Ombre rosse: Columbus Day… ma anche «No Dapl»

1 – Considerazioni sull’11 ottobre 1492, l’ultimo giorno di libertà per i nativi americani (è un vecchio documento… sempre buono);  2 – incontri (Bassano del Grappa, Udine, Pordenone, Firenze, Alzano Lombardo, Genova) con due rappresentanti del movimento contro l’oleodotto in Dakota

CONSIDERAZIONI SULLE CELEBRAZIONI DEL COLUMBUS DAY

Dal 1937, tutti gli anni ad ottobre, sulla Quinta strada di New York, si svolge la parata del Columbus Day, una celebrazione che, a partire dal 1971, quando fu proclamata festa nazionale degli Stati Uniti, si celebra ogni secondo lunedì del mese di ottobre. Poiché Cristoforo Colombo fu il primo italiano a giungere in quella che è oggi chiamata America, l’evento è sentito in maniera particolare dagli immigrati italiani e dai cittadini statunitensi di origine italiana che, con l’annuale parata, festeggiano quella che considerano la “giornata dell’orgoglio italiano”. Da qualche anno ai festeggiamenti partecipano anche delegazioni ufficiali di regioni italiane e quest’anno ha partecipato anche il Ministro di Grazia e Giustizia della Repubblica Italiana On. Clemente Mastella.

Come è universalmente noto, lo sbarco di Colombo nel Nuovo Mondo segnò l’inizio di un’epoca di distruzioni e lutti che portò al genocidio di milioni di esseri umani e l’estinzione fisica e culturale di interi popoli. Fin dai primi giorni della conquista fu chiaro l’intendimento di Colombo e di coloro che benedissero la sua impresa. Dopo avere inutilmente cercato segni di ricchezza e grandi città sulle coste delle isole che aveva esplorato durante il suo primo viaggio, Colombo fece ritorno in Spagna, lasciando però una parte dei suoi uomini a presidiare l’isola Hispaniola. Scrive in proposito Colombo: “ivi feci eriger tosto una rocca … lasciai gli uomini che sono necessari … [Gli indigeni] son privi d’armi, vanno nudi e son troppo timidi; perciò quelli che occupano la rocca solamente possono senz’alcun pericolo saccheggiare l’isola, purché non vadano oltre la legge ed il governo che io diedi”. Quale fosse il governo che Colombo diede a Hispaniola lo si è potuto leggere negli atti originali del processo intentato contro di lui dai sovrani di Spagna alla fine del 1500 e che recentemente sono stati rinvenuti in un archivio spagnolo. L’atto di accusa e le testimonianze dell’epoca parlano di malgoverno, giustizia negata, avidità, violenze a spagnoli e agli indigeni. Per tutte queste imputazioni Colombo fu condannato. Il perdono che successivamente ottenne non attenua le gravissime colpe di cui si macchiò. La condanna di Colombo non modificò in nulla il destino dei popoli indigeni americani. Pochi anni più tardi una Legge Reale ordinò che, prima di intraprendere ostilità contro gli indios i conquistadores dovevano leggere loro una dichiarazione, il cosiddetto requierimento, con cui li si informava della verità della religione cristiana e della necessità di dichiarare la loro sottomissione alla Corona di Spagna e fedeltà al Papa. Se gli indigeni rifiutavano o non rispondevano, cioè sempre, dato che non comprendevano quanto era loro detto in spagnolo o in latino, l’intimazione continuava con questa formula: “Dichiaro che, con l’aiuto di Dio, entreremo con tutte le forze nel vostro paese, combatteremo contro di voi in tutti i modi e vi sottometteremo al giogo ed all’obbedienza dovuti alla Chiesa e alla Corona. Prenderemo voi, le vostre mogli ed i vostri bambini e vi renderemo schiavi e, in quanto tali, vi venderemo e disporremo di voi secondo il volere della Corona. E prenderemo ciò che possedete, vi arrecheremo ogni offesa e danno possibile come ai servi che non obbediscono, rifiutano di ricevere gli ordini del loro signore, gli oppongono resistenza e lo contraddicono”. Niente di quanto era minacciato era più facile a farsi per gli spagnoli che, avvezzi a queste pratiche a casa propria, non si posero alcun limite con i “selvaggi”. Del resto, ben prima che il requierimento entrasse in vigore, Colombo stesso aveva catturato e rapito centinaia di uomini e donne indigene per portarli come schiavi e trofei in Spagna.

