Pedagogia della pace: contro ogni razzismo

di Alessandro Marescotti (*)

Recensione a Laura Tussi «Educazione e pace» – «Dalla Shoah al dialogo interculturale» (Mimesis edizioni) 

Ci sono almeno tre buoni motivi per fare educazione per la pace oggi, come propone il libro di Laura Tussi

Primo: fermare le guerre. 

Secondo: fermare il razzismo.

Terzo: fermare la violenza quotidiana nelle scuole.

La nostra è un’epoca di Resistenza. Tutto ciò che lavora contro la sopraffazione e l’imbarbarimento sociale è di fatto costruzione della pedagogia della pace. “Resistere” è oggi lavorare per la destrutturazione dei pregiudizi e delle semplificazioni autoritarie. “Resistere” passa per la promozione di alternative alla violenza. “Resistere” è sperimentare una vita migliore in ambienti accoglienti di quotidianità semplici, sinceri e intelligenti. Abbiamo bisogno di resistere di fronte a una marea montante di rozza e barbara intolleranza, basata sulla meschinità, sull’egoismo e la protervia più sfacciata. Una protervia che si impara a scuola, a “lezione” di bullismo. O imparando a odiare gli immigrati, i diversi, le culture che con comprendiamo, quelle distanti, che parlano lingue e tradizioni a noi indecifrabili.

Abbiamo bisogno di essere tutti coinvolti in una pedagogia della vita quotidiana che ami la bellezza, l’arte e la cultura. Che educhi alla complessità e alla pazienza, al dubbio e alla saggezza. Tutto questo è impegno contro la guerra come espressione di barbarie.

Oggi però la guerra fa leva non solo sui portatori di pregiudizi e di intolleranza. Stiamo assistendo a una raffinata strategia che punta a conquistare un pubblico un tempo distante dal sangue e dalle armi.

Oggi la nuova frontiera è coinvolgere il cuore dei difensori dei diritti umani, fa leva sul ripudio dell’ingiustizia e sull’amore della libertà. E’ questo forse il più subdolo mezzo con cui la guerra punta a conquistare gli indignati, gli animi sensibili, che non tollerano le ingiustizie e che vorrebbero abbattere le dittature, magari con la “guerra umanitaria”.

Questo è il nuovo inganno con il quale l’antico e forte sentimento di pace rischia di svanire per sempre.

La violenza giusta e la guerra umanitaria irrompono e diventano sfida.

E alla sfida della guerra bisogna rispondere oggi mettendo in campo l’intelligenza, la saggezza e l’esperienza storica.

Scriveva Voltaire: «Il più grande dei crimini è la guerra; non vi è alcun aggressore che non dipinga questo misfatto con il pretesto della giustizia».

A bene vedere, se mettiamo per un attimo da parte la brutale e insensata follia della violenza, ogni guerra ha avuto giustificazioni plausibili, ragionevoli pretesti, indiscutibili ragioni per agire subito e con fermezza. E’ a questa “ragionevolezza” della guerra che dobbiamo rispondere con intelligenza. Essa viaggia in parallelo con la “ragionevolezza” con cui respingiamo gli immigrati e con altre ragionevoli ragioni che ci spingono ad essere “ragionevolmente” violenti.

Il libro di Laura Tussi – che da tempo è impegnata sul terreno della pedagogia della pace – offre al mondo dell’educazione e della scuola elementi di pregio per riflettere. La scuola è oggi minacciata nella sua funzione primaria educativa e deve fare i conti con la sua stessa sopravvivenza. Ma è questa situazione di disagio e tensione che dà agli educatori una ragione in più per farne il terreno privilegiato della speranza progettuale, dove far “resistere”, con l’educazione alla pace, un’idea umana e motivante di futuro per le nuove generazioni.

(*) Alessandro Marescotti è presidente di PeaceLink- Telematica per la Pace e scrive per la rivista «Tempi di fraternità» (Donne e Uomini in ricerca e confronto comunitario)

 

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