Che strano Natale in bottega (3) – Notte e notti

di Gianluca Ricciato. Con una nota della “bottega” sul nostro ingorgo natalizio e altre stranezze

 

Notte di sogni misteriosi ancestrali arcaici premoderni, rigettati e ritornanti ogni anno nei giorni corti del solstizio d’inverno

Notti cupe e lunghe di cuccuvace (*) ululanti nascoste nelle case abbandonate

Notti di muschi che avanzano umidi sulle lamie (*) e sui cigli delle strade fino ai presepi appoggiati sui muri bianchi e fuligginosi

Notti di panni stesi sulle lamie e riportati dentro per non prendere l’umido

Notti secche come le montagne e umide come le campagne

Notti di fuochi nella notte e di ritrovi ciclici con le stesse persone le persone di sempre quelle che sanno tutto di te

Notti di luoghi che ti prendono e ti portano via dalle tavole familiari piene di cibi tradizionali, luoghi che stanno a metà tra le radici e le fughe, bar luridi sale da ballo eccentriche pub nordici o spazi movimentisti, dove stare un po’ dentro e un po’ fuori con la grappa in una mano e il tabacco nell’altra a spiare nella cricca accanto ragazze sempre intraviste e mai conosciute, incontri perduti per i mille addii che hai dato alla tua terra

Notti romantiche come la tua terra d’inverno presa d’assalto dai ritorni natalizi dei profughi e piena di calde promesse nate dal rapporto complicato tra natura e cultura

Notti di vin cotto nello stomaco, fumo di taccari (*) di ulivo nelle narici, trifogli infestanti nei giardini e ricci di terra striscianti sui lembi d’asfalto delle provinciali, e tu li sfiori preoccupato di aver commesso reati notturni di lesa maestà nei confronti di tanta rara biodiversità

Notti complicate dal tuo romanticismo avventuriero sempre preoccupato di cercare un senso profondo e duraturo alle emozioni e ai ricordi delle emozioni, ai sentimenti e ai ricordi dei sentimenti, perché ne nascano sempre nuove di emozioni e sempre nuovi di sentimenti

E di vita che valga la pena vivere, implicata e intrecciata ai sensi e alla terra, a questa terra in cui hai riportato ogni volta tutto, le tue persone provenienti da altre terre, i tuoi sogni dispersivi di conifere alpine, di luci metropolitane intermittenti, di christmas songs ricoperte di neve, di discese folli sulla Stelvio o sulla Streif, di baci e carezze e passioni tanto più calde quanto più freddo fa fuori

Notti di promesse e di regali inaspettati

Ti prometto, notte di Natale, che anche da questa latitudine secolare e anti-mistica, non spegnerò mai i miei sensi né il senso magico della vita

Per diventare un automa anestetizzato della mia epoca

* mini dizionario salentino-italiano:

cuccuvace = civette

lamie = terrazze

taccari = ceppi grandi

INGORGHI NATALIZI E ALTRE STRANEZZE: NOTA DELLA BOTTEGA

C’è modo e modo di raccontare il Natale. Guardate le semplici e drammatiche vignette qui sopra del grande Scalarini (così si firmava: il nome completo era Giuseppe Scalarini) non a caso odiatissimo – e perseguitato – da clericofascisti, padroni e guerrafondai.

Qui in “bottega” di strani Natali abbiamo più volte discusso e scritto. Alcuni esempi: Armi, armi, armi… è questo il Natale “di pace”? (di Alex Zanotelli), Nemmeno a Natale (di Giancarla Codrignani), Natale clandestino (di Mohamed Malih), Buon Natale, padrone (di Mauro Antonio Miglieruolo), Certe private gioie del Natale – di Mark Adin, Giagheddu, racconto di Natale e mirto (di Celestino Tabasso) e ancora testi di Gianluca Cicinelli, Fabrizio Melodia, Clelia Pierangela Pieri e altre/i… C’è pure Natale: amore e odio ovvero una discussione fra Donata Frigerio (credente) e db (pagano, forse animista): alla fine della “litigata” i due si volevano bene; non perchè era Natale ma perchè si volevano bene anche prima.

