Octavia Butler e l’Afrofuturismo: oltre la fantascienza

   recensione di Nemi (*) a «Legami di sangue»; a seguire un articolo di Jazelle Hunt

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Mi tocca ammettere in tutta sincerità di non essere mai stata attratta particolarmente dalla fantascienza, cosa che di recente mi è stata rimproverata da un’amica che ne è invece appassionata. Eppure sono una lettrice discretamente vorace e curiosa. In qualche modo, comunque, sono approdata anche io a questo genere di letteratura, affascinata da alcune recensioni e dalla biografia di una delle (poche) scrittrici afroamericane tradotte in italiano: Octavia Butler. Ho iniziato con «Kindred» (1979) nella traduzione di Silvia Gambescia pubblicata da Le Lettere (2005) con il titolo «Legami di sangue» e una postfazione molto bella di M. Giulia Fabi, ma qui direte che gioco facile, visto che è l’unico libro di Butler non propriamente inquadrabile nel genere fantascienza!

<<Nel giorno del suo ventiseiesimo compleanno, il 9 giugno 1976, Dana svanisce per pochi minuti davanti agli occhi inorriditi del marito Kevin, e dalla loro casa in California si ritrova catapultata nel Sud schiavista degli Stati Uniti di inizi Ottocento, prima della Guerra Civile. La donna verrà richiamata più volte nel violento mondo del passato, dove vivrà in prima persona gli orrori della schiavitù. La sua missione è proteggere la vita del giovane piantatore bianco Rufus fino a quando egli non avrà, da una sua schiava, la figlia da cui un secolo dopo discenderà la stessa Dana>>.

Dana scoprirà presto che è la paura di morire di Rufus a respingerla indietro nel tempo, così come è la sua stessa paura di morire quella forza capace di ricondurla in quel presente cui tenta di restare aggrappata con tutta se stessa. «Legami di sangue» è un romanzo molto potente sulla capacità di resilienza e sugli orrori del razzismo e della schiavitù: è un memento di quanto possa essere sconfinato e distruttivo l’odio razziale ed un monito di un fatto acclarato dalla storia, cioè di come gli esseri umani possano facilmente venir addestrati alla sottomissione quando non esiste un solo margine per contrattare la propria libertà. “Vedi come si diventa schiavi facilmente?” arriva a pensare tra sé Dana, comprendendo più che mai quanto è facile dare la colpa alle vittime della storia, ma questo solo nel momento in cui vive sulla sua pelle quanto le sue antenate dovettero sopportare unicamente per sopravvivere. Come scrive M. Giulia Fabi <<In “Legami di sangue” ci inoltriamo in un viaggio di conoscenza dell’altro […] che si trasforma in un viaggio di conoscenza anche del sé. Un viaggio che mette alla prova la capacità di sopravvivenza dell’eroina e quelle di comprensione sia dell’eroina che dei lettori>>.

Colpisce notare come il suo essere donna, nera e istruita mettano Dana in una posizione costantemente scomoda: indietro nel tempo, con i padroni bianchi <<Tu pensi di essere bianca! Non sai stare al tuo posto più di un animale selvatico!>> ma anche con le altre schiave/i nere <<Dovresti vergognarti di te stessa, a lamentarti e piangere dietro a uno straccione bianco, nera come sei. Cerchi sempre di comportarti così da bianca. Un negra bianca, che si rivolta contro la sua stessa gente!>>; nella moderna America, con il marito bianco <<Vuoi dire che potresti perdonarmi per essere stata stuprata?>> (gli chiede Dana) ma anche con gli zii che l’hanno cresciuta e non accettano il matrimonio con Kevin, o meglio la zia pare perdonarla perché i figli di Dana se non altro avranno la pelle più chiara << Ha sempre detto che sono un po’ “troppo visibile”>> mentre lo zio quasi la ripudia, ne fa un fatto personale <<E’ come se lo avessi rifiutato. Era più ferito che arrabbiato. Sinceramente ferito>> racconta Dana.

