Pabùda innamorato – di Mark Adin

Domenica scorsa mi ha colpito l’assenza, su questo blog, della consueta poesia di Pabuda. Lo spazio di Paolo Buffoni Damiani, poeta metropolitano toccato, come sovente capita ai poeti, dalla mano inconoscibile, mano pesante, del caos impietoso ma generatore, è rimasto inaspettatamente  bianco.

Questa sospensione, che ci priva dei suoi versi, è dovuta a fatto naturale e insieme straordinario – da lui stesso annunciato all’internèt –  la cui forza ed evidenza son rivelate al chakra della sua creatività. Ci ha fatto mancare un respiro che, come tutti i respiri, è oltremodo vitale e necessario.

Chi ha tolto la parola al poeta, che di parole vive?

Quale abitante del cielo si è interposto, con un mantello nero di silenzio, forse con ali grandi, a nasconderci il verso fatto di energia pulsante, a toglierci quel boccone di tenera bellezza travestita di modernità? Chi lo ha rapito?

Io lo so, e voglio tranquillizzare quante e quanti si preoccupino: Paolo è soggiogato dall’amore, che lo tiene ben stretto: un amore di tre lettere.

Possono dunque far molto tre lettere, se ordinate in un nome di donna, che pronunciate producano al Poeta – che di lettere costruisce l’Opera, che di suoni colora le sue ritmiche visioni – la perdita di contatto dal suolo, e lo smorzare il canto.

Il nome della donna che si ama è una specie di interruttore cosmico, che azionato mette in comunicazione con la sospensione di dolore e tempo. Se chiudiamo gli occhi e pronunciamo il nome, facciamo esperienza di quel motivo ultimo per il quale ha senso la verità del verso. E questo è poesia. Nel mezzo del suo sconfinato perimetro il Pabuda innamorato sta viaggiando, e ci indica una porta di accesso, attirandoci nel vuoto, musa e sirena. Quale sarà la chiave? Parola di tre lettere, spirito di Bartezzaghi aiutaci: Lia? Eva? Mia? Lea? Aba? Iva?

Potessimo conoscere una parola, una sola, che pronunciata ci portasse oltre, che ci spingesse in luoghi dove naturalmente dovremmo destinarci; potesse capitare a noi la stessa avventura, potessimo delirare cònsoni; potessimo perderci e bigiare i nostri impegni, fregarcene di tutto, alzare finalmente vela, farci percorrere dalla elettricità amorosa!

Ma l’amore non sta dentro a un cassetto. La disponibilità è precaria.

Non tornare presto, fratello innamorato, lascia che si sciupino, in tua assenza, fiumi di parole inerti, logore, sterili, già morte, rottami e avanzi di alfabeto. C’è già chi ne fa vanto, chi ottunde il senso, chi scrive abulico, privo di bellezza, cesso. C’è chi del vuoto ha paura, chi non rispetta il silenzio, e allora tende a riempirlo col nulla, convinto di essere importante. Fiumi di parole al vento, vanità fredde e involgarite pippe.

E’ invece bello, Paolo, saperti preso nell’amore, trovare che non c’eri, che il vuoto tuo è il più desiderato e folle. Ti auguro di non tornare presto, anzi di allontanarti ancora, con le tre lettere in punta di lingua formicolare nell’incontrare labbra, smisuratamente grandi, alle quali abbandonare ogni residua cicatrice temporale, ogni quotidiana meschineria e viltà.

Il tuo vuoto in questo blog, nella pigrizia della domenica, è oggi talmente vivo da scongiurare contaminazioni; il tuo silenzio è tanto eloquente da convertirsi, nell’attesa del ritorno gravido di nuove emozioni, in tracce di suoni e combinazioni metriche, vocalità del jazz, note di viaggio.

Caro sodale di sensibilità indovine, cercatore d’oro, domatore di animali di ringhiera e cantore ‘e figliendrocchie nonchè amico dei migranti, vola più in alto che puoi: ti guarderemo passare nel cielo, per mano di tre lettere, a scombinare nuvole e articolare guai.

Ben fatto, Pabuda: manderai poi cartoline ai tuoi fratelli, che in un accrocchio attendono, afflitti dall’arsura.

 

Mark Adin

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • Che bello questo articolo. Grazie

  • Mark, sei un Pazzo. Quindi, ti amo (come diceva quella mamma: l’amore non si partisce: si moltiplica). Posso solo aggiungere che il neuropoeta non è definitivamente ammutolito. Domenica prossima invierà dall’iperspazio una neuropoesia domenicale. Addiritturà “spiegando” come scrive Pabuda! E… ho detto tutto. Intanto si prepara il reading del 15/11 a Rozzano, con les enfants du voudou in gran forma (sperém)

  • Non sempre l’amore vuole rime. Spesso è cieco, perchè non dovrebbe essere anche muto? L’importante è che sia amore.

  • belin, mi son confuso!!! IL READING A ROZZANO E’ IL 16/11 non il 15. per info: http://www.pabuda,net

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *