Paradiso dei Potenti, Inferno dei Lavoratori…
… Viaggio nella regressione fiscale italiana ed europea
di Mario Sommella (*)
Ridere sotto la pioggia di soldi, viaggiare tra le nuvole dei paradisi fiscali, immortalare la propria vita sui social: la classe capitalista globale ama farsi vedere “normale”. Ma la normalità, per chi possiede capitali immensi, è un’altra cosa: non pagare le tasse come tutti gli altri.
Siamo cresciuti col mito dell’uguaglianza davanti alla legge, della progressività fiscale come colonna portante delle democrazie occidentali. Eppure, negli ultimi quarant’anni, questa architettura è stata smantellata, pezzo dopo pezzo. Nei Paesi ricchi, le aliquote massime sui grandi redditi sono crollate: dal 90% degli anni Sessanta al 40% di oggi, con una caduta ancora più rovinosa sui redditi da capitale. Un tempo erano imposte capaci di ridistribuire ricchezza e finanziare sanità, scuola, sicurezza sociale. Oggi, sono diventate un simulacro, una foglia di fico per sistemi sempre più iniqui.
La vera rivoluzione l’hanno fatta le élite economiche, spesso in silenzio. Bezos, Arnault, Elkann e i loro sodali vivono in un mondo dove la pressione fiscale reale è prossima allo zero. Non è una boutade di Warren Buffett – che dichiara di pagare meno tasse della sua segretaria – ma la spia di un sistema malato, costruito per proteggere e moltiplicare i patrimoni di pochi a scapito dei molti.
Paradisi fiscali, ora a due passi da casa
Non serve più nascondere denaro alle Fiji o alle Cayman: oggi i veri paradisi fiscali si trovano nel cuore dell’Occidente. La Svizzera, gli Stati Uniti, il Lussemburgo, la Germania: questi sono i paesi ai primi posti nel Financial Secrecy Index del Tax Justice Network. È l’invisibilità legale, garantita da sistemi finanziari opachi, trust, fondazioni, scatole cinesi che blindano l’identità dei beneficiari reali.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale, tra l’8 e il 10% della ricchezza mondiale (oltre 10.000 miliardi di dollari) è nascosta offshore. Non solo un “gioco da ricchi”, ma un sabotaggio diretto dei sistemi pubblici di welfare, dei diritti e della coesione sociale.
Il grande spostamento del carico fiscale
Le conseguenze sono devastanti: più i ricchi eludono o evitano le tasse, più il fisco si accanisce sui lavoratori dipendenti e sui ceti medi. Secondo l’Ocse, il continuo abbattimento delle imposte sui grandi patrimoni è stato “compensato” dall’aumento delle tasse sui redditi da lavoro e sui consumi. Mentre i miliardari si concedono matrimoni di lusso a Venezia, la sanità e la scuola pubblica rischiano la paralisi, finanziate con il sudore di chi non può sottrarsi al prelievo alla fonte.
In Italia, questa dinamica è particolarmente drammatica. Oltre il 90% del gettito Irpef arriva da lavoratori dipendenti e pensionati, mentre imprenditori e autonomi, pur rappresentando circa un terzo dei contribuenti, contribuiscono a meno del 10% del totale a causa della sistematica sotto-dichiarazione dei redditi (secondo il MEF, circa 90 miliardi di imponibile sommerso ogni anno).
Italia: il laboratorio della regressività
Dietro la maschera della progressività formale, il sistema fiscale italiano è diventato regressivo nei fatti. Il cuore del problema?
• Redditi da capitale (interessi, dividendi, plusvalenze) tassati con una flat tax del 26%, molto inferiore all’aliquota massima Irpef.
• Grandi immobili: tassazione tra le più basse d’Europa (in Francia vige la patrimoniale IFI sugli immobili di lusso).
• Trust e fondazioni: strumenti per schermare eredità e patrimoni, quasi immuni da verifiche.
Non esiste in Italia una vera imposta patrimoniale sui grandi capitali. L’Imu colpisce solo gli immobili diversi dalla prima casa e con aliquote ridotte, mentre i grandi portafogli finanziari versano una modesta imposta di bollo (0,2%), che per i patrimoni miliardari è del tutto marginale.
Il risultato?
• Il 10% più ricco degli italiani possiede il 55% della ricchezza nazionale (Banca d’Italia, 2023).
• L’1% più ricco detiene da solo il 20% della ricchezza.
• La quota di ricchezza in mano alla classe media è in costante erosione da oltre un decennio.
Evasione, elusione, nuovi paradisi: il volto “legale” dell’ingiustizia
L’Italia detiene il poco invidiabile primato europeo dell’evasione fiscale: tra 80 e 100 miliardi di euro l’anno. Non solo piccoli artigiani o commercianti, ma soprattutto grandi aziende, multinazionali e dinastie patrimoniali che sfruttano regimi di favore, prezzi di trasferimento, sedi “di comodo” all’estero.
