Pd: quel 16-0 per cambiare poco o nulla

di Božidar Stanišić  

Il giorno dopo quel sedici a zero della vittoria pidina alle amministrative, mi è capitato di trovarmi in un bar di Udine, in compagnia di un conoscente di vecchia data.

Offro io, che prendi? Abbiamo vinto, finalmente!

Sbirciavo con la testa se parlasse di calcio, di lottomatica oppure di un’altra cosa. E lui, con la voce non meno trionfante dei politici che anche quel giorno glorificavano il successo, mi ha detto che pensava alla vittoria del Pd contro il centro-destra.

Mi ha chiesto che cosa penso, è curioso di sentire che ne pensa un immigrato da tempo presente in Friuli.

Va bene, ho detto, la vittoria è netta. Ma a cosa porterà, che sarà proposto e poi fatto quando tutto ‘sto trionfalismo si sgonfierà? (No, non gliel’ho detto che cosa penso sul trionfalismo come espressione eccessiva in qualsiasi campo.)

Perché non vai avanti?

Vado, ho detto, anche se le parole da sole non portano lontano. Va bene, ottenuta la vittoria, cosa faranno tutti i sindaci, le giunte e i consigli comunali dei 16 capoluoghi (ma anche degli altri Comuni, meno numerosi)? Daranno esempi concreti, gesti personali inclusi? Le giunte si riuniranno e analizzeranno quelle piramidi dell’eccesso nel pagamento (parassitismo sociale) del management dei Comuni e lo stesso proporranno a tutti i Comuni italiani? Qualcuno dirà, ad alta voce, ai segretari, ai dirigenti comunali e così via che non possono essere pagati come se fossero Obama?

Purtroppo, il mio conoscente non sapeva né quanto è pagato Obama, né quanto sono pagati i segretari e compagnia bella dei Comuni, delle Provincie, delle Regioni, tutta quella macchina burocratica che con l’amen dei politici in tutti questi decenni stra-guadagnava, cioè parassitava sulla società. Non sapeva molto sui premi a fine anno.

Va bene, torniamo almeno alla questione etica: è possibile che un signor-taglia-spese

del settore sociale a fine anno viene premiato perché ha tagliato anche i contributi ai più poveri? Che il premio viene versato sul suo conto corrente nei giorni di Natale?

Non sapeva neanche questo.

Valeva la pena dire a uno come lui, pover’uomo contento della vittoria del suo partito che, alla fine (e non solo perché io sono immigrato) mi interesso di tutto ciò che dovrebbe scottante almeno per la maggioranza dei cittadini?

Chissà? Forse perché, a differenza di molti assessori, sindaci e consiglieri di tutte le razze mi muovo con e fra la gente?

Ma lui è stato curioso: come possono funzionare i Comuni senza questi dirigenti? E se non accettano la riduzione di salari e premi?

Che non accettino! Non sai quanti giovani sarebbero capaci di fare le stesse cose, credo con la coscienza sociale più alta e meno egoista?

Lui taceva.

E i sindaci, gli assessori? Vorranno fare quel gesto che ha il nome di esempio

personale? Diranno a tutti che il Paese è in crisi, che vogliano diminuire i loro stipendi e gli altri costi delle politiche comunali? Diranno basta perché,

a esempio, il costo totale della burocrazia parassitaria ogni anno mangia case popolari (non costruite), progetti per i giovani (mai messi in piedi)

eccetera.

Lui pensa che la cosa sia più complessa. Ci vuole una èlite per guidare i Comuni, le Province, le Regioni, lo Stato.

Una elitè, ok. Ma non in primis in nome del denaro e con lo sguardo continuo sulle scale della carriera.

Avevo l’ impressione volesse dirmi che sentiva parole troppo moraliste, però non ha detto nulla oltre un acido «ci vediamo».

 

 

 

Redazione
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