Partecipazione e cambiamento

Ho avuto il piacere di discutere con un paio di amici di alcune cose che ho scritto su questo blog e la cosa mi spinge a specificare un po’ meglio, a scanso di equivoci.

Quando ho scritto che ci troviamo in una situazione di sovranità limitata non intendevo dire che con un governo diverso, anche di molto, da quello del professor Monti Mario vivremmo una situazione di piena sovranità popolare. Così come quando ho scritto che caduto Berlusconi si vedevano i burattinai non mi riferivo all’esistenza di un qualche disegno segreto ad opera di un qualche gruppo per dominare l’economia mondiale.

Se affermassi queste cose intenderei che il problema non è questo sistema di organizzazione sociale ma solo chi lo amministra. Ossia che basta cercare delle persone caritatevoli che si mettano ad amministrare bene l’esistente. Ammetto che sarebbe un passo avanti, ma avanti cosa? Se il generale in capo è un premio nobel per la pace forse che chi crepa sotto le sue bombe è più felice?

Un esempio con la Val Susa: l’aprire il 2012 con l’occupazione militare di una parte della valle rende il compito di chi si batte contro la realizzazione di un’immane truffa sicuramente più difficile rispetto al lasciare un semplice cantiere incustodito. Però anche se l’amministrazione facesse la scelta più mite non significherebbe che abbandona l’idea di realizzare l’opera, semplicemente la cantierizza in modo diverso, ma, partito il progetto e i primi lavori, si aprirebbero comunque i lascivi rubinetti della spesa pubblica.

Questo sistema si basa sulla rapina sistemica. Rapina di risorse prime verso i Paesi più poveri, rapina di vite umane dentro le fabbriche, rapina di vite umane fuori dalle fabbriche grazie all’inquinamento e così via.

Cambiare persone e leggi rimanendo all’interno di questa visione non significa assolutamente cambiare. Far notare che cambiano le facce e i modi ma che la sostanza è sempre la stessa può servire a far comprendere che il problema non sono le persone che amministrano ma ciò che amministrano.

Qualcuno, una trentina di anni fa, ha sognato di cambiare il sistema dal di dentro e, a parte la gloriosa carriera di alcuni di questi, i risultati si vedono; se l’intenzione era portare al collasso il sistema forse ci sono riusciti ma io preferisco quelli che si sono rifiutati di divenire ingranaggi ben oliati e hanno preferito rimanere granelli di sabbia che dessero fastidio agli ingranaggi.

Qui mi si apre un interrogativo che al momento mi limito a porre.

È corretto, prima che possibile, spendere tante energie per ottenere dei miglioramenti nell’esistente? Non si rischia così di dimenticare il vecchio detto per cui il pesce puzza dalla testa e quindi bisogna lavorare su come cambiare realmente l’esistente e non rattopparlo?

Rom Vunner

2 commenti

  • Caro Daniele che dire!
    Il pesce puzzerà sempre dalla testa, perché anche sotto, a molti, comunque piace puzzare.
    E il relativismo, oggi, ha tolto di mezzo anche i valori su cui discutere. Perciò continueremo a puzzare!
    Stefano

  • c’era anche chi diceva che siamo nel ventre della balena…. e bisogna farla affondare

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