Notizie da Ventimiglia / 1

Intervista di Angelo Maddalena a Don Rito della parrocchia di Sant’Antonio alle Gianchette

 

Ho incontrato don Rito questa mattina (*). Per andare a trovarlo nella sua parrocchia della Natività di Roverino, un quartiere di Ventimiglia, percorro a piedi la città dal bivio del Nervia. Poca gente in giro, non sono ancora le otto e mezzo del mattino, l’appuntamento è alle nove. Prima di arrivare alla sua parrocchia incrocio giovani africani che camminano a gruppi di due o tre. Nei loro occhi e nei loro corpi stanchezza e speranza (di passare la frontiera più o meno legalmente?). Arrivo alla parrocchia della Natività e citofono a don Rito che mi chiede di aspettare qualche minuto. Quando scende mi dice che è andato a letto alle 3. Chiedo se è per via del centro di accoglienza dei migranti della parrocchia di Sant’Antonio alle Gianchette, se è dovuto rimanere lì fino a tardi. Mi dice che è stato a casa, ma ha dovuto curare contatti con la Colombia, per via della Fondazione Oasis paz y amor di cui è fondatore. Mi invita ad andare con lui a prendere un caffè al bar vicino. Lì comincio a fargli qualche domanda, a proposito della Fondazione Oasis di cui avevo letto su internet. Mi dice che la Fondazione mira a dare una vita dignitosa a bambini che sono coinvolti loro malgrado nella raccolta di coca e utilizzati come bambini-soldato (sono circa 18 000 i minori arruolati, fra gli 11 e i 12 anni, come leggo nel pieghevole che mi darà dopo). Alla domanda «quali sono le soddisfazioni e quali le difficoltà nel gestire l’accoglienza di decine di rifugiati nella sua parrocchia di Sant’Antonio alle Gianchette» don Rito risponde così: «Le soddisfazioni sono tante, tra le altre quella di aiutare persone che difficilmente trovano accoglienza altrove, conoscere le loro storie e percepire la gratitudine per il fatto di sentirsi trattati come persone umane”. Una delle difficoltà più importanti è fare accettare alla gente del quartiere la presenza di decine di persone straniere, poi la gestione concreta di chi arriva continuamente, e sono anche gruppi di 50 o anche 150 persone che possono arrivare in una volta sola, quindi organizzare almeno un letto e una coperta per tutti da subito. E poi ci sono anche difficoltà economiche perché viviamo di carità, la Caritas ci aiuta per la distribuzione di vestiti soprattutto, e poi ci sono amici e volontari di San Remo, Ventimiglia e anche dal lato francese». Ci sono poi le bugie di chi vuol mettere zizzania dicendo che «noi percepiamo soldi, ma noi non prendiamo denaro da nessuno per i rifugiati che accogliamo» ci tiene a precisare.

Il centro di accoglienza delle Gianchette è stato aperto il 30 maggio spiega don Rito e fino al 15 luglio ospitava in modo indistinto tutti i rifugiati che chiedevano ospitalità.

Dal 15 luglio ha aperto il Centro di accoglienza di Parco Roja gestito dalla Croce Rossa e in accordo con Caritas e prefettura si è deciso di accogliere le famiglie complete (madre, padre con uno o più o figli) alle Gianchette ma soprattutto donne e bambini mentre gli uomini da soli o accoppiati ma senza bambini si sono spostati nel Centro di Parco Roja (quindi divisi dalla moglie o dalla compagna). «Questo per un problema di spazio» precisa don Rito e alla domanda «Cosa pensa di questa decisione?» – se non gli sembra che penalizzi l’unità di una famiglia o di una coppia – dice semplicemente che ci vorrebbero altri spazi da aprire per accogliere meglio e più persone. Domando se dal Centro di accoglienza della parrocchia si può entrare o uscire liberamente; risponde che gli esterni si devono presentare e non possono entrare senza un motivo definito mentre gli ospiti possono entrare e uscire quando vogliono, fino alle 22 . Gli faccio notare che, in senso positivo, non ho visto militarizzazione, cioè polizia nei dintorni della parrocchia; lui dice che in realtà forse alla sera sarebbe meglio che ci fosse, soprattutto per rassicurare gli abitanti del quartiere. Per quanto riguarda il sindaco di Ventimiglia e le autorità, don Rito ritiene che dovrebbero essere loro a fare quello che sta facendo la parrocchia: «non c’è tanto supporto da parte delle istituzioni al Centro di accoglienza parrocchiale, certo non c’è indifferenza, però potrebbero fare di più». Poi don Rito torna sul fatto che il quartiere subisce questa situazione, non è stato facile gestire l’impatto sociale perché non Roverino è un quartiere popolare della periferia di Ventimiglia. Nonostante ciò, alcune persone del quartiere si sono avvicinate e hanno aiutato e aiutano.