Non può stupire quindi che, a partire dal 1992 (anno delle celebrazioni del cinquecentenario della “scoperta”), in tutte le Americhe si sia andato espandendo un movimento indigeno di protesta contro le celebrazioni del Columbus Day. Sono in particolare gli indigeni nord-americani che chiedono con forza di trasformare questa festa che, senza alcun pudore, celebra l’uomo che ha dato avvio alla colonizzazione e alla conquista della loro terra. Dovrebbe bastare il buon senso per capire l’indelicatezza di tali festeggiamenti, tanto più che gli indiani d’America non pretendono di imporre drastici divieti, ma chiedono solo di non considerare più questa ricorrenza come festa nazionale. Essi considerano che un festa nazionale può considerarsi tale solo quando è condivisa dall’insieme dei cittadini di una nazione, e gli indigeni nord-americani sono cittadini americani come lo sono gli italo-americani.

Nonostante le incessanti proteste dei discendenti degli abitanti originari del nord-america, anche quest’anno, il 7 e l’ 8 ottobre, il Columbus Day è stato celebrato e diversi indiani americani sono stati arrestati per avere disturbato i festeggiamenti. E poiché questa è, senza ombra di dubbio, la festa degli italo-americani è a loro che noi, sostenitori delle richieste degli indigeni nord-americani, intendiamo rivolgerci.

Noi sappiamo che moltissime comunità ed organizzazioni di italo-americani respingono le richieste dei popoli indigeni asserendo che con il Columbus Day non si intendono festeggiare la conquista e la colonizzazione, ma il coraggio, l’ingegno e l’audacia dimostrata dagli italiani nel Nuovo Mondo, valori che sarebbero simboleggiati idealmente dal navigatore genovese.

Noi ci limitiamo ad evidenziare agli italo-americani quanto più sopra brevemente accennato e facciamo notare che la lunga storia italiana è stata illuminata da molti personaggi che ben più appropriatamente che non Colombo danno lustro al nostro Paese ed ai discendenti degli italiani emigrati nelle Americhe.

Ci auguriamo che i nostri connazionali vogliano cominciare a valutare diversamente le richieste dei Nativi Americani, affinché anche questo giorno possa divenire una vera occasione di orgoglio italiano; un momento nel quale i valori universali di giustizia storica e di equità sociale verso un popolo già oltraggiato e perseguitato non siano ignorati al solo scopo di poter continuare a salire sul carro dei vincitori. La fortuna è già stata molto generosa con Cristoforo Colombo, che scoprì le Americhe cercando le Indie, e che in suo onore ci sia anche una festa nazionale o no non aggiunge né toglie nulla ai suoi meriti di scopritore. Tutt’altra valenza avrebbe, invece, il fatto che a distanza di cinque secoli i discendenti del conquistatore cominciassero a riconoscere anche i diritti dei discendenti dei popoli conquistati.

Sono queste le ragioni che ci inducono a sostenere le richieste degli indigeni americani e a chiedere insieme a loro che il Columbus Day sia abolito come festa nazionale degli Stati Uniti.

Cannara (PG) il 9 ottobre 2007.

