P2 e sistema politico

di Franco Astengo

Vi ricordate il piano di Rinascita Nazionale di Licio Gelli?

Nello sviluppare spunti di analisi attorno al processo di trasformazione che sta interessando il sistema politico italiano almeno da 30 anni, capita sovente di citare il documento sulla “Rinascita Nazionale” redatto dalla Loggia Massonica P2 nel 1975, indicandolo quale punto di riferimento (ancora operante) per questa lunga fase di vera e propria “involuzione democratica”.

Da tempo però è assente un’analisi ravvicinata sui contenuti di quel documento e i riflessi operativi che da lì sono scaturiti sull’insieme dei passaggi che hanno determinato quel cambiamento che impropriamente, con linguaggio giornalistico, è stato definito di formazione della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Un termine comunque improprio (figuriamoci poi addirittura una “Terza” Repubblica) non essendo mutata – com’era accaduto in Francia in analoghe circostanze – la forma di governo, essendo essa rimasta quella parlamentare con l’esecutivo dipendente da un voto fiduciario espresso da entrambi i rami del Parlamento.

Analogamente sono rimaste invariate le procedure relative all’incarico di governo, a capo del Presidente della Repubblica in dialogo con la maggioranza parlamentare, e la nomina dei ministri, anch’essa intestata al Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio incaricato.

Non sono stati rari, almeno in tempi recenti, gli interventi del Presidente della Repubblica tendenti a modificare la lista consegnatagli dal presidente incaricato: questo nel quadro di una sorta di “evoluzione protagonista” nel ruolo del Capo dello Stato, che l’avvio del settennato di Mattarella sembra smentire, in contrasto con quanto portato avanti da Napolitano, sicuro protagonista di almeno tre crisi di governo condotte ai limiti del dettato costituzionale e con sicuro piglio “presidenzialista”.

Non si è verificato alcun mutamento, inoltre, riguardante l’elezione diretta sia del capo dello Stato, sia del Presidente del Consiglio e non esiste nel nostro ordinamento alcuna figura del “Premier” (anche se modificazioni in questo senso sisono verificate): ciò nonostante il peso abnorme assunto dal meccanismo perverso di personalizzazione della politica, reso esasperato dall’uso del mezzo televisivo e – più recentemente – dei cosiddetti “social network” (oltre che dal servilismo dei grandi giornali, argomento sul quale si ritornerà fra poco).

Andiamo per ordine partendo dall’esame del documento sulla “Rinascita Nazionale”, redatto a cura della Loggia Massonica P2 nel 1975 nel momento in cui era Gran Maestro Licio Gelli.

Gli elenchi degli aderenti alla loggia furono poi scoperti nel 1981 nella villa dello stesso Gelli a Castiglion Fibocchi vicino Arezzo dai magistrati Giuliano Turone e Gherardo Colombo: un ritrovamento che provocò un vero e proprio sconquasso politico.

Negli elenchi erano presenti ministri, deputati, personaggi dello spettacolo, militari di alto grado (praticamente tutti i componenti del Consiglio Superiore di Sicurezza Nazionale nel periodo del rapimento Moro) al punto da rappresentare davvero una sorta di “cupola del super potere” . Emblematica da ricordare, per tutte, la presenza nelle liste di Silvio Berlusconi.

Lo schematico lavoro di ricerca che si sottopone alla vostra attenzione si riferisce soltanto a due punti: quello riguardante l’informazione e quello riguardante il sistema politico; quanto ai temi di carattere economico-sociale sarà necessario elaborare un secondo capitolo (domani in “bottega”).

Per capire meglio il punto di partenza del documento si riportano di seguito i 4 punti di premessa che esso conteneva:

1)      L’ aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema
2) il piano tende invece a rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati, ai cittadini elettori.
3) Il piano si articola in una sommaria indicazione di obiettivi, nell’elaborazione di procedimenti – anche alternativi – di attuazione ed infine nell’elencazione di programmi a breve, medio e lungo termine.
4) Va anche rilevato, per chiarezza, che i programmi a medio e lungo termine prevedono alcuni ritocchi alla Costituzione successivi al restauro delle istituzioni fondamentali.

