 parti al giorno di minori. Nonostante questi dati, segnalati dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), e l’allarme lanciato dall’Observatorio de Salud Reproductiva guatemalteco, che evidenzia come il numero dei parti delle adolescenti non corrisponda poi al numero dei neonati registrati all’anagrafe, i paesi latinoamericani non hanno ritenuto prioritario tutelare le giovani e giovanissime.

In buona parte dei paesi della regione, segnala la Cepal, esistono si programmi o politiche pubbliche dedicate a promuovere l’educazione sessuale, ma è difficile accedervi perché sono gli stessi istituti scolastici a pubblicizzarli poco ritenendo l’argomento un tabù. Ad esempio, in Ecuador esiste dal 2008 il Plan Nacional de Prevención del Embarazo en Adolescente, ma le istituzioni non riescono a metterlo realmente in pratica. America latina e Caribe hanno il più alto tasso di gravidanze non pianificate del mondo. Brasile, Cile, Messico e Panama permettono l’aborto solo in casi di violenza sessuale. Secondo l’organizzazione internazionale Women’s Link World wide, obbligare le bambine a partorire equivale a commettere su di loro un’altra violenza.

In questo scenario non si può non condividere l’allarme lanciato da Promsex, organizzazione peruviana per la difesa dei diritti della salute sessuale e riproduttiva: “Le giovani adolescenti in gravidanza, secondo l’opinione pubblica prevalente, devono avere come unico scopo quello di riprodursi. Nei paesi più repressivi, se abortiscono, vengono perseguite penalmente, nei paesi più liberali spesso non ricevono comunque le informazioni adeguate. Ogni giorno la vita di migliaia di bambine e adolescenti latinoamericane è a rischio”.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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