Lo studio dell’EU Tax Observatory (2023) rivela che oltre il 25% dei grandi patrimoni italiani usa trust, società offshore, polizze vita “blindate” per occultare ricchezza in Svizzera, Lussemburgo, Regno Unito.
La flat tax per ricchi – introdotta nel 2017 – consente a chi sposta la residenza in Italia di pagare solo 100.000 euro di imposte l’anno, a prescindere dal reale ammontare dei redditi detenuti fuori confine. Nel 2023 sono stati più di 1.400 i super-ricchi stranieri ad approfittarne, facendo dell’Italia un nuovo paradiso “domestico”.
La flat tax per le partite Iva fino a 85.000 euro ha ampliato la forbice tra lavoratori dipendenti e autonomi, premiando i secondi con un carico fiscale drasticamente inferiore.
La crisi del welfare e la narrazione tossica
Il cuneo fiscale per un lavoratore medio italiano ha raggiunto il 46% (tra i più alti d’Europa), mentre il gettito generato dai “paperoni” si riduce di anno in anno. La spesa pubblica per istruzione, sanità, politiche sociali è in stagnazione da un decennio.
Il mantra dominante è che tassare i ricchi “spaventa i capitali”, che la patrimoniale sia il male assoluto, che bisogna “competere” in attrattività fiscale. Ma questa è una narrazione tossica, fatta apposta per scoraggiare ogni reale riforma, mentre i patrimoni si consolidano e la forbice sociale si allarga.
Liberalizzazione dei capitali: la vera svolta storica
Non siamo di fronte a una degenerazione casuale. La liberalizzazione globale dei movimenti di capitale – iniziata negli anni Ottanta e accelerata dopo la caduta del Muro di Berlino – ha segnato il passaggio dalla sovranità degli Stati al dominio dei grandi investitori. Gli Stati competono al ribasso, abbattendo le aliquote per attrarre o trattenere i ricchi, sotto la minaccia di “capital flight”.
L’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo hanno costruito fortune intere come “tunnel” fiscali per le multinazionali. Anche l’Italia si è adattata, offrendo regimi di favore ai nuovi residenti “globali”.
La partita internazionale e i sabotaggi: chi vince e chi perde
Ci sono tentativi di invertire questa tendenza. La global minimum tax dell’Ocse/G20, la proposta spagnola e brasiliana di una patrimoniale mondiale sui super-ricchi, la battaglia all’Onu promossa da Lula e Sanchez. Ma la realtà resta amara: ogni volta che si arriva al dunque, qualcuno si sfila, come ha fatto l’amministrazione Trump esentando le imprese americane dall’accordo, o come fa l’Irlanda con il suo veto europeo.
La chiave, come suggerisce Brancaccio, sta nel rompere l’illusione dell’unanimità. Andare avanti tra chi ci sta, applicare restrizioni commerciali e finanziarie ai Paesi che si chiamano fuori. È la logica degli standard minimi sociali, fiscali e ambientali: la lotta, non il compromesso.
Conclusione: tornare a una giustizia fiscale reale
In Italia e in Occidente il paradigma fiscale è stato stravolto: più ricchi, più esenti; più poveri, più tassati. La progressività è rimasta nei codici, non nei fatti. Eppure senza una giustizia fiscale autentica – senza una riforma coraggiosa e una strategia europea coordinata – la democrazia sociale rischia di trasformarsi in un carnevale senza fine per pochi e una quaresima infinita per tutti gli altri.
Luigi Einaudi, padre della Repubblica, ammoniva: “Le imposte sono il prezzo della civiltà”. Oggi la civiltà paga per tutti, i ricchi pagano per nessuno. Questa è la vera emergenza, il nodo da sciogliere. Il resto – inclusi selfie, matrimoni e jet privati – è solo rumore di fondo.
FONTI PRINCIPALI:
Ministero Economia e Finanze, Relazione sull’economia non osservata ed evasione fiscale (2023);
Banca d’Italia, Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (2023);
Agenzia delle Entrate, Statistiche fiscali (2024);
EU Tax Observatory, Report 2023-2024;
OCSE, Taxing Wages 2024, Revenue Statistics;
Tax Justice Network, Financial Secrecy Index.
(*) ripreso da «Un blog di Rivoluzionari Ottimisti. Quando l’ingiustizia si fa legge, ribellarsi diventa un dovere»: mariosommella.wordpress.com . Le due vignette invece, rubate a Vauro, sono una scelta redazionale: sono di qualche anno fa ma purtroppo restano vere.