Organizzarsi contro la strage sul lavoro

Articoli di Vito Totire (*) e di Medicina Democratica.

Il 26 maggio a Modena nascerà la «Rete nazionale lavoro sicuro».

Continua la strage sul lavoro. Anche a Cesena (**) come ci ha informato il blogger ecologista Davide Fabbri.

L’ultimo tragico evento ha alcune peculiarità:

  • Il contesto è quello che si definisce “lavoro isolato” il che comporta appunto lavorare in solitudine con relative difficoltà anche di lanciare allarmi e chiedere soccorso
  • I lavoratori agricoli sono stati lasciati soli ad affrontare la problematica della sicurezza, messi in difficoltà anche da questioni economiche; da decenni abbiamo richiamato sindaci ed enti locali a farsi parte attiva adottando una strategia per la prevenzione; per esempio avviando indagini territoriali sui mezzi agricoli insicuri al fine di individuare le aree necessarie di bonifica antinfortunistica; ci voleva e ci vuole tuttora “poco”: attivando le associazioni di categoria, i cittadini, le organizzazioni sindacali; nei Comuni ad economia agricola si potrebbe/dovrebbe convocare una «istruttoria pubblica» per decidere con urgenza le strategie e i finanziamenti necessari
  • È assurdo che nell’epoca dei robots, della cosiddetta intelligenza artificiale, della presunta industria 4.0 SI MUOIA PER IL RIBALTAMENTO DI UN MEZZO AGRICOLO NON CABINATO
  • Il PNRR, il bonus 110% e gli altri provvedimenti europei-governativi sono gestiti dai partiti per distribuire denaro clientele senza l’attenzione dovuta alla valutazione dei rischi lavorativi e ambientali presenti (si pensi alla tragica sequenza di morti sul lavoro e all’indifferenza dei provvedimenti rispetto alla ancora diffusissima presenza di cemento amianto nel territorio).

QUALCOSA INTANTO SI MUOVE

Il 26 maggio a Modena (ore 10-16) presso il teatro del dopolavoro ferroviario nasce la «Rete nazionale lavoro sicuro una iniziativa dal basso di lavoratori, delegati alla sicurezza, tecnici della prevenzione che è sorta grazia alla spinta del nucleo storico dei macchinisti delle ferrovie.

L’obiettivo della “rete” è semplice.

Sul piano strategico: contribuire ad assicurare a tutti la stessa speranza di salute e di vita.

Sul piano pratico: arrivare “il giorno prima” per evitare di commentare i lutti “il giorno dopo”.

La prevenzione è l’unica strada possibile per evitare morti sul lavoro, lutti e danni alla salute.

Facciamo appello non solo alla sensibilità politica ma anche a tutti gli onesti al di là degli schieramenti, che condividano assieme a noi l’obiettivo basilare della convivenza umana:

UGUALE SPERANZA DI SALUTE E DI VITA PER TUTTI SENZA MORTI E MALATI NE’ PER LAVORO NE’ PER GUERRE.

(*) portavoce della «Rete europea per l’ecologia sociale»

(**) Il 20 maggio nella piccola frazione di Casale (Calisese di Cesena) è morto un agricoltore di 58 anni, Pier Giorgio Mazzoni, dopo essere rimasto schiacciato adal ribaltamento del trattore che stava guidando. Due mesi fa tragedia naloga nei campi: a perdere la vita, con un mezzo agricolo, era stato Luigi Foschi, contoterzista agricolo di Cannucceto di Cesenatico.

Basta con la giustizia bifronte per le vittime di amianto!

