Pabuda come Noè

ieri la casa è rimasta

per metà allagata:

per un po’

sembrava una risaia.

superata l’emergenza,

una risata.

io m’ero

addormentato per colpa

di certe

eccessivamente puntigliose

 descrizioni dei caratteri

di certi

personaggi del romanzo

in cui m’ero immerso

dopo pranzo.

a un certo momento,

ho percepito uno strano vociare:

come in spiaggia, come al mare.

ero del tutto persuaso,

semplicemente, di sognare.

invece, no:

quando ho sentito

il campanello di casa

suonare

e subito dopo un richiamo

di poche sillabe:

allarmato, allarmante

e perentorio come un pugno

ho sgradevolmente realizzato

che non era un sogno:

il vicinato s’era mobilitato

a chiedere a gridare a suggerire

domandare rimproverare spettegolare:

l’acqua

cominciava a luccicare dinanzi alla tromba

delle scale!

la mia bella coinquilina

una notevole personcina direttamente

catapultata in questo paesello italico

dall’effervescente mondo giornalistico

d’oltre Atlantico –

si trovava acrobaticamente in bilico

tra il suo solito approccio filosofico

ultra-pragmatico

e più d’un pizzico di panico:

per evitare che il fiume

esondato dalla lavatrice o lavadora

dipende dai punti di vista…

visto il noto fenomeno

del bilinguismo casalingo –

s’infiltrasse tra i vecchi mattoni

le pietre e le travi

e il cemento preistorico

sino a far esplodere il bell’intonaco

dell’appartamento sottostante

in nuovi affreschi d’umido,

verdognoli paesaggi di muffe,

bolle di sudore condominiale

e crepe e venature…

insomma, per evitare

un simile cataclisma al piano di sotto,

la coinquilina bella e spiccia

ha ben pensato

di spedire a ramazzate decise

il surplus d’acque dilaganti

giù dal balcone:

trovandoci noi – lo scrivente,

 la coinquilina oltreoceanica

e una gatta di color nero

e umore simile

(e pure l’esondazione d’acqua e detersivo,

naturalmente) –

al quarto piano del palazzo d’epoca,

il decollo precipitoso

di quell’inabituale massa liquida

giù dal poggiolo o balcone

ha dato vita (oh, che magia!)

come a una cataratta, a una cascata

e soprattutto

a uno spettacolo, uno strepito, uno scandalo

che ha risvegliato

dal torpore pomeridiano

tutto il popolo vecchio, decrepito, anziano

del cortile, del palazzo di fronte

 e di quello ad angolo:

che animazione, che

insospettabile dinamismo del geronto-vicinato!

per la verità, all’assemblea popolare ha ritenuto

dare il suo contributo

anche un tale più giovane

sportosi da una finestra sghemba

per gridare:

ehi, non si lavano così i pavimenti!”.

dalla maison s’è levato un coro:

cazzo, lo sappiamo, non siam mica deficienti!”.

forse il tizio della finestra…

non poteva immaginare la straordinaria

straordinarietà degli straordinari eventi.

ben compresi, invece, dalla gatta nera

il cui cattivo umore ha palesato

chiudendosi in un altezzoso,

apatico ed ermetico mutismo:

di fronte a quel casino

manco una zampina d’aiuto, manco un miao.

e anche stamane, a parte le solite preghiere

per il pasto quotidiano,

di stretta tradizione felino-protestante,

di parole Negrita non ne ha dette tante.

 UNA BREVE NOTA

Il blog è in vacanza per un mese, cioè sino al primo settembre, ma le regole son fatte per trovare motivate eccezioni. Così dopo i tre post del 10 agosto (notizie da Taranto e doppio omaggio ai 100 anni di Jorge Amado) ecco un altro imprevisto: codesta neuropoesia di Pabuda (il titolo originario era “L’allagamento” ma io l’ho mutato) era troppo bellina per aspettare. E allora domani proseguo con le eccezioni: altri tre post – alle canoniche ore round midnight (suona Monk), 12 e 19 – sulle “ombre rosse” di ieri, oggi e domani. Poi dopodomani torna in vetrina Lettera ai poeti che verrannoa tenervi compagnia fino al 1 settembre… salvo ulteriori imprevisti. (db)

 

Redazione
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