Per farmi smettere la lagna per il lutto della perdita dovuta all’aver terminato questo libro, un’amica me ne ha regalato un altro di questa gigantesca scrittrice, «La parabola del seminatore», che ho iniziato da poco. Qui sotto, un articolo di estremo interesse a proposito dell’importanza di Octavia Butler, di Afrofuturismo ma anche a proposito di intersezioni e contaminazioni senza le quali, a mio parere, la politica si immiserisce.

«Si celebrano l’eredità, l’impatto e l’afrofuturismo di Octavia Butler» di Jazelle Hunt – NBC News, 18 aprile 2016 – traduzione di Andrea Morgione

Con lo stupefacente clima politico in quest’anno di elezioni presidenziali e l’impeto dietro il movimento Black Lives Matter, gli eventi correnti sono stati più strani della fantascienza.

È un buon momento, quindi, per ricordare Octavia E. Butler. Grandemente riconosciuta come la più importante donna nera nella letteratura sci-fi, la Butler è anche la prima scrittrice di fantascienza a vincere una prestigiosa borsa di studio della MacArthur Foundation.

Quest’anno segna il decimo anniversario della sua improvvisa morte all’età di 58 anni. La più recente celebrazione della sua vita è avvenuta il 21 aprile con «Shaping the Universe: Octavia E. Butler and Activism» (Modellando l’Universo: Octavia E. Butler e l’Attivismo). Condotta dalle premiate scrittrici Lisa Bolekaja e Tananarive Due e da Steven Barnes, la discussione si concentra sull’intersezione dell’attivismo, della fantascienza e dell’opera della Butler.

La discussione è parte di «Radio Imagination» di Clockshop, una serie lunga un anno di conferenze, esibizioni e mostre d’arte nell’area metropolitana di Los Angeles che esplora l’eredità della Butler. Clockshop è un’organizzazione artistica con base a Los Angeles, non lontano da Pasadena, California, la città natale della Butler.

Indubbiamente, il nome della scrittrice sarà sempre inestricabilmente legato alla fantascienza, ma sta ora trovando nuova vita nell’Afrofuturismo. I neonati termine e movimento si riferiscono a un duraturo sottogenere che immagina un futuro dove le persone e culture nere e marroni sono al centro. A volte, il lavoro afrofuturista include un recupero del sapere ancestrale. Altre volte è tessuto con i finimenti ad alta tecnologia della fantascienza mainstream. Spesso, gli Afrofuturisti fondono le due cose.

«L’Afrofuturismo, o quello che alcuni chiamano il Movimento Futurista Nero… quelle cose sono necessarie per allontanarci da ciò che persiste dal passato, che siamo ancora impegnate a superare» dice Ayana Jamieson, autrice, educatrice e fondatrice dell’Octavia E. Butler Legacy Network, un partner di «Radio Imagination». Il Network mira a supportare e costruire connessioni tra persone e progetti che prendono spunto dalla vita e dalle opere della Butler.

Dopo aver ricevuto pressoché nessuna attenzione per i suoi scritti nei circoli letterari di Philadelphia, la scrittrice sci-fi Rasheedah Philips ha fondato l’Afrofuturist Affair. La comunità fornisce spazio sicuro, una piattaforma ed eventi creativi per i creatori di fantascienza e fiction speculativa di colore. L’evento annuale è una piattaforma per gli scrittori di fantascienza e narrativa speculativa di colore, nonché un veicolo per usare l’Afrofuturismo per raccogliere soluzioni per problemi sociali e comunitari.

«Molte persone a cui ho chiesto di partecipare all’evento… non conoscevano il termine “Afrofuturismo” all’epoca o non sapevano che ciò era la natura del loro lavoro» ha spiegato la Phillips durante l’evento di lancio di «Radio Imagination». «Ma ho visto quell’argomento o quell’elemento… e ho messo insieme tutte queste persone».