Per le Associazioni:

Il Cerchio Coordinamento Nazionale di Sostegno ai Nativi Americani, Borgo San Lorenzo (FI) – Antonio Ventre

Soconas Incomindios, Torino – Naila Clerici Hunkapi, Genova – Sergio Bugolotti

Gaia Terra, Roma

Wambli Gleska, Ravenna

Maurizio Rosace Massimiliano Galanti

Kiwani, Firenze

AlterNATIVI, Roma

Luisa Costalbano Vittorio Delle Fratte

Huka Hey, Pordenone

Progetto Todos Juntos, Varese

Auro Basilicò Alessandra Marangon

Coordinamento per il Monte Graham, Spilamberto (MO) Iktomee – Castelmarte (CO)

Corrado Baccolini Giuliano Pozzi

Nativi Americani.it – Alessandro Profeti

(*) è un documento del 2007 ma torna buono oggi; in “bottega” cfr anche La conquista che non scoprì l’America di Eduardo Galeano

Nei prossimi giorni ci saranno in Italia incontri con due rappresentanti del movimento contro l’oleodotto in Dakota. (**)

Si parte il 14 e 15 ottobre a Bassano del Grappa durante «Eventi Nativi».

Martedì 17/10 – alle 20,30 – a Pordenone (sala Polifunzionale in via Piave 40/A).

Mercoledì 18/10 – 9,30 – all’Università degli Studi di Udine (facoltà di lingue e letteratura straniere).

Giovedi’ 19/10 – ore 21,30 – presso il centro sociale CPA Firenze Sud.

Domenica 22/10 – alle 17 – ad Alzano Lombardo (AUDITORIUM piazza Caduti di Nassiriya / via P. Ribolla).

Lunedi’ 23/10 – ore 20,15 – a Genova presso Circolo Autorità Portuale (via

Albertazzi 3r).

(**) Ricordo che la rivista «TEPEE» (in particolare nei numeri 50 e 51) ha approfondito i retroscena della lotta NO DAPL; in “bottega” vari post – a partire da giugno 2016 – raccontano la lotta contro il “serpente nero” e le banche che lo sostengono: a esempio questo Dakota Pipeline: la buona notizia e la cattiva e questo «Noi Lakota abbiamo bisogno del vostro aiuto»

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Francesco Masala

    il sogno americano prima dell’invasione dei migranti dall’Europa:

    http://frontierenews.it/2017/10/sogno-americano-nativi-indigeni/

  • Daniele Barbieri

    RICEVO E SEGNALO
    Il 27 ottobre a Roma, al centro congressi “Roma Eventi” di via Alibert 5/A (Piazza di Spagna) conferenza sul gasdotto Dakota Access Pipeline, per la cui costruzione ancora una volta il governo degli USA ha violato i diritti umani, civili e legali dei Nativi americani. L’opera attraversa gli USA da nord a sud, e per farlo passa sotto il fiume Missouri e il lago Oahe, ed ha richiesto la rimozione di diversi siti sacri e di sepoltura indiani. I trattati ratificati dagli USA (preventiva consultazione delle tribù locali coinvolte nelle opere a impatto ambientale) sono state ignorate; le leggi USA di tutela ambientale vanificate; i permessi negati da Obama a giugno 2016 sono stati accordati da Trump nel 2017, lo stesso Trump che gestisce il contenzioso sia come presidente USA che come azionista del gasdotto mentre le banche finanziatrici di fronte alle proteste dell’opinione pubblica nascondono i loro investimenti. Purtroppo la solita storia.
    Parteciperanno alla conferenza Michelle Cook, attivista del Sacred Stone Camp (dove sono partite tutte le proteste dei nativi americani e avvocato del gruppo legale nativo che supporta i dimostranti, e portavoce del movimento DIVEST per il disinvestimento delle banche nel DAPL) e Michael Paul Hill, apache e attivista indiano. Il titolo della conferenza sarà «FIGHITING THE BLACK SNAKE: un caso di corporate social responsibility delle banche dell’Unione Europea». La conferenza è organizzata su invito del parlamentare europeo Fabio Massimo Castaldo, del M5S.
    CENTRO CONGRESSI “ROMA EVENTI PIAZZA DI SPAGNA”, in via Alibert 5/A – Roma.
    Questo è il link a “Roma Eventi”: http://www.roma-eventi.com/
    ATTENZIONE: per partecipare alla conferenza è necessario accreditarsi inviando una mail a info@fabiomassimocastaldo.it.  La procedura di iscrizione potrà considerarsi compiuta solo a seguito della ricezione di una mail di conferma della stessa.

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