Egualmente vanno indicati gli obiettivi che il documento si proponeva di investire nell’azione della Loggia:

1)      Nell’ordine vanno indicati:

a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC al PLI (con riserva di verificare la Destra Nazionale)
b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia, per i quotidiani; e per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV va dimenticata.
c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori;
d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini da proporre ai singoli dicasteri;
e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi;
f) il Parlamento, la cui efficienza è subordinata al successo dell’operazione sui partiti politici, la stampa e i sindacati.

2) Partiti politici, stampa e sindacati costituiscono oggetto di sollecitazioni possibili sul piano della manovra di tipo economico finanziario. La disponibilità di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo.
Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accessibili soltanto dopo il buon esito della prima operazione, anche se le due fasi sono necessariamente destinate a subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei procedimenti.

3) Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club (di natura rotariana per l’eterogeneità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonché pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40 unità. Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l’onere dell’attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e straniere che lo vorranno appoggiare. Importante è stabilire subito un collegamento valido con la massoneria internazionale.

Entrando meglio nel merito occorre preventivamente precisare un punto: i tentativi di modifica della Costituzione ci sono stati e ben impegnativi.

Nel 1997 si svolse quello attuato attraverso il lavoro della Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, naufragato per il rifiuto finale di Berlusconi. Nel 2006 il progetto di revisione costituzionale fu elaborato dalla maggioranza di centro destra e respinto dal voto popolare. Infine da ricordare quello attuato nel 2016 dal PD e dal governo Renzi, anch’esso respinto alla prova del referendum confermativo previsto nel caso il progetto di riforma costituzionale fosse approvato dal Parlamento con una maggioranza inferiore ai 2/3 dei componenti i due rami di Camera e Senato.

Verifichiamo allora con quali procedimenti la Loggia P2 intendeva agire rispetto a tre branchie d’intervento : mondo politico, stampa, sindacati

1)      Nei confronti del mondo politico occorre:
a) selezionare gli uomini – anzitutto – ai quali può essere affidato il compito di promuovere la rivitalizzazione di ciascuna rispettiva parte politica (per il PSI, ad esempio, Mancini, Mariani e Craxi; per il PRI: Visentini e Bandiera; per il PSDI: Orlandi e Amidei; per la DC: Andreotti, Piccoli, Forlani, Gullotti e Bisaglia; per il PLI: Cottone e Quilleri; per la Destra Nazionale (eventualmente): Covelli); (
già presente quello che poi sarà chiamato “CAF” ovvero l’accordo Craxi-Andreotti-Forlani n.d.r)
b) in secondo luogo valutare se le attuali formazioni politiche sono in grado di avere ancora la necessaria credibilità esterna per ridiventare validi strumenti di azione politica;
c) in caso di risposta affermativa, affidare ai prescelti gli strumenti finanziari sufficienti -con i dovuti controlli- a permettere loro di acquisire il predominio nei rispettivi partiti;
d) in caso di risposta negativa usare gli strumenti finanziari stessi per l’immediata nascita di due movimenti: l’uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI -PRI- Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l’altro sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali, e democratici della Destra Nazionale). Tali movimenti dovrebbero essere fondati da altrettanti club promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile in proporzione reciproca da 1 a 3 ove i primi rappresentino l’anello di congiunzione con le attuali parti ed i secondi quello di collegamento con il mondo reale. Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà e tendenzialmente disponibili per un’azione politica pragmatistica, con rinuncia alle consuete e fruste chiavi ideologiche. Altrimenti il rigetto da  parte della pubblica opinione è da ritenere inevitabile.

2)       Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l’impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nominativamente. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi, per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell’altro. L’azione dovrà essere condotta a macchia d’olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l’ambiente. Ai giornalisti acquisti dovrà essere affidato il compito di “simpatizzare” per gli esponenti politici come sopra prescelti in entrambe le ipotesi alternative 1c e 1d.
In un secondo tempo occorrerà:
a) acquisire alcuni settimanali di battaglia;
b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata;
c) coordinare molte TV via cavo con l’agenzia per la stampa locale;
d) dissolvere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art. 21 Costit.

