«Noi siamo campo di battaglia»

Un bellissimo romanzo di Nicoletta Vallorani che db prova a raccontarvi anche se il perfido Spoiler lo minaccia con un’inaccettabile accetta e una scura scure

«Un mazzo di tarocchi dove l’unica carta è l’appeso». E potrei spiegarmi meglio ma raccolgo l’invito di Biz: «non anticipiamo troppo: se il tempo è una cipolla, le storie hanno da essere sequenziali, la prof lo sa bene, e noi abbiamo imparato le strategie per raccontarle».

Sono davvero brave/i a raccontare Lukas (non solo uno sfigato), Amina (un bersaglio), Attilio, Luce, Nina («niente era in me e io non ero niente»), Han («gli altri si trovano bene nelle gabbie, io no»), il talentuoso Biz, poi Yuri che ritorna dall’altra parte del sistema e soprattutto «Carla, Carlotta, Charlotte, Carola, Carlabella» ma per tutte/i la prof. Mi immagino che con le loro storie abbiano invaso Nicoletta Vallorani costringendola a scrivere loro, di loro.

«Siamo un campo di battaglia» (Zona 42: 320 pagine per 15,90 euri) è un ottimo romanzo – il migliore fra quelli che ho letto di Vallorani – ma anche una rete che avvolge chi sta leggendo, un folle inno d’amore alla città moribonda, morta e forse rinata con un orto magico, nel posto zero («la creatura che siamo è plurale») dove spunta la Breccia.

Si sa che «l’agitazione fa male all’economia… tranne in caso di guerra e per chi vende armi» ma se siamo dopo l’anno zero le regole si fanno più confuse. E magari «succedono cose strane. Evviva. Sono tempi strambi»; dunque se incontri un fantasma sarà bene dirgli «non esisti, ma ti voglio bene lo stesso». Magari a «essere poveri si diventa democratici» o addirittura tutte/i potremmo diventare Giardino o Città. «Così piantammo semi, recuperammo piantine… Nessuno se ne curava e a noi andava bene». Se poi il giardino è magico e d’improvviso arriva un ulivo «contorto e centenario che respira l’aria del crepuscolo imminente» dove ieri non c’era… bene, no?

Si sa che ci frega la memoria corta però la Brigata Maddalena delle donne curde in Rojava e «i grandi anarchici» spuntano fuori quando meno te l’aspetti. Evviva.

Il lieto fine è sempre una gran cazzata e l’Orco resta in agguato anche adesso. E chi lo sa «come si racconta una guerra?» o quando si capisce di essere arrivati nel «territorio comanche» (cioè il luogo dove l’istinto urla di fermarsi). Ma c’è «il respiro della terra, qui e ora», perfino Lola a volte riesce a sentirlo. E noi con lei.

Vorrei dire di più, soprattutto sulla seconda parte ma (prima ancora di sapere che il signor Spoiler era il terribile nemico “da amare”) mi son dato la regola di non svelare troppo. A malincuore mi atterrò. Chi vorrà – a libro chiuso, seppellito Spoiler – riparlarne… sa dove trovarmi.

Vi ho detto che è un gran libro, vero?

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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