Quest’anno è capitato – il perchè non è del tutto chiaro – un “ingorgo” ovvero 4 fra le persone che collaborano alla bottega (in ordine alfabetico e curiosamente “d’arrivo” sono Mauro Antonio Miglieruolo, Daniela Pia, Gianluca Ricciato e Riana Rocchetta) abbiano proposto qualcosa di attinente al Natale. Così si spiega questo “speciale” in 4 tappe.

Se volete ancora allargare il discorso ecco qui sotto altri due materiali pensosi e pensabili.

Il primo è una poesia “romanesca” del grande Trilussa (pseudonimo anagrammatico di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri): Natale di Guerra.
Ammalapena che s’è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s’è guardato attorno.
– Che freddo, mamma mia! Chi m’aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m’ariscalla?
– Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pé compralla…
– E l’asinello mio dov’è finito?
– Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
– Er bove? – Puro quello
fu mannato ar macello.
– Ma li Re maggi arriveno? – E’ impossibile
perchè nun c’è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche dirigibbile… –
Er Bambinello ha chiesto: – Indove stanno
tutti li campagnoli che l’altr’anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c’è neppure un sacco de polenta,
nemmeno una frocella de ricotta…
– Fijo, li campagnoli stanno in guerra
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente
per ammazzà la gente…
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi? –
Ner dì così la Madre der Signore
s’è stretta er fijo ar core
e s’è asciugata l’occhi co’ le fasce.
Una lagrima amara per chi nasce,
una lagrima dòrce per chi more.

Il secondo breve testo si riferisce al giorno di Natale del 1924 quando i rappresentanti dei maggiori produttori mondiali di lampadine decisero, incontrandosi a Ginevra, che la vita di una lampadina non poteva superare le mille ore di luce, introducendo nei loro prodotti un difetto che prima non esisteva. Praticamente le lampadine erano eterne: poco conveniente per l’economia del profitto… Lo ricorda Serge Latouche in un bel libro (Bollati Boringhieri 2014) che, tanto per non usare eufemismi, si intitola «L’economia è una menzogna». Latouche rammenta che nella caserma dei pompieri di Livermore, in California, fa ancora luce a tutt’oggi una lampadina del 1912, fabbricata prima delle modifiche peggiorative nel 1924; e commenta che Livermore potrebbe diventare un simbolo internazionale per l’opposizione alla obsolescenza programmata dei beni di consumo tecnologici e dunque per la società della “decrescita felice”. [db]

PS: E se volete pure una colonna sonora anti-zucchero… ecco qua I GUFI (del 1966)  https://www.google.com/search?client=firefox-b-d&ei=dfzhX_HKCo2-sAeh6aNw&q=I+gufi+evviva+il+natale&oq=I+gufi+evviva+il+natale&gs_lcp=CgZwc3ktYWIQAzIFCC4QkwI6BwguEEMQkwI6BAgAEEM6DggAELEDEIMBEMcBEKMCOgoIABCxAxCDARBDOgsIABCxAxDHARCjAjoFCC4QsQM6BQgAELEDOggIABCxAxCDAToCCAA6BAguEEM6CwgAELEDEMcBEK8BOgIILjoICAAQxwEQrwE6BggAEBYQHlCUUFiSe2CIhgFoAHAAeACAAbMBiAG4EpIBBDE3LjaYAQCgAQGqAQdnd3Mtd2l6wAEB&sclient=psy-ab&ved=0ahUKEwix2cuz4OHtAhUNH-wKHaH0CA4Q4dUDCAs&uact=5

 

Redazione
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Un commento

  • angelo maddalena

    stupendo DB! tra Zucchero, Latouche e paganesimo forse animista! leggo in piena notte di Natale…insonne…e consonne! Dopo aver visto (ma non fino alla fine perché mi ero addormentato) il vangelo secondo Matteo di Pasolini, comprato almento due anni fa e visto sta sera dopo il consiglio telefonico di DB

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