3)       Per quanto concerne i sindacati la scelta prioritaria e’ fra la sollecitazione alla rottura, seguendo cioè le linee già esistenti dei gruppi minoritari della CISL e maggioritari dell’UIL, per poi agevolare la fusione con gli autonomi, acquisire con strumenti finanziari di pari entità i più disponibili fra gli attuali confederati allo scopo di rovesciare i rapporti di forza all’interno dell’attuale trimurti.
Gli scopi reali da ottenere sono:
a) restaurazione della libertà individuale, nelle fabbriche e aziende in genere per consentire l’elezione dei consigli di fabbrica, con effettive garanzie di segretezza del voto;
b) ripristinare per tale via il ruolo effettivo del sindacato di collaboratore del fenomeno produttivo in luogo di quello legittimamente assente di interlocutore in vista di decisioni politiche aziendali e governative.
Sotto tale profilo, la via della scissione e della successiva integrazione con gli autonomi sembra preferibile anche ai fini dell’incidenza positiva sulla pubblica opinione di un fenomeno clamoroso come la costituzione di un vero sindacato che agiti la bandiera della libertà di lavoro e della tutela economica dei lavoratori. Anche in termini di costo e’ da prevedere un impiego di strumenti finanziari di entità inferiori all’altra ipotesi.

Quali osservazioni si possono sviluppare a proposito di questi punti?

1)      Rispetto al procedimento riguardante il mondo politico si può ben stabilire come la missione sia stata compiuta. Prima di tutti i partiti sono stati giudicati non idonei a realizzare il piano e si è proceduto – anche attraverso la modifica della legge elettorale – a formare i due schieramenti indicati utilizzando lo scioglimento del Partito Comunista e l’ingresso degli epigoni di quella forza politica nell’area che nel documento è indicata come il “movimento di sinistra”. Lo scioglimento del PSI (che avrebbe dovuto rappresentare l’architrave del progetto che comunque era stato compreso nella “Grande Riforma” craxiana) e della DC (subito scissasi nelle due anime indicate dal documento) sono risultati i fattori decisivi per la concretizzazione di questa istanza prevista nel documento di “Rinascita Nazionale”. Successivamente sono intervenuti elementi non preventivabili all’epoca come quello di una forte disaffezione di massa verso il sistema che ha dato origine a un terzo polo, l’inopinata (e incostituzionale) modifica del sistema elettorale e una successiva frantumazione nell’intreccio fra struttura del sistema politico e riferimenti sociali. E’ indubbio però che nel periodo del confronto “Ulivo/centro destra” lo schema P2 abbia funzionato ottenendo anche un certo consenso popolare. Il risultato più importante è stato comunque quello della messa fuori gioco del PCI, sgombrando così il campo da un possibile soggetto di alternativa alo schema previsto, per di più fortemente radicato nella società di allora nelle sue componenti più avanzate;