Le Proposte al convegno nazionale di Ro

Annunciato un disegno di legge per l’istituzione di una Giornata Nazionale per le Vittime dell’amianto al Convegno nazionale di Roma. La senatrice Tatjana Rojc: «Mai più l’oblio del Paese sui lavoratori morti a causa dell’amianto». Proposte linee guida per i consulenti tecnici nei procedimenti giudiziari

 

Un disegno di legge per l’istituzione di una Giornata Nazionale per le Vittime dell’amianto, affinché non scenda l’oblio del Paese nei confronti di chi, lavoratore, è morto a causa delle sue fibre killer e per qualcosa di cui non aveva colpe: è quanto ha annunciato la senatrice Tatjana Rojc al convegno nazionale di  venerdì scorso a Roma su «Amianto e Mesotelioma: tutti innocenti?».

Basta con la giustizia bifronte e schizofrenica che punisce due volte i lavoratori morti a causa dell’amianto, respirato nei luoghi di lavoro: questo in sintesi il messaggio forte scaturito dalla intensa giornata di lavoro, organizzata in collaborazione con 11 associazioni da tempo in lotta per il riconoscimento dei diritti delle vittime dell’amianto e per il riconoscimento delle responsabilità civili e penali: AIEA, AFEVA, AICA, ARASIS, Federazione Nazionale Pro Natura, Gruppo Aiuto Mesotelioma, ISDE, Legambiente, Medicina Democratica e la rivista «Epidemiologia & Prevenzione».

L’inaccettabile lunghezza dei processi e l’assurda discrepanza fra sentenze diametralmente opposte per situazioni simili sono state infatti al centro del dibattito, in cui sono intervenute autorevoli personalità in campo medico scientifico e giuridico e i rappresentanti delle associazioni. In particolare l’avvocata Laura Mara, impegnata in numerosi processi per Medicina Democratica e AIEA, ha posto la necessità inderogabile che vengano elaborate delle linee guida a cui i consulenti tecnici dei tribunali si attengano nei procedimenti giudiziari per vittime dell’amianto, per evitare lo scandalo di sentenze troppo discordanti rispetto a casi analoghi.

Fra i relatori: Daniele Mandrioli, Direttore Centro di Ricerca sul Cancro Cesare FraxxMaltoni, Istituto Ramazzini; Piergiorgio Duca, Università di Milano; Francesco Barone Adesi, Associazione Italiana di Epidemiologia e AIE; Marinella Bertolotti, Centro Regionale Ricerca Sorveglianza Prevenzione Rischi da Amianto.

A 30 anni dalla legge 257/92 che ha bandito l’amianto dall’Italia la battaglia per il riconoscimento delle responsabilità penali per le vittime è ancora durissima, nonostante l’OMS abbia riconosciuto il nesso di causalità fra amianto, mesoteliomi e carcinomi anche dell’ovaio!

I processi, una quarantina in corso in Italia, sono ingabbiati fra la ricerca cavillosa e pseudoscientifica del momento preciso in cui si innesca il mesotelioma o un carcinoma da amianto, così come emerso dalle relazioni scientifiche. «La teoria della trigger dose – ha dichiarato Fulvio Aurora, responsabile vertenze giudiziarie di Medicina Democratica e AIEA è stata considerata dalla Cassazione nel 2015 “frutto di un artificio”, ma da quel momento è stata però inventata la teoria dell’induzione, ovvero si afferma che non si può sapere quando è iniziato il processo di cancerogenesi, quindi non si può individuare chi era in quel momento il responsabile per l’azienda».

E questo è alla base della durata infinita dei processi e delle troppe sentenze assolutorie e pene irrisorie: su 35 processi solo 8 condanne e 27 assoluzioni!

Morti senza riposo” sono quindi le vittime dell’amianto, 4.400 in media all’anno, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, uccisi dalle fibre killer respirate sul luogo di lavoro e da una giustizia distratta che non riesce o non vuole individuare i responsabili. Così come distratti e inadempienti sono stati i dirigenti aziendali che nel tempo non hanno applicato quanto previsto dalle leggi a cominciare dal DPR 303 del 1956 che dice esattamente che i lavoratori devono essere “resi edotti” dei rischi che corrono essendo esposti a polveri o altri agenti nocivi e comunque devono essere protetti per non essere contaminati. I vari responsabili aziendali avrebbero dovuto proteggerli e non lo hanno fatto, così come è accaduto al Teatro alla Scala, tempio della musica e tomba per oltre una decina di lavoratori, artisti e cantanti!

