Oggi 12 dichiarazioni d’amore…

…ai libri: 8 – Nazim Hikmet
di Pier Paolo Piludu (*)
Uno dei libri che porterei nella famosa isola deserta (anche se poi ho paura che a furia di parlarne si rivelerà uno dei luoghi a maggior densità umana) è «Poesie d’amore» di Nazim Hikmet (in italiano da Mondadori) – poeta turco nato nel 1902 – tradotte in italiano da Joyce Lussu. L’ho scoperto diversi anni fa e da allora Hikmet è diventato uno dei miei poeti preferiti. Molte delle sue poesie più belle le ha scritte nelle peggiori carceri della Turchia dove è stato rinchiuso per 18 anni.

Il più bello dei mari è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti.
E quello che vorrei dirti di più bello
Non te l’ho ancora detto
(Carcere di Bursa, Anatolia)

Una ventina d’anni fa ho fatto un viaggio a Istanbul alla ricerca dei luoghi delle sue poesie e ho scoperto che è ancora considerato un nemico della nazione e che è un problema anche solo fare il suo nome: da giovane le sue poesie d’amore e di ribellione facevano paura alle autorità turche che cercarono in tutti i modi (senza riuscirci) di farlo tacere. Nazim era iscritto al partito comunista turco, allora fuorilegge; non aveva esitato a denunciare pubblicamente il massacro degli armeni e tutte le ingiustizie subite dai contadini e dai pastori dell’Anatolia. Le sue poesie, anche quelle scritte durante la prigionia e durante l’esilio cui fu costretto per diversi anni, sono piene di speranza e di una contagiosa vitalità.
Un suo amico, il pittore Abidùn Dino lo descriveva così: «Nazim Hikmet, con la sua giacca spiegazzata buttata sulla spalla, solcava la città recitando versi a chi voleva ascoltarlo, seguito da un codazzo di ammiratori e di poliziotti in borghese. I benpensanti gridavano alla sovversione. E’ sovversiva la poesia di Nazim? Ogni grande poesia è sovversiva, e questa lo era magnificamente! Che c’è di più sovversivo della bellezza congiunta alla verità? Nazim era bello e vero, era un autentico pericolo pubblico. Lui non ha mai complottato. Ha sempre detto a voce alta quel che aveva da dire e l’ha detto anche quando pretendevano impedirglielo. Tutto qui. Se gli arresti erano seguiti dall’evasione e le persecuzioni dalla clandestinità, di chi la colpa? Arrestato, rilasciato, applaudito, seguito da sbirri e provocatori, da amici e compagni; adorato dalle donne, detestato dai mariti, Nazim aveva messo sottosopra Bisanzio. Fu favoloso!».

Il vento cala e se ne va
lo stesso vento non agita
due volte lo stesso ramo
di ciliegio
gli uccelli cantano sull’albero
ali che voglion volare
la porta è chiusa
bisogna forzarla
bisogna vederti, amor mio,
sia bella come te, la vita
sia amica e amata come te

so che ancora non è finito
il banchetto della miseria
ma finirà…

E’ molto intenso anche il ricordo di Pablo Neruda, di qualche anno dopo: «A Mosca andavo spesso a fare visita al mio amico Nazim Hikmet. Mi raccontava di quando, accusato di voler organizzare una rivolta nella marina turca, fu condannato a tutte le pene dell’inferno. Il processo ebbe luogo su una nave da guerra. Mi raccontava come lo fecero camminare fino all’esaurimento sul ponte della nave, e poi lo misero nel locale delle latrine, dove gli escrementi raggiungevano il mezzo metro sul pavimento. Il mio fratello poeta si sentì venir meno. Il puzzo lo faceva traballare. Allora pensò: i miei carnefici mi stanno sicuramente osservando da qualche parte. Vogliono vedermi cadere, vogliono contemplarmi con disprezzo. Con superbia le sue forze risorsero. Cominciò a cantare, dapprima a bassa voce, poi a voce più alta, a squarciagola, alla fine. Cantò tutte le canzoni, tutti i versi d’amore che ricordava, le sue poesie, le romanze dei contadini, gli inni di lotta del suo popolo. Cantò tutto quello che sapeva.
Quando mi raccontava queste cose gli dissi: Fratello mio, hai cantato per tutti noi. Non abbiamo più bisogno di dubitare, di pensare a quello che faremo. Ormai sappiamo tutti quando dobbiamo cominciare a cantare».
Anni fa ebbi la fortuna di conoscere di persona Joyce Lussu che era stata sua grande amica e traduttrice delle sue opere in italiano. Stavo preparando uno spettacolo sulla vita di Hikmet e lei mi diede un grande aiuto.
«Nazim Hikmet non era una persona eccezionale. Era una persona eccezionalmente normale, un uomo che si è battuto tutta la vita sia contro le celle delle prigioni, sia contro le celle dell’arte dove si sta in pochi o da soli». Voleva che le sue poesie arrivassero al maggior numero di persone possibile. Non tanto ai signori critici letterari, quanto ai contadini, agli scaricatori del porto di Istanbul. Non so se oggi la situazione sia cambiata, ma una ventina d’anni fa le sue poesie, tradotte in 53 lingue, in Turchia erano ancora considerate fuorilegge, così come era reato anche fare soltanto il suo nome. Sono tantissime le poesie d’amore, di lotta, di speranza che mi piacerebbe citare. Mi limito a ricordare l’ultima, scritta pochi giorni prima di morire, a Mosca. Chi ancora non la conosce scoprirà che, nonostante il titolo e l’argomento, è anche questa una poesia piena di vita e di speranza.

IL MIO FUNERALE
Il mio funerale partirà dal nostro cortile?
Come mi farete scendere giù dal terzo piano?
La bara nell’ascensore non c’entra
e la scala è tanto stretta.

Il cortile sarà, forse, pieno di sole, di piccioni
forse nevicherà, i bambini giocheranno strillando
forse sull’asfalto bagnato cadrà la pioggia
e al solito ci saranno i bidoni per l’immondezza.

Se mi tiran su nel furgone col viso scoperto, come si usa qui,
forse mi cadrà in fronte qualcosa di un piccione, porta fortuna,
che ci sia o no la fanfara, i bambini accorreranno
i bambini sono sempre curiosi dei morti.

La finestra della nostra cucina mi seguirà con lo sguardo
e il nostro balcone mi accompagnerà col bucato steso.
Sono stato felice in questo cortile, pienamente felice.
Vicini miei del cortile, vi auguro lunga vita, a tutti.


(*) La Giornata mondiale del libro è un evento nato spontaneamente in diversi luoghi (tradizionalmente in Catalogna) e dal 1996 patrocinato dall’Unesco: la data scelta è il 23 aprile ma in qualche caso con manifestazioni che durano per un mese, cioè fino al 23 maggio. Noi abbiamo deciso di ricordarlo in blog – con una pioggerellina di post, uno ogni due ore – proprio oggi per suggerire che un giorno va bene, un mese è meglio ma se «continua» tutto l’anno è “meglissimo”. Fra gli impegni credibili che ognuna/o potrebbe prendersi c’è l’organizzare ogni tanto presentazioni di libri e/o letture collettive oppure calendarizzare (una volta al mese?) di prestare o regalare un “vecchio” libro amato non a qualche persona che abitualmente legge ma a chi di solito non frequenta librerie e biblioteche. Se ci sono altre idee fatevi sentire. (db)

Redazione
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