2)      Riguardo all’informazione l’obiettivo centrato è stato quello riguardante le TV e l’ingresso sulla scena della televisione “commerciale”. Naturalmente non poteva essere previsto il processo di formidabile innovazione tecnologica che avrebbe stravolto successivamente il quadro. Comunque per almeno un ventennio l’egemonia della tv commerciale imperniata sui tre canali di proprietà di Berlusconi è risultata non solo incontrastata ma addirittura confermata dall’esito di un referendum popolare sulla materia (1995). Non è stata attuata invece l’idea di dissoluzione della RAI (nonostante tentativi vari eseguiti nel corso del tempo) evidentemente ritenuta terreno di caccia troppo appetibile per privilegi e incentivi selettivi da elargire per essere buttata via. Ma la sostanza di quella che poi sarebbe stato il punto di forza dell’ascesa di Berlusconi e di Forza Italia (il soggetto politico che, a lungo, ha meglio interpretato il dettato piduista) attraverso tre canali televisivi generalisti di grande popolarità è stato realizzato. Per quel che riguarda la stampa, invece, è intervenuto un elemento che il documento non prevedeva. L’idea della P2 rispetto alla stampa era comperare i giornalisti piuttosto che i giornali, con qualche accorgimento tipo la formazione di una agenzia centralizzata per i giornali locali (obiettivo in parte centrato con la costruzione del gruppo Quotidiano Nazionale: naturalmente non poteva essere prevista l’invasione di blog e giornali online). La variabile vera, rispetto al quadro presente nel documento piduista, è stata rappresentata dalla nascita di “Repubblica” avvenuta nel gennaio 1976. “Repubblica” nata come organo di un certo tipo di ceto medio “riflessivo” e “progressista” ha avuto, fin dall’inizio (a detta e ammissione anche del suo fondatore Eugenio Scalfari) l’obiettivo di distaccare il PCI dalle sue radici originarie e, anche attraverso il discorso della “questione morale” scoperta alla fine da Enrico Berlinguer, portarne i resti non tanto e non solo a un approdo di tipo socialdemocratico ma piuttosto di tipo liberal-democratico o di indistinto “progressismo kennedyano” al punto da farne l’architrave di quello schieramento moderato di presunta “sinistra” posto in competizione allo schieramento di cosiddetta “destra” (quest’ultimo per niente moderato ma estremisticamente messo al servizio del gigantesco conflitto d’interessi, del resto mai affrontato, fra il gruppo Fininvest e il sistema politico). Si può affermare tranquillamente che l’ingresso in scena di “Repubblica” ha agevolato il compimento del progetto contenuto nel documento della P2 e che lo scioglimento del PCI ne è stato il fattore decisivo.

Nel programma stilato nel testo del documento vi sono altri punti realizzati il principale dei quali riguarda lo spostamento dei centri di potere reale dal Parlamento al Governo come in effetti è avvenuto e come stava in una misura ulteriore nel progetto renziano; e la drastica diminuzione di ruolo dei corpi intermedi, in particolare dei sindacati (da ottenere, secondo la P2, attraverso la scissione della CISL e il ruolo predominante nell’operazione che avrebbe dovuto svolgere la UIL)
Paradossalmente, sotto questo secondo aspetto, il documento della P2 avrebbe voluto concentrare il ruolo dei corpi intermedi dei soggetti associativi rappresentanti degli interessi specifici di categoria, all’interno del CNEL che invece il progetto renziano avrebbe voluto abolire.

Di grande interesse, ancora, e di assoluta attualità il contenuto del documento riferito all’istruzione.

Si prevedeva infatti il rilancio dei settori di istruzione tecnica attraverso il ritorno ad una rigida selezione di classe nell’accesso universitario con penalizzazione nell’accesso alle professioni intellettuali che sarebbero rimaste appannaggio dei ceti sociali più alti.

Si prevedeva anche (punto realizzato) l’istituzione di un ministero dell’Economia che inglobasse quelli che erano allora i ministeri delle Finanze, del Bilancio e del Tesoro.

Concludo così il primo capitolo di questa disanima riassumendo in tre punti l’orientamento politico del documento della P2 e lasciando a chi legge il giudizio sul grado di loro realizzazione e di eventuale attualità (escluso ovviamente il punto riguardante la lotta al PCI. La lotta a ogni insorgenza sociale però continua senza sosta, prova ne sia com’è stato affrontato da questo governo il tema dei migranti, come ci si rapporta con le lotte operaie e contro qualsiasi manifestazione di dissenso organizzato.)

1)      Lotta senza quartiere al PCI per trasformarlo in un soggetto di stampo liberal – democratico utilizzabile all’interno di uno schema maggioritario-bipolare;

2)      Presidenzialismo (obiettivo non raggiunto anche se si è cercato fittiziamente di introdurre il concetto nell’immaginario della società);

3)      Assetto corporativo della società (in realtà si è realizzato un meccanismo di sfrangiamento complessivo nel quadro di una sostanziale precarietà sociale. E’ indubbio però che nel modello “Marchionne” insistano elementi tratti dalla visione piduista.)

CONTINUA E SI CONCLUDE DOMANI

LA VIGNETTA SCELTA DALLA “BOTTEGA” E’ DI MAURO BIANI

 

 

 

Redazione
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