L’artista grafico, illustratore e animatore Manzel Bowman era una volta un ignaro praticante dell’Afrofuturismo. Le sue popolari e bene accolte opere includono donne e uomini neri adornati con cuffie decorate, frattali futuristici e paesaggi ipnotizzanti.

«Non sapevo che ci fosse un movimento afrofuturista finché non ho letto un articolo scritto su di me, e il termine “Afrofuturismo” è saltato fuori», dice. «Non avevo idea che era quello che stavo facendo. È un termine che tutti hanno accostato alla mia arte, ed era nuovo per me. Immagino di essere comparso al momento giusto».

I tempi sono decisamente maturi per un più vasto apprezzamento e uso delle invenzioni della Butler. Le storie di supereroi neri come Pantera Nera e Luke Cage della Marvel stanno guadagnando l’attenzione del grande pubblico. Eventi culturali come il festival AfroPunk e l’estetica di artisti musicali come Grace Jones, Janelle Monae e Will.I.Am la stanno muovendo più vicina all’avanguardia. Con lezioni e conferenze di ricerca, anche l’accademia sta riconoscendo il rigore e le vaste applicazioni dell’opera della Butler. E questa stagione di resa dei conti razziale e socio-economica, di cui alcuni dei suoi romanzi sono un parallelo tremendamente vicino, non sembra prossima a una fine.

Oltre a scrivere, la Butler ha scrupolosamente creato strade e opportunità per altre giovani scrittrici di colore di fantascienza attraverso l’educazione e il suo ruolo di mentore. Durante l’evento di lancio di «Radio Imagination», la scrittrice e vincitrice del National Book Award Robin Cost Lewis ha intrattenuto i partecipanti con una storia su come lei e un’amica, entrambe sulla ventina all’epoca, chiamarono a sorpresa la Butler a discutere sull’acquisto dei diritti cinematografici di «Kindred».

«Non avevamo un centesimo» ricorda la Lewis, ridendo. «E lei ci intrattenne con la più dolce e rispettosa serietà possibile. Fu uno dei momenti più profondi della mia vita, l’essere presa sul serio. Penso che ci plasmò».

La Lewis è una dei quattro scrittori e degli otto artisti al centro di «Radio Imagination», includendo due team. Attraverso una sudata partnership con l’Huntington Research Center di San Marino, California, Clockshop ha garantito l’accesso all’esclusiva collezione di Octavia E. Butler della biblioteca. Lasciata in eredità nel 2008, è una collezione di note, bozze, ricerche e scritti personali della Butler. Ogni scrittore, artista e team ha ricevuto la commissione di creare un lavoro originale basato su ciò che trovano nella collezione.

«Mi sento molto umile e molto onesta quando guardo i suoi documenti. Lei potrebbe (ricercare) e scrivere qualcosa come 50 idee diverse e tu rimarresti lì a dire ‘O mio Dio, è così brillante!’» dice Connie Samaras, un’altra dei dodici fortunati. Samaras è una fotografa e videografa il cui lavoro cerca lo straordinario nascosto nel quotidiano, tra gli altri temi.

Gli scrittori di «Radio Imagination» presentano i loro nuovi lavori il 23 Aprile. Il 4 Giugno, Clockshop proietta il film che per la Butler ha cominciato tutto: «Devil Girl from Mars».

«La sua eredità è più grande di lei stessa o dei suoi lavori individuali, più di quanto chiunque può probabilmente immaginare oggi. Lei ha come sognato le cose trasformandole in realtà, nel modo in cui i nostri nonni hanno sognato la nostra liberazione» dice la Jamieson.

«E l’aspetto di giustizia sociale del suo lavoro, o piuttosto il modo in cui le persone usano il suo lavoro nei movimenti di giustizia sociale, sarà all’avanguardia di qualunque cosa stia accadendo, o di qualunque forma prenda il futuro».

(*) testi ripresi da suddegenere.wordpress.com. Qui in “blottega” di Octavia Butler si è parlato varie volte, cfr in particolare Octavia Butler, viaggi nel tempo e legami di sangue e I vampiri mai visti. (db)

 

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