Il nodo è sempre lo stesso: «Fondamentale nella fenomenologia dei processi è il conflitto di interesse – ha detto Edoardo Bai, epidemiologo, referente ISDE Medici per l’ambiente e Legambiente – si parte male quando una persona esperta, con tanti titoli accademici è pagata abbondantemente da un’azienda che magari poi è la stessa che deve difendere in tribunale».

«Ci sono situazioni di probabilità e pretendere la dimostrazione assoluta della insorgenza della malattia è al di fuori dalla realtà, neanche la scienza è esatta – ha detto l’ex magistrato e senatore Felice Casson- e la Magistratura deve ispirarsi ai principi costituzionali di tutela del lavoro e della salute: questo deve essere il faro delle decisioni, soprattutto quando ci sono zone grige. Ma ciò ha a che fare anche con la preparazione, la formazione e con l’etica dei giudici».

Roma, 14 maggio 2022

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • attenzione agli infiltrati ed incapaci. Ovvero a quelli che hanno (s)parlato fino ad oggi di morti di/per/sul lavoro.
    Se siamo ancora a questi drammatici punti è dovuto a tutti, ma soprattutto a questi soggetti (dai ns presidenti della repubblica in giù…
    Resto disponibile a qualche cosa di concreto.
    salute

  • Norma Bertullacelli

    Mi piacerebbe sapere che casa ne pensa la “rete lavoro sicuro” della proposta di invitare qualunque persona sia sensibile ai problemi della non sicurezza sul lavoro a segnalare, se possibile con foto o video, le violazioni più evidenti alle norme sulla sicurezza. Io sono solita segnalare muratori non imbragati o senza elmetto. Non sono in grado di sapere se le mie segnalazioni abbiano avuto risultati ma mi sembra comunque giusto farle. E mi piacerebbe che diventasse una prassi diffusa.

  • Rispondo a titolo personale ma credo di interpretare il punto di vista della “rete” : la segnalazione è utile visto che certe evidenze dimostrano che i lavoratori fossero non sono stati in grado di tutelarsi da soli;poi è utile chiedere riscontro ai servizi di vigilanza ai quali la segnalazione è stata fatta ;se a volte o spesso non rispondono bisogna contestarlo perché devono capire che la vigilanza è una questione di rilevanza sociale;poi certamente ci sono modi e strade per dare alla vigilanza esterna massima efficacia per esempio individuando la esistenza di rls territoriali ma direi che la prima mossa potrebbe essere interloquire con il servizio che ha ricevuto le segnalazioni e se Norma ci dà i dati lo possiamo fare insieme;poi la rete di osservazione si potrebbe e dovrebbe allargare.
    Vito Totire vitototire@gmail.com

  • Gian Marco Martignoni

    Rispetto a quanto scrive Norma, poichè nella mia vita sindacale ho sempre effettuato segnalazioni come organizzazione sindacale sulla base delle telefonate o delle le lettere di delegati e delegate, o di lavoratori e lavoratrici sia per la mancata applicazione delle norme di sicurezza che per il lavoro in nero o irregolare, il problema non sono le foto o i video ( che perdonami possono solo essere di supporto al testo scritto ) ma la correttezza , la precisione e la qualità dell’esposto. Per esperienza ci sono dei tempi tecnici entro i quali i servizi preposti alla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro sono tenuti a intervenire. Normalmente all’organizzazione sindacale arriva il riscontro dell’intervento effettuato dal servizio di vigilanza e prevenzione sulla base dell’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori, che recita ” I lavoratori mediante le loro rappresentanze hanno diritto…… ” Pertanto, alla luce del dettato di questo articolo io agirei sempre di conseguenza.

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