due articoli di Francesco Gesualdi

dice Bertolt Brecht che “Il realismo non consiste in come sono le cose vere, ma in come sono veramente le cose”.

Francesco Gesualdi descrive le cose davvero con realismo.

 

 

Siamo stati zitti – Francesco Gesualdi

 

Siamo stati zitti quando i nostri governanti hanno riscritto le regole del commercio internazionale per consentire alle multinazionali di spadroneggiare contro le piccole imprese, contro i lavoratori, addirittura contro gli stati, che corrono il rischio di finire in tribunale se si azzardano a fare leggi che, per difendere ambiente e salute, pongono limiti alle attività delle imprese straniere.

Siamo stati zitti quando ci hanno prospettato un’Europa costruita sul principio supremo della concorrenza selvaggia.

Siamo stati zitti quando ci hanno trascinati in una moneta unica senza alcun meccanismo a difesa delle economie più deboli.

Siamo stati zitti quando le imprese tedesche hanno avuto buon gioco a invadere i mercati degli altri paesi europei, grazie a leggi di casa propria che hanno abbattuto i costi di produzione sulla pelle dei loro lavoratori.

Siamo stati zitti quando hanno progettato l’euro avendo come unico obbiettivo quello di renderlo appetibile per la finanza internazionale affinché il suo valore salisse sempre più su.

Siamo stati zitti quando il governo dell’euro è stato affidato al sistema bancario europeo, che ha a cuore solo l’interesse delle banche contro i cittadini e i governi.

Siamo stati zitti quando i governi sono stati scippati del potere di stampare moneta, non avendo nessun’altra possibilità di finanziare i propri deficit se non ricorrendo a banche e investitori privati, che si comportano come strozzini.

Siamo stati zitti quando i trattati europei hanno anteposto l’interesse dei creditori ai diritti dei cittadini, imponendoci l’austerity come regola di vita.

Siamo stati peggio che zitti. Siamo stati assenti, considerando tutto ciò roba noiosa, da lasciare ai professionisti della politica.

Ed è successo l’inevitabile. Senza un fronte popolare che mantenesse la rotta, la politica ha deragliato. Ha trovato più conveniente mettersi d’accordo con i poteri forti, che in cambio di denaro hanno preteso regole a proprio favore. E oggi, che tutti i nodi vengono al pettine, non sappiamo da che parte rifarci. Sopraffatti dalla complessità ci limitiamo alla protesta, rendendoci simili a bambini che strillano nella speranza che qualcuno venga in loro soccorso per ripristinare i bisogni insoddisfatti. La delega continua ad essere l’atteggiamento dominante, ma ormai dovremmo averlo capito che solo la partecipazione e la proposta possono tirarci fuori dai guai.

da qui

 

Non lasciamo soli i cittadini della Grecia – Francesco Gesualdi

 

Dopo avere creduto, per ben cinque anni, che l’austerità è la strada per uscire dal debito, il popolo greco ha capito che è solo un modo per rapinarlo ed imporgli le catene del neoliberismo. Per questo ha detto basta affidando il governo ad Alexis Tsipras.

La battaglia che il popolo greco si appresta a combattere sarà molta dura. E non tanto per le cifre in gioco, quanto per le sfide politiche che le loro rivendicazioni racchiudono. La Grecia non vuole uscire dall’euro, tanto meno dall’Europa. Vuole restarci, ma la pretende diversa. Non più sottomessa agli interessi di banche, brokers e cartelli industriali, in un parola dell’1% della società, ma organizzata per fare trionfare i diritti dell’altro 99%: bambini, genitori, lavoratori, disoccupati, pensionati, studenti. Un’ Europa non più dominata dalla logica del “vinca il più forte” di matrice mercantilista, ma dal principio “che tutti possano vivere” di ispirazione solidaristica. Il trionfo dei diritti e dei beni comuni contro l’individualismo mercantilista: questa è la vera sfida posta da Tsipras.

L’Europa, è inutile negarcelo, nasce per rispondere alle esigenze di crescita delle imprese del dopoguerra. Troppo grandi per rimanere compresse nei confini nazionali, troppo piccole per affrontare il mare aperto della globalizzazione, la soluzione individuata fu un mercato comune di tipo continentale. E dopo avere abbattuto le dogane, avere uniformato le regole di produzione e commercio, avere eliminato ogni ostacolo alla libera circolazione di capitali, è stata adottata la moneta unica come ulteriore passaggio verso l’integrazione totale. La loro integrazione, però, non la nostra. L’integrazione di un’Europa concepita come una grande arena nella quale le imprese possano fronteggiarsi fra loro per portarsi via quote di mercato come fossero giocatori di rugby. Ed ecco l’adozione dell’euro senza l’introduzione di nessuna misura che cercasse di compensare le differenze di forza fra i giocatori. A suo tempo abbiamo taciuto, forse pensando che noi potessimo avere la meglio sugli altri, ma oggi che ci stiamo rendendo conto di essere dalla parte dei perdenti solleviamo le nostre grida contro l’euro.

 

Ma il problema non è la moneta. Il problema è la visione politica. Potremo anche avere la nostra moneta nazionale, ma se continuiamo a concepire la società in termini di profitto, mercato, concorrenza, avremo solo esacerbato gli individualismi nazionali e i conflitti di sopraffazione. Invece dobbiamo fare l’operazione inversa: dobbiamo sconfiggere la logica di sopraffazione pretendendo che cambi la gestione dell’euro, la gestione del debito, la gestione della Banca Europea.

Se Merkel e Schauble dicono no alle richieste di Tsipras non è perché siano intimoriti per le perdite economiche che la Germania può subire. Dicono no perché si rendono conto che quelle richieste mettono in discussione i fondamenti concettuali su cui è costruito il sistema che hanno servito per tutta la vita e che, per una ragione o l’altra, si sentono investiti di continuare a servire e difendere. Non è la perdita di dieci o cinquanta miliardi che li preoccupa, ma la paura di perdere la gente. Se passano le richieste di Tsipras, la gente può convincersi che altri modi di gestire i rapporti economici sono possibili, più convenienti e sicuri. La paura che la gente si svegli e cambi direzione di marcia: questa è la vera prospettiva che più li terrorizza.

Le forze di mercato metteranno in atto tutti i mezzi a loro disposizione per fare naufragare il progetto di Syriza. Ordineranno alla Banca centrale europea di non comprare i titoli greci e di negare ogni aiuto alle banche greche messe in difficoltà dalla fuga di capitali. Si inventeranno altre sanzioni per colpirla anche sul piano commerciale. Ma ricordiamoci che se perde la Grecia perdiamo tutti noi. Non solo perché anche noi saremo condannati all’austerità perpetua, al neoliberismo crescente e a una gestione dell’euro che ci porterà ad una perdita costante di diritti e salari. Ma anche perché ci condanneremo a ritardare di qualche secolo l’avvento della civiltà. E allora evitiamo di starcene alla finestra per vedere cosa succede. Scendiamo a fianco del popolo greco per imprimere un diverso corso alla storia.

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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