Poi parliamo della morte del ragazzo di 18 anni che tre giorni fa è stato investito mentre attraversava l’autostrada nel tentativo di arrivare in Francia. E’ il secondo nel giro di dieci giorni (una settimana prima una ragazza di 17 anni aveva perso la vita nella galleria che da Ventimiglia porta verso la frontiera francese). La situazione a Ventimiglia è questa: fra 300 e 500 ospiti nel Centro del Parco Roja gestito dalla Croce Rossa, e circa 120 alla parrocchia delle Gianchette. Ospiti delle Gianchette sono i rifugiati, che non vuol dire richiedenti asilo, ma persone in transito, che vogliono andare altrove e perciò non hanno fatto domanda di asilo politico in Italia. Quindi tentano ogni giorno in tutti i modi di oltrepassare la frontiera. Giorni fa è stato sgomberato un centro di accoglienza autogestito in Val Roja, sono stati arrestati 4 passeur, cioè quelli che trasportano “illegalmente” e a pagamento persone oltre il confine. Purtroppo si resta sempre appiattiti fra l’accoglienza che non c’è o affidata a pochi volenterosi e l’ostilità nei confronti dei profughi, come le barricate di molti abitanti di Gorino, in provincia di Ferrara, dove hanno sbarrato la strada agli autobus che trasportavano persone di provenienze diverse tutte accomunate dalla ricerca di una casa e di una possibilità di dignità di vivere lontano dal loro paese infiammato di persecuzioni.

Don Rito, prima di congedarmi, mi consegna un calendario della Fondazione Oasis Paz y amor e un pieghevole dove racconta la collaborazione tra l’associazione Angeli di Pace di San Remo e la fondazione. Poi mi dà un foglio fotocopiato ripreso da «La stampa» del 24 ottobre, cioè l’altro ieri. Avevo intravisto l’articolo in un bar di Dolceacqua. Adesso don Rito mi dà il testo integrale fotocopiato fronte/retro. Antonio Maria Costa è l’autore, il titolo: «Così dopo secoli di sfruttamento l’Europa chiude le porte dell’Africa. Le Potenze coloniali hanno depredato l’intero continente. Ora si è aggiunta la Cina. Ecco perché milioni di persone rischiano la vita per attraversare il Mediterraneo». Ho letto l’articolo, è interessante, forse un po’ retorico, ma fondamentale per parlare dell’emigrazione senza scadere in sentenze o peggio ancora in facili soluzioni. Tempo fa in un mio reportage sui migranti di Ventimiglia avevo richiamato la responsabilità della Francia, che dopo aver depredato mezzo mondo, si ostina a chiudere le frontiere e a controllarle in modo militarizzato e spietato. L’articolo cade a fagiuolo!

(*) 26 ottobre 2016, Dolceacqua in Val Nervia

AGGIORNAMENTO: DUE MESI DOPO

I timori di don Rito si sono purtroppo rivelati fondati: sempre più pressioni dai comitati del quartiere Roverino spingono verso la chiusura del Centro accoglienza migranti di Roverino della Crocerossa e del centro di accoglienza della parrocchia delle Gianchette. Assessore e sindaco continuano a fare doppia faccia e doppio gioco: il sindaco invitato dal papa per un convegno sui migranti, cosa avrà detto? Però al tempo stesso non si fa vedere al Teatro Comunale di Ventimiglia il 16 dicembre in occasione dello spettacolo «Le supplici di Porto Palo» di Vincenzo Pirrotta e Gabriele Vacis. In compenso c’è l’assessore alla cultura che prima dello spettacolo spara questa pillola di autocelebrazione: «più di un anno fa quando iniziò l’occupazione dei Balzi Rossi, una mia amica volontaria della Croce rossa mi disse: se fossi un migrante vorrei incontrare uno come te». Prima aveva detto: «Questa sera volevo dire molte cose, poi ho pensato che fosse meglio evitare di parlare troppo» e infatti se doveva regalare “pillole” di questo tipo, meglio si sia fermato lì. D’altronde, Ventimiglia è sempre più in mano ai monegaschi: hanno finanziato il porticciolo che sta per essere costruito con i finanziamenti del Principato. Per le politiche di frontiera Monaco non è molto tenera e manco può permettere che Ventimiglia si intenerisca, visto che si trova a pochi km.

La bella notizia invece viene da Sanremo, non per il festival che si avvicina, ma per i Noborders di Ventimiglia che a metà dicembre hanno ricevuto il premio Adler, come riconoscimento per l’azione svolta a difesa del nostro territorio e degli emarginati sia sotto il profilo dell’impegno personale, sia come critica ai sistemi economico/sociali che ne hanno originato le cause.

NOTA DELLA “BOTTEGA”: altri interventi di Angelo Maddalena su Ventimiglia sono qui Parapiglia a Ventimiglia e qui Ventimiglia: tragedie, solidarietà, provocazioni e… balle.

 

Redazione
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