Omar Venturelli: passione e morte

di David Lifodi

Omar Venturelli aveva 31 anni quando, il 4 Ottobre 1973, sparì, insieme a tanti altri detenuti, nel gorgo della dittatura cilena: non era trascorso nemmeno un mese da quell’11 Settembre 1973 che fece calare le tenebre sul Cile. I fascisti di Patria y Libertad a quel tempo non scherzavano, anzi, l’arrivo di Pinochet alla Moneda permise loro di spadroneggiare indisturbati per tutto il paese, protetti dai carabineros, appoggiati dai delatori, sostenuti dalla maggioranza silenziosa  a cui tutto sommato non dispiaceva un uomo forte che la facesse finita con il governo di Unidad Popular.

Tra gli esponenti di spicco di Patria y Libertad c’era Alfonso Podlech, procuratore militare e soprattutto aguzzino degli oppositori politici presso la caserma Tucapel di Temuco. Venturelli, di origine italiana, militava dall’altra parte della barricata. Aveva aderito al gruppo dei Cristiani per il Socialismo ed era un sacerdote schierato con una delle tante cause giuste, ma purtroppo finora perse, dell’America Latina: quella per i diritti del popolo mapuche. Aveva partecipato alle loro lotte per l’occupazione delle terre ed in cambio era stato “ricompensato” con una sospensione a divinis. Sono trascorsi quasi 40 anni da allora, ma non è cambiato niente: sia le prese di distanza delle alte gerarchie ecclesiastiche dai sacerdoti impegnati nelle lotte sociali che sconfina spesso nel disconoscimento sia il rifiuto dello stato cileno di riconoscere i diritti dei mapuche indipendentemente dal colore del governo in carica. Le destre e la Concertación di Michelle Bachelet si sono sempre guardate bene dal tutelare i mapuche, ma qui si aprirebbe un’altra storia, ancora attuale e purtroppo non meno dolorosa. Venturelli, divenuto nel frattempo docente di pedagogia presso l’Università Cattolica di Temuco, incontra Podlech verosimilmente pochi giorni dopo il golpe. Le radio, nei primi giorni dopo la presa della Moneda, cominciano a diffondere i nomi di coloro che sono obbligati a presentarsi nelle caserme per degli accertamenti. Accompagnato dal padre, Venturelli si recò al carcere di Temuco per sparire definitivamente il 4 Ottobre 1973. Ufficialmente, quando la moglie di Venturelli decise di andare cercarlo, secondo il penoso rito vissuto dai tanti parenti dei desaparecidos, un atto di scarcerazione firmato dallo stesso Podlech testimoniava che suo marito era stato rimesso in libertà. Probabilmente era stato fatto uscire dal carcere, ma per essere ucciso tramite un’esecuzione extragiudiziale, altra pratica assai comune in quegli anni: a Temuco era di casa la Carovana della Morte guidata dal generale Sergio Arellano, che per molto tempo seminò terrore e morte. Da allora Podlech continuò a torturare e ad essere padrone della vita  e della morte di molti prigionieri politici fino a quando, terminata la dittatura, ha proseguito la sua esistenza da uomo libero senza alcun rimorso di coscienza. Nel 2008 il colpo di scena: l’arresto del giudice Baltazar Garzon a Barajas (l’aeroporto di Madrid) e l’estradizione in Italia. L’11 Marzo di quest’anno la sconcertante sentenza: il Tribunale del Riesame di Roma aveva deciso la sua scarcerazione perché non sussisteva un reiterato pericolo di fuga. Un insulto e un’offesa per Maria Paz Venturelli, figlia del sacerdote, che perse il padre quando aveva solo quattro anni, ma anche una ferita inferta alle famiglie di tutti i desaparecidos che ancora oggi continuano a chiedere giustizia. A fine Aprile avrebbe dovuto esserci la sentenza definitiva e molti compagni di cella di Venturelli erano venuti a Roma per testimoniare contro Podlech, riconosciuto da tutti come la mente operativa del carcere di Temuco. Probabilmente Podlech pensava di fare come il suo collega Jorge Oliveira: arrestato nel 2000 all’aeroporto di Roma e rimesso in libertà, questo inquietante personaggio (anche lui fedelissimo di Pinochet) era riuscito ad imbarcarsi da Milano per l’Argentina e a far perdere le proprie tracce. Molti aguzzini spesso invocano la demenza senile, oppure qualche altra malattia legata alla vecchiaia, pur di evitare l’umiliazione del carcere negli ultimi anni della loro vita: ci aveva provato anche Pinochet nel corso del suo esilio dorato di Londra. In realtà può darsi che proprio la vecchiaia abbia giocato un brutto scherzo ad uno dei più scaltri golpisti del Cono Sur latinoamericano, oppure stavolta lui e il suo avvocato hanno fatto male i conti. Fatto sta che dopo una sola settimana di libertà il procuratore Giancarlo Capaldo ne ha ordinato nuovamente l’arresto. E’ emerso che Podlech aveva acquistato un trolley da viaggio, una scheda telefonica poi intestata ad un’altra persona ed infine le cronache raccontano che avrebbe fatto di capire di voler lasciare l’albergo presso cui era alloggiato. Un po’ troppo per pensare di farla franca, ha perso l’attimo ed è tornato in carcere come detenuto e non nella funzione di deus ex machina che ordinava scosse elettriche sui corpi bagnati dei prigionieri e si divertiva a far svolgere finte esecuzioni degli oppositori prima di ucciderli veramente. Il nuovo arresto non deve però far abbassare la guardia: Podlech continua a godere di appoggi importanti. A testimoniare a suo favore e senza alcuna vergogna era intervenuto anche Bernardino Piñera, ex vescovo di Temuco ultranovantenne e zio dell’attuale presidente Sebastian Piñera, un vero e proprio Berlusconi cileno. E’ sua infatti la compagnia aerea Lan Chile, è proprietario del canale televisivo Chilevisión, ed è padrone della squadra di calcio Colo-Colo. Inoltre, particolare non secondario, Piñera  riscuote grandi simpatie dall’ Unión Demócrata Independiente (Udi), partito politico in cui militano personaggi che non hanno mai rinnegato le loro origini e sono tuttora sostenitori del generale Pinochet che nel 1973 fece sprofondare il Cile nell’abisso.

In attesa degli eventuali ulteriori sviluppi della situazione, non resta che associarsi al grido di giustizia “no olvidamos, no perdonamos, no nos reconciliamos, juicio y castigo” che proviene dai familiari di tutti i desaparecidos e che in ogni caso continuerà a perseguitare gli oppressori di un tempo ovunque essi si trovino

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