Peace and love… Ci pensa la nonna?

un racconto di Riana Rocchetta (*)… dalle parti del fantastico.

La casa è rimasta disabitata per dieci anni. Abbiamo pensato a più riprese di venderla, anche se era mia madre a dover decidere, visto che la nonna l’ha lasciata a lei. Poi, ogni volta, qualcuno in famiglia cambiava idea e ora, mentre sto seduta in questo giardino a fare colazione, penso che sia stata solo una questione di fortuna.

Pochi mesi fa mi sembrava che la vita, a trent’anni, non avesse più niente da offrirmi. Una relazione con un uomo sposato che esauriva tutte le mie risorse fisiche e mentali, la tensione continua al lavoro per reggere la competitività e rispettare i tempi aziendali, gli happy hour alcolici nei fine settimana sempre per essere all’altezza della performance e il cerchio alla testa tutte le domeniche.

Poi è accaduta una cosa strana, coincidenze.

Mia madre mi ha chiesto se potevo venire qua per mostrare la casa a un compratore interessante. Appena arrivata mi si è rotta la macchina e ho dovuto trascorrere la notte in questa casa. Mi sono svegliata in un bellissimo mattino di tarda primavera e, andando al bar per un caffè, ho incrociato un forno dal quale usciva un meraviglioso profumo di pane e croissant. ”Basta bar”, mi sono detta e sono tornata indietro, sacchetto del forno in mano, a fare colazione sotto la veranda di nonna… guardando il minuscolo, incolto, verdissimo giardino. Poi, in casa, ho tolto le scarpe per camminare sul parquet, come quando ero piccola e scorrazzavo a piedi nudi avanti e indietro per le stanze.

È andata così.

Fine relazione tossica, basta piangere nei momenti liberi. Chiedere e ottenere il trasferimento in provincia dove i single in carriera come me non amano stare. Last but not least: cancellarsi da Facebook. Per ora, almeno.

La provincia: casetta, giardino, andare a piedi al lavoro, bicicletta, gatto, forse cane.

Sono bastate due settimane di permesso per rinfrescare le pareti con una mano di bianco, pulire a fondo il legno dei pavimenti, togliere polvere, far sloggiare i ragni.

Ho gettato via pochi mobili, mi piaceva quasi tutto, e molte suppellettili carine ma inutili. Ho trovato il ricordo del profumo di mia nonna dentro l’armadio, in un paio di coperte indiane molto belle e ho deciso di spostare in solaio un po’ di roba in attesa di decidere cosa farne.

La soffitta, per contenere tutto quello che non volevo gettare, andava pulita e organizzata. Dopo di che, conoscendomi, non ci avrei pensato più per chissà quanto.

Quassù è pieno di cose interessanti e mi perdo nei ricordi di nonna dei quali anche io faccio parte.

Giro la manovella e il pagliaccio esce dalla scatola, sobbalzo, ancora mi sorprende e mi fa ridere.

Tre Barbie: quasi una collezione.

Nel baule delle meraviglie trovo un paio di borse vintage anni sessanta bellissime, da riciclare.

Una scatola di latta che non si apre per via della ruggine, ma a forza di insistere ci riesco, sparge per terra decine di cartoncini. Bianchi da un lato, con disegni semplici, quasi infantili, a rappresentare cose, azioni e situazioni dall’altro. Una didascalia, in inglese, compare sotto ogni immagine.

Un pallino per la testa, cinque lineette per busto, braccia e gambe: man, uomo, dice la didascalia, se ha un triangolino rosso al posto del busto è donna. E mi viene in mente cosa sono.

Da giovane la nonna ha vissuto per alcuni anni negli Stati Uniti e ha frequentato una università americana. Si è interessata alla comunicazione visuale e ha lavorato con persone disabili utilizzando questo metodo.

In seguito ha intrapreso un’altra carriera ma queste carte vengono di sicuro da quel periodo.

I foglietti sono caduti mostrando la faccia, solo due delle carte cadute mostrano il retro e le giro mentre le raccolgo.

Guardo i simboli senza particolare interesse: in una ci sono due figurine che si additano con sotto la didascalia: NOI, nell’altra una bocca con la nuvoletta dei cartoon. Scritta sotto: PARLARE.

Sorrido, all’affacciarsi di un pensiero magico e sussurro:

«Nonna?»

Niente accade. Ovvio.

È che sono sola in un solaio buio e ragnateloso beh, buio proprio no, perché dall’abbaino arriva luce ma c’e tutto il menù di un fantasy per bambini:il solaio, il baule, le carte dall’arcano significato.

Sarà meglio che mi metta a lavorare, penso mentre raccolgo il mazzo dei simboli e li rimetto nella scatola di latta.

Dimentico l’episodio per qualche giorno. Quando trovo di nuovo un po’ di tempo per salire in soffitta, che è poi il secondo piano di questa piccola casa, trovo la scatola con i simboli rovesciata. Forse l’ho lasciata in bilico sul tavolino ed è caduta, ma sul pavimento, comunque, solo due carte sono scoperte: NOI e PARLARE.

Ritengo che le coincidenze abitino il regno della magia quindi chiamo di nuovo:

«Nonna?»

Anche la seconda chiamata rimane senza risposta.

Allora faccio un gioco, non so resistere a quella che ormai leggo come una provocazione dal regno di Altrove, che consiste nello spargere tutte le carte coperte a terra per poi rovesciarne solo un paio.

Il risultato è sempre lo stesso: PARLARE e NOI

Non sono più tanto sicura che mi piacerà abitare questa casa.

Qualcosa vuole che parliamo. Poteva essere peggio, ad esempio c’è una carta con l’immagine di un omino che tiene un coltello nel pugno alzato. Questo intendo per peggio.

«Senti» dico al vuoto che mi circonda, «io sono anche disposta a parlare con te ma ti avverto che non ho tutto il pomeriggio a disposizione.»

Silenzio.

Cambio tattica e metto le carte sul pavimento; ci sarà una immagine che simboleggia una vecchietta. Trovata la nonna e il punto interrogativo, rimescolo il mazzo.

E la risposta è:

NO

Bel risultato.

Ho a che fare con una entità che non è mia nonna, a quanto pare. Peccato, mia nonna era una tipa molto simpatica. Era stata giovane negli anni sessanta e la sapeva lunga.

Vorrei chiedere mille cose, ma i foglietti sono tanti e allo stesso tempo pochi per un discorso e mica facili da usare. La faccenda è lentissima e posso riassumere così l’intero pomeriggio:

1- Amico più donna

2- Amica più punto interrogativo

3- Amico più donna più nonna

Azzardo:

AMICA (della) NONNA

SI’

Bingo!

Si è fatta sera.

Raccolgo le carte e le porto giù in casa. La prossima volta starò più comoda.

Mi ci sono volute più o meno dieci ore per capire che un’amica della nonna è rimasta incastrata nei simboli.

Non nella scatola, come avevo pensato in un primo momento, ma proprio nelle carte. Credo.

Ieri ho avuto un’idea che mi è sembrata geniale. Ho cercato sul web e ho scoperto che i simboli per la comunicazione con immagini hanno percorso un sacco di strada dagli anni sessanta. Ora sono diventati tanti, con software dedicati e si possono comporre frasi molto più complesse. Nel frattempo con telefonate a mia madre e ad altri conoscenti ho scoperto che mia nonna, quando era negli Stati Unit, aveva una amica, morta molto giovane che si chiamava Rachele.

Do per scontato che sia lei.

Comunque la mia idea geniale non funziona. Rachele non interagisce col computer.

Allora continuiamo così, piano piano.

«Dov’è tua nonna?» domanda Rachele.

«È morta. Sei sola lì dove sei?» domando io

«Fammi uscire da qui» suona come un ordine.

La fa facile, lei. Ci penso in continuazione.

Tutto questo pensare mi porta ad avere la seconda idea geniale che consiste nello scannerizzare tutte le immagini e sperare che la mia incorporea amica, si trasferisca con loro nella cartella sul desktop che chiamo: ‘Rachele’. Sembra che la cosa questa volta funzioni. L’entità si è trasferita nel mio pc, più precisamente nelle icone che ora stanno nella cartella, ma è ancora imprigionata e la conversazione continua ad avvenire allo stesso modo, un po’ più veloce perché ho sistematizzato i simboli ma ancora troppo lenta. Intuisco che se riuscissi a far uscire questo cavolo di immagini fuori dal mio pc, nella rete, forse anche Rachele si potrebbe liberare.

Devo trovare una soluzione perché ormai l’unica frase che ottengo da lei è sempre quella

«Fammi uscire da qui.»

Telefono a un amico perché da sola non ci posso arrivare. Gli spiego quello che vorrei e spero che non mi siano sfuggite parole tipo entità o fantasma.

È perplesso ma non si sottrae.

Mi spiega che può fare una cosa che funziona come un virus senza esserlo ma io a questo punto non capisco più niente ed eseguo gli ordini.

Individuo un sito a caso; uno di lettura dei Tarocchi mi sembra proprio adatto. Mi accerto che nei contatti ci sia la possibilità di allegare un file e mando il link al mio amico che, mi dice, ci pensa lui. Quando il file che manderà verrà spacchettato Rachele si libererà nel sito, o in una pagina non ho capito bene, la spiegazione era troppo tecnica, e poi nei computer di tutti quelli che effettueranno l’accesso e così via a diffusione esponenziale.

Credo.

«CIAO RAGAZZINA» le parole lampeggiano sul monitor.

«WOW, sei Rachele?» scrivo.

«Cazzo, cinquant’anni chiusa in quella dannata scatola. Non ne potevo più. Grazie comunque.»

«Avevo capito che stavi nei simboli…»

«Simboli, scatola, che differenza fa?» il cursore lampeggia per qualche secondo, «quando è morta Gaby?

«Nel novanta e qualcosa…» non mi ricordo più, se si potesse balbettare per iscritto lo farei.

Rachele mi racconta che dopo morta non voleva andare nella luce come gli altri e, ha cercato in tutti i modi di mettersi in contatto con qualcuno. Lè è venuto spontaneo cercare la sua amica per comunicare attraverso i simboli che tutte e due avevano studiato.

«Ho cercato le carte e le ho trovate. Che ne sapevo io che Gaby le aveva chiuse in un cavolo di scatola di latta che non ha mai più aperto? Fra le altre cose dovrò appurare se la latta è la mia kriptonite.»

«Cos’è la kriptonite?»

Dopo le conversazioni smozzicate e rarefatte con quella che pensavo una signora d’altri tempi non mi aspettavo certo questo linguaggio. Con tutte le domande da fare non me ne viene in mente una. E la fa lei.

«Come ti chiami?» chiede Rachele.

«Isabella», mentre lo scrivo, non so perché, mi sento una bambina piccola.

«Beh, ciao Isabella, io vado» scrive lei. «Ci si sente. Qua è una figata.»

Ecco perché.

Negli ultimi giorni non è accaduto assolutamente nulla. Vado al lavoro, torno a casa, tengo sempre il pc sotto controllo ma tutto tace. Questo un po’ mi preoccupa. Seguo i notiziari e tutto quello che si discosta troppo dal solito tran tran mi mette ansia. Che so, il deragliamento di un treno in India, il lancio di una nuova sonda spaziale, un nuovo pretendente all’impero di Twitter.

«Ciao ragazzina.»

È una voce femminile profonda e sensuale, con un leggero accento americano che mi parla dal pc.

«Rachele!» esclamo, puoi parlare.

«Parlare, ascoltare. Posso fare un sacco di cose, ragazzina»

Quanto mi irrita che mi chiami così, in fondo quando è morta aveva più o meno la mia età.

«Dove sei stata?» chiedo, con un tono più scontroso di quello che vorrei.

«In giro, qua dentro c’è di tutto. E a cercare tua nonna Gabriella. Alla fine l’ho trovata.»

«Hai trovato la nonna?» più che emozionata sono stupefatta. «È lì con te?»

«No, mi dispiace… mi serve il tuo aiuto per tirarla fuori. È… rimasta incastrata… tipo me, sai.»

«Dove?» comincio ad annusare la trappola quando la sento diventare titubante.

«Ecco» riprende, «è vicino a te. Molto vicino.»

«Qui in casa anche lei?»

«In casa del tuo vicino, direi.»

«Ah, e cosa dovrei fare per recuperarla?»

A questo punto mi racconta che si sono parlate. Gaby, è rimasta intrappolata nelle molecole di un pezzo di plastica e non riesce a disincastrarsi. Cercava di comunicare con qualcuno, dopo morta e, dal momento che aveva un così buon rapporto col vicino di casa ha provato a contattarlo attraverso un filmato che avevano fatto insieme e che lui non ha mai più guardato. Proprio come è capitato a lei.

Ho voglia di parlare con la nonna. Potrei chiedere a mia madre se ha informazioni sul vicino ma non mi va di coinvolgerla in questa storia. Troppe domande.

Non so chi abiti nella casa di fianco alla mia.

«Vado a chiedere» se è da fare è da fare. «Cosa di preciso?»

Penso a che scusa potrei inventarmi. Mah, sarà ancora vivo questo vicino? Mentre infilo le scarpe Rachele interrompe il flusso dei miei pensieri.

«Ti informo che è una cosa un po’ imbarazzante»

«Cioè?»

«È un filmino pornografico, quello che devi cercare.»

«Cosa? Mia nonna?» ora che parlo direttamente con la voce posso balbettare.

«Un filmino amatoriale, sai, avevano una storia allegra.»

«Nonna Gabriella?» ripeto incredula.

«Ma insomma, ragazza mia, datti una spolverata. Tua nonna e io eravamo all’università negli States, negli anni sessanta. Mai sentito parlare di rivoluzione sessuale e un figlio dei fiori non pensa al domani e sex, drugs and rock’n roll?

Mi prende male. Non ce la posso fare.

«Intanto che ci pensi dai un’occhiata al tuo conto in banca.» Questa donna che non esiste mi spiazza.

Do un’occhiata, di solito sto al limite dello zero. Ma adesso ci sono diecimila euro.

«Come hai fatto, sono rubati? Andrò in galera e nessuno mi crederà mai.»

«Sono rubati ad altri ladri, imperi finanziari, multinazionali, cose così. Non ti preoccupare non se ne accorgeranno mai.» e a colmare la misura aggiunge «Questi sono per le spesucce, poi ti apro un conto alle Cayman ma ora vai a prendere tua nonna.»

Sono manipolata da un fantasma hippy e vado a bussare dal mio vicino.

La sorpresa è che non mi apre l’anziano che mi aspetto ma un giovane uomo che riconosco subito. Pranza alla tavola calda dove vado qualche volta, è sempre solo e mi piace una sacco.

L’imbarazzo si moltiplica per mille. Non so da che parte cominciare.

«Sto cercando il signor Gianni.»

Il signor Gianni non abita più lì da tempo; sta in un pensionato per vecchi signori e la casa è stata comprata da lui. Non posso andarmene a mani vuote. Rachele mi ha detto che il filmato è ancora in quella casa, in una videocassetta.

Straparlo, improvviso balle, mi contraddico, le orecchie mi bollono, sto per piangere.

«Ah» ride il mio bel vicino che si chiama Simone, «la collezione di video del signor Gianni? Una vera chicca, peccato che siano su un supporto che non esiste quasi più. Sì, sono più erotici che porno anche se…»

Nel frattempo mi ha fatto entrare ma non riesco a guardarmi intorno, sono troppo imbarazzata.

«Gianni e la signora che mi dici essere tua nonna erano molto simpatici e avevano un vero talento per il cinema» spiega. «Non li ho mai gettati, forse perché lavoro in un settore analogo…»

Ora è lui che mi sembra imbarazzato e soprassiede.

«Credo di essere uno dei pochi che ha ancora un lettore di videocassette, le vuoi vedere?» propone.

«Nooooo grazie, Ecco guarda mi serve la cassetta con questa data, gli mostro un foglietto. Poi te la riporto.»

Mi guarda come se mi studiasse.

«Le puoi prendere anche tutte, hai un lettore? Ti presto il mio. Rendimelo quando vuoi, non c’è fretta.»

Me ne vado con il lettore e la cassetta stretti fra le mani sudate.

Mai più così una figura, mi riprometto.

E penso male perché, per estrarre un paio di fotogrammi della bocca della mia nonna che si avvicina a cosa non riesco neppure a dirlo devo chiedere di nuovo al mio amico tecnologico e non basta una telefonata perché la cassetta gliela devo portare e adesso anche lui penserà che sono andata fuori di testa e comunque, alla fine, per diecimila euro due figure così di merda le posso anche fare.

Metto il file in rete e come l’altra volta passo attraverso il sito dei tarocchi. Simbolo più, simbolo meno, adesso quasi mi scappa da ridere.

Nonna Gaby e Rachele sono a spasso per il web da alcuni giorni e, a parte i ringraziamenti d’obbligo, non le ho più sentite. A quanto pare sembra proprio che io sia molto meno interessante del mondo ‘figo’ che c’è là fuori. O là dentro. Non ho ancora toccato i diecimila euro che sono sul mio conto e non sono più andata alla tavola calda nel timore di incontrare Simone.

«Isabella» mi chiama una voce dolce dolce dall’altoparlante del pc.

«Nonna, finalmente. Spero avrai tempo di raccontarmi e di rispondere a tutte le mie domande.»

«Ciao Isa» si intromette il tono profondo di Rachele.

Nello stesso istante qualcuno suona alla porta.

«Non aspetto nessun pacco» dico al corriere che insiste per farmi firmare su un tablet.

«Sì, noi aspettiamo un pacco» grida la nonna dal computer.

Guardo con sospetto lo scatolone molto grosso e pesante appoggiato sul pavimento del mio salotto.

«Aprilo, aprilo» le voci delle due amiche si sovrappongono eccitate, «è per te.»

Il pacco contiene una serie di strumenti tecnologici che non capisco, ma, guidata dalla nonna e da Rachele riesco ad accendere un computer nuovissimo e collegarlo con i sensori di una tuta tipo Spiderman che mi sta a pennello.

«Il programma è già configurato, premi ‘invio’ e ci sei» dice nonna.

E…. magia: sono nel metaverso, in un luogo, che sembra tutto insieme un casinò di Las Vegas, un videogioco, un film della Marvel e un sogno allucinato. Di fronte a me ci sono due ragazze, cioè due fumetti di ragazze coi capelli lunghi, la minigonna gli stivali sopra il ginocchio collane colorate e ciondoli con il simbolo della pace. Mi specchio in una vetrina, mi tocco i capelli e la figura riflessa che si tocca i capelli. sono io , un cartoon tridimensionale, con i calzoni scampanati, un paio di zatteroni ai piedi, un sacco di braccialetti e la sigaretta.

«Ma io non fumo», è la prima cosa che mi viene da dire.

«In questo mondo sì» dice la ragazza. bionda e alta che riconosco come nonna Gaby.

«E bevi anche» ride e indica un tavolino con tre sedie.

«Sediamoci lì, che dobbiamo parlare.»

Mi guardo intorno, stordita.

«Ma tutto questo, questa tecnologia, esiste già, voglio dire, nel mondo reale?»

«Oh sì, dice la nonna, oppure fra un po’. «Questa è roba della Nasa. Ci stiamo ancora guardando intorno.»

Una cameriera sui pattini a rotelle ci porta un drink al tavolino e io bevo un mohito virtuale e sento anche un sapore che non dovrebbe esistere.

La cameriera porta appeso al collo lo stesso ciondolo delle due amiche e mi fa l’occhiolino. Che anche lei sia della banda?

«Incredibile» commento, «e bellissimo, sembra una favola, mi potrei anche ubriacare, secondo voi?»

«Se ti concentri… forse. Ti sembra una favola perché ti stiamo facendo vedere la parte bella.»

«Abbiamo visto l’abisso», commenta Rachele mentre sorseggia il suo drink.

«Ma ci sono altri come voi, o come me che parlo con voi a passeggio da queste parti?»

«Sì, tutta gente che non sa stare al proprio posto» ridacchia Gaby. «Ma non è di questo che vogliamo parlarti. Vedi, quando eravamo giovani noi credevamo che avremmo costruito un mondo migliore, tutti insieme. E adesso, dopo qualche giro qua intorno abbiamo constatato che le cose vanno veramente male. Non scherzo se ti dico che abbiamo visto l’abisso in cui sta cadendo l’umanità.»

«Io me ne ero accorta mentre ero ancora viva» salta su la nonna mentre si accende una sigaretta che sembra una canna, «ma da soli dove si va? Comunque, sappi che ora noi possiamo fare molte cose per rimediare a tutto questo e abbiamo deciso di intervenire.»

«Come?» chiedo.

Mentre osservo consumarsi la sigaretta della nonna sento che la risposta non mi piacerà.

«Lo sai che di qua governano i numeri? Parlano di intelligenza artificiale ma c’è sempre un omino lì fuori che decide cosa fare.»

«E allora?»

«Pensi che noi non siamo in grado di generare algoritmi altrettanto validi? Migliori per l’umanità? Noi adesso, da qui dentro, possiamo tutto. Distruggere le fabbriche di armi, far crollare gli imperi finanziari, controllare le multinazionali, far inciampare i potenti nei loro stessi piedi…» si mette a ridere, «ci pensi? Sconvolgeremo tutto. Prenderemo il potere.»

«Scusate, ma non penserete che il caos sia la soluzione, vero?»

«Che tenera questa ragazzina» dice Rachele rivolta alla nonna e mi sembra che i loro occhi lampeggino.

«Io sono Shiva, il dio della morte» ride Rachele citando uno dei miei film preferiti.*

«Hai letto il mio diario» l’accuso.

Non mi ascolta e prosegue:

«Tu, comunque, non ti devi preoccupare. Hai un conto alle Cayman bello grosso, così potrai aiutarci stando da quella parte.»

«Ma io…» son di nuovo qui a balbettare.

Si alzano, le due ragazzine hippies anni sessanta e si allontanano ridendo e spintonandosi a vicenda mentre grido loro:

«Come la mettiamo con peace and love»?

«Salutaci il tuo vicino tanto carino, quel Simone.»

Mi tolgo il visore , i guanti e la tuta con gli elettrodi.

E ora?

Vado in bagno a farmi una doccia, ho i brividi eppure sono sudatissima. Sento che sarà un casino.

Comunque ho deciso cosa fare. Metto il mio vestito migliore, mi trucco con insolita cura, esco di casa e vado a bussare da Simone.

C’è, che fortuna. Mi sento audace.

«Sei solo? Sono venuta a invitarti a cena.»

Mentre entro nel suo ingresso accolta da un sorriso parecchio invitante sul monitor del pc che sta sul tavolo inizia a lampeggiare un simbolo. È un cerchio con un tridente invertito all’interno, tipo una zampa di gallina. È il ciondolo di nonna Sofia. Do un’occhiata al mio telefono, anche lì lampeggia la stessa immagine.

«Che strano» dice Simone mentre stiamo uscendo, «mi sembrava di avere spento il computer. E quello cos’è?»

Non gli dico che probabilmente questo sta accadendo su tutti i monitor del mondo e che è l’inizio della rivoluzione.

«Andiamo» dico mentre mi innamoro, «ti racconto tutto a tavola».

(*) George Clooney nel film ‘Michael Clayton‘ (2007)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *