Pena di morte: orrori fra Usa e Iran

Due testi ripresi dal «Foglio di collegamento del Comitato Paul Rougeau»; a seguire la presentazione e il sommario del numero 279

NERO CONDANNATO A MORTE IN MISSISSIPPI SCAGIONATO DOPO 26 ANNI

Eddie Lee Howard è stato scagionato ufficialmente venerdì 8 gennaio 2021, dopo 26 anni di battaglie legali per far riconoscere la sua innocenza.

Eddie Lee Howard fu condannato a morte nel 1994 dopo essere stato dichiarato colpevole della violenza carnale e dell’accoltellamento mortale di Georgia Kemp, una donna bianca di 84 anni, avvenuti a Columbus in Mississippi, con la principale prova a carico costituita dai segni dei morsi trovati sul corpo della vittima.

Una diversa valutazione dei segni lasciati dai morsi e le autorevoli testimonianze che confermano il suo alibi, nonché i risultati dei test del DNA sui materiali organici trovati sulla scena del crimine, tra cui il sangue trovato sull’arma del delitto, provano l’innocenza di Howard.

Eddie Howard è stato liberato dal braccio della morte del Mississippi all’inizio di Dicembre 2020 prima dell’emissione della sentenza assolutoria.

Il 31 agosto scorso, la Corte Suprema del Mississippi aveva annullato la condanna a morte di Howard, riconoscendo che l’unica prova contro di lui era costituita dalla perizia sui morsi. Come ha osservato la Corte, “un colpevole non può essere identificato in modo attendibile per mezzo di una perizia sui morsi”, tuttavia la perizia sui morsi è stata “la prova più importante presentata dall’accusa durante il processo di Howard”.

Dal momento in cui è entrato in carica, l’accusatore distrettuale Scott Colom ha esaminato con molta attenzione al caso di Eddie Howard, ha studiato la sentenza della Corte Suprema del Mississippi, ha esaminato accuratamente le prove ed ha deciso di non ricorrere contro la sentenza assolutoria.

Voglio esprimere la mia gratitudine alle tante persone che hanno responsabilmente contribuito a trasformare il mio sogno di libertà in realtà”, ha dichiarato Eddie Lee Howard. “Vi ringrazio dal profondo del cuore, perché senza il vostro duro lavoro in mio favore, sarei ancora rinchiuso in quel terribile posto chiamato Dipartimento di Correzione del Mississippi, nel braccio della morte, in attesa di essere giustiziato.”

Prove forensi inaffidabili

La Corte Suprema del Mississippi ha preso una posizione forte nel rifiutare i risultati della ‘scienza spazzatura’ come prova per mettere a morte un uomo”, ha dichiarato Chris Fabricant, avvocato del Mississippi Innocence Project, che difende Eddie Howard. “Siamo grati del fatto che la Corte abbia identificato tale guasto nel caso del signor Howard, stabilendo che la scienza spazzatura non ha posto nel nostro sistema giudiziario”.

Il caso di Eddie Lee Howard è un chiaro esempio di come prove forensi inaffidabili possano portare a una condanna ingiusta. Ad oggi, Eddie Howard è uno dei quattro abitanti del Mississippi la cui accusa di omicidio è stata ribaltata mentre erano rinchiusi nel braccio della morte a causa di screditate ascientifiche prove forensi.

Questi casi non sono affatto isolati. Il caso Howard segna la 28° liberazione negli Stati Uniti d’America conseguita al riconoscimento della fallacità della perizia sui morsi. Il Mississippi Innocence Project sta attualmente lavorando su due ulteriori condanne a morte conseguite in gran parte dall’uso di perizie sui morsi.

Howard è stato condannato a morte sulla base di indagini forensi infondate, senza alcuna prova fisica o testimoni del crimine”, ha detto Vanessa Potkin, un altro degli avvocati del Mississippi Innocence Project. “Come Howard, altri 21 uomini e donne nel braccio della morte in tutto il Paese hanno avuto comprovata la loro innocenza attraverso il test del DNA, incluso il nero Kennedy Brewer. Brewer ha trascorso 15 anni nel braccio della morte del Mississippi dopo essere stato condannato in base alle prove sui morsi. Sappiamo che ci sono persone innocenti attualmente nel braccio della morte, che chiedono assistenza dopo la condanna. La pena di morte è la forma di punizione più estrema e irreversibile. Il caso del signor Howard chiarisce ottimamente il motivo per cui non possiamo permetterci di utilizzare la pena di morte quando l’errore umano è ancora così frequente nel sistema di giustizia penale”.

I difetti del sistema penale

L’ingiusta condanna di Eddie Lee Howard consegue ad una serie di errori tragicamente comuni, tra cui un’indagine fallita della polizia e i pregiudizi razziali.

All’inizio del caso, la polizia della Contea di Lowndes non aveva sospetti credibili e arrestò Howard senza alcun documentato, ragionevole sospetto.

Dei 375 esoneri in seguito alle analisi DNA riscontrati negli Stati Uniti dal 1989 ad oggi, 225 riguardano neri. Decenni di analisi dei dati stabiliscono che la razza della vittima influisce pesantemente sulla probabilità che l’imputato sia accusato di omicidio capitale e riceva la pena di morte.

Come riportato lo scorso anno dal Death Penalty Information Center (1) i dati sugli omicidi e sulle esecuzioni tra il 1976 e il 2014 indicano che i condannati per l’omicidio di persone bianche hanno una probabilità 4 volte maggiore di essere messi a morte rispetto ai condannati che hanno ucciso neri. Il fatto che il Eddie Howard sia stato ingiustamente accusato e condannato a morte per l’omicidio di una donna bianca mette in luce le profonde disparità razziali nell’amministrazione della giustizia e nell’uso della pena di morte negli Stati Uniti.

Oggi Howard è libero, 26 anni dopo essere stato rinchiuso ingiustamente per la prima volta nel braccio della morte nella Parchman Farm, un’azienda agricola in cui lavoravano gli schiavi trasformata in prigione, una delle strutture più pericolose e brutali degli Stati Uniti.

Questa è una vittoria agrodolce”, ha dichiarato l’avvocato Tucker Carrington del Mississippi Innocence Project. “Siamo felici del fatto che Howard abbia finalmente la libertà e una parvenza di giustizia, ma ha perso quasi tre decenni della sua vita rischiando l’esecuzione a causa di un sistema giuridico fallimentare. Il suo caso ci ricorda che c’è ancora molto lavoro da fare per aiutare altri che come Howard hanno perso preziosi anni della loro vita in seguito a condanne ingiuste”.

  1. Vedi: Enduring Injustice: the Persistence of Racial Discrimination in the U.S. Death Penalty | Death Penalty Information Center

 

LA PENA DI MORTE IN IRAN NEL 2020

L’Iran continua ad essere uno dei paesi che usa di più la pena capitale. Nel 2020 il regime clericale ha emesso ed eseguito sentenze di morte per crimini politici, per reati di droga, reati sessuali, moharebeh (fare la guerra a Dio) (1), per rapina a mano armata e per consumo di alcol. Ecco i dati forniti da Iran Human Rights Monitor:

  • Almeno 255 persone sono state messe a morte in Iran nel corso dell’anno.

  • 54 esecuzioni sono state annunciate da fonti ufficiali.

  • Almeno 198 esecuzioni sono conseguite ad accuse di omicidio.

  • Almeno 26 persone state giustiziate dopo essere state accusate di reati di droga.

  • Una persona è stata impiccata in pubblico.

  • Sono stati mesi a morte almeno 6 minorenni al momento del crimine.

  • Almeno 8 donne sono state impiccate.

  • Tra coloro che sono stati messi a morte vi erano almeno 12 prigionieri politici

I precedenti dati sono incompleti perché le condizioni altamente repressive non permettono agli attivisti dei diritti umani di accedere alle informazioni. Dal momento che in Iran molte esecuzioni vengono portate a termine in segreto, i dati reali devono essere considerati più alti di quelli qui riportati.

Per terrorizzare la società, prevenire lo scoppio di proteste e proteggere il regime l’Iran ha avuto bisogno di emettere ed eseguire condanne a morte con continuità durante tutto l’anno. A questo scopo ha emesso pene capitali contro i manifestanti.

Inoltre, con l’esecuzione delle condanne a morte per reati come il consumo di alcol o la rapina, le autorità iraniane hanno inteso terrorizzare e intimidire la società civile.

Le condanne a morte sono state inflitte con una diffusa violazione delle regole del giusto processo. Per queste ragioni, il regime iraniano è stato censurato da organizzazioni e istituzioni internazionali per i diritti umani.

Iran Human Rights Monitor esorta il Segretario Generale delle Nazioni Unite, l’Alto Commissario per i Diritti Umani, il Consiglio per Diritti Umani delle Nazioni Unite, i Relatori Speciali delle Nazioni Unite e tutte le organizzazioni internazionali che difendono i diritti umani a intraprendere azioni urgenti per fermare la tortura e le esecuzioni in Iran. Il dossier sulle violazioni flagranti e sistematiche dei diritti umani in Iran deve essere sottoposto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ancora una volta Iran Human Rights Monitor chiede la formazione di una delegazione internazionale d’inchiesta che visiti le prigioni e i prigionieri iraniani.

Esecuzione di prigionieri politici

Le esecuzioni di manifestanti e prigionieri politici nel 2020 sono chiari esempi dell’uso repressivo della pena di morte da parte del regime iraniano.

Secondo le informazioni pubblicate dai media statali e dagli attivisti per i diritti umani, in Iran nei mesi scorsi sono stati emesse sentenze di morte per le persone arrestate durante le proteste di dicembre 2017-gennaio 2018, agosto 2018 e novembre 2019.

Tre manifestanti arrestati durante le proteste del novembre 2019 a Teheran sono stati condannati a morte, così come 5 manifestanti arrestati a Isfahan durante le proteste del dicembre 2017-gennaio 2018.

Il lottatore 27-enne e campione nazionale, Navid Afkari è stato arrestato a Shiraz dopo le proteste dell’agosto 2018. È stato impiccato il 12 settembre 2020. (Vedi n. 275)

A precederlo è stato Mostafa Salehi, un manifestante arrestato a Isfahan durante le proteste del dicembre 2017-gennaio 2018, che è stato giustiziato il 5 agosto 2020. (vedi n. 275)

Il prigioniero politico Mostafa Salimi era tra le decine di detenuti che sono evasi dalla prigione di Saqqez il 27 marzo 2020. È stato nuovamente arrestato e giustiziato due settimane dopo, l’11 aprile (vedi n. 270, Notiziario)

Due prigionieri politici curdi, Diako Rasoulzadeh e Saber Sheikh Abdollah, condannati a morte sulla base di confessioni estorte loro sotto tortura, sono stati impiccati nella prigione centrale di Urmia il 14 luglio 2020.

Il prigioniero politico curdo Hedayat Abdollahpour è stato giustiziato dal plotone d’esecuzione in un campo base militare a Oshnavieh l’11 maggio 2020.

Un prigioniero politico baluchi, Abdol-Basset Dahani, è stato giustiziato nella prigione centrale di Zahedan il 23 aprile 2020. Prima di essere giustiziato, aveva dichiarato di essere stato costretto sotto torture feroci a fare false confessioni.

Il regime ha anche messo a morte Ruhollah Zam il 12 dicembre 2020, per intensificare l’atmosfera di terrore e repressione e prevenire lo scoppio di proteste. (vedi N. 278).

Esecuzione di delinquenti minorenni

Il regime clericale ha continuato a eseguire le condanne a morte in Iran nei confronti di criminali minorenni, in violazione dei suoi obblighi internazionali. Almeno 6 vittime della pena di morte nel 2020 erano minorenni al momento di commettere il crimine. Si tratta di: Majid Esmailzadeh, Shayan Saeedpour, Arsalan Yassini, Mo’ayyed Savari, Amir Mohammadpour e Mohammad Hassan Rezaii.

Mohammad Hassan Rezaiee è stato messo a morte in Iran il 31 dicembre u.s. dopo essere stato accusato di un crimine che avrebbe commesso a 16 anni di età. Ravina Shamdasani, portavoce dell’OHCHR (Ufficio per Diritti Umani dell’ONU) il 1° gennaio ha affermato che nel 2020 sono stati messi a morte in Iran almeno quattro minorenni all’epoca del reato loro contestato e ha esortato l’Iran a porre fine a tale “pratica spaventosa”. Nella dichiarazione si sottolinea che Michelle Bachelet, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, ha espresso la sua delusione per il fatto che l’esecuzione sia stata portata a termine nonostante gli interventi dell’OHCHR presso il Governo dell’Iran. Ravina Shamdasani ha aggiunto che la confessione di Mohammad Rezaiee è stata ottenuta con la tortura.

Majid Esmailzadeh è stato impiccato nella prigione centrale di Ardabil il 18 aprile 2020 dopo essere stato torturato per ottenere la sua confessione. Majid aveva 16 anni al momento di commettere il presunto omicidio. A causa della povertà della sua famiglia, non ha potuto avere un’assistenza legale adeguata. L’avvocato d’ufficio non ha mai risposto alle chiamate della sua famiglia.

Shayan Saeedpour è stato impiccato il 21 aprile 2020, per un crimine che aveva commesso quando era minorenne. Era tra i detenuti che fuggirono dalla prigione di Saqqez il 27 marzo 2020, dopo lo scoppio di una rivolta in carcere durante le proteste per le condizioni della prigione durante la pandemia di Coronavirus. Era stato arrestato una settimana dopo l’evasione, il 3 aprile 2020.

Inoltre, Danial Zeinol Abedini, un condannato a morte minorenne, è stato picchiato a morte dalle guardie carcerarie nella prigione centrale di Mahabad. Il suo corpo è stato restituito alla famiglia il 2 aprile 2020.

Esecuzioni di donne

Almeno 8 donne sono state giustiziate in Iran nel 2020. Il regime iraniano è il primo boia di donne al mondo.

Le leggi del regime iraniano non discriminano. Pertanto, chiunque commetta un omicidio è condannato a morte indipendentemente dalle sue motivazioni. Molte delle donne condannate a morte per omicidio in Iran sono vittime di violenza e sono state condannate a morte dopo processi grossolanamente ingiusti.

Esecuzioni per crimini minori

Almeno 13 persone sono state giustiziate nel 2020 per accuse legate a droga, stupro, rapina a mano armata e a consumo di alcol.

Nel luglio 2020, giustiziando un uomo per aver bevuto alcolici, il regime iraniano ha mostrato che usa la pena di morte a scopo repressivo: Morteza Jamali, 55 anni e due figli, è stato impiccato nella prigione centrale di Mashhad l’8 luglio 2020.

Shahrouz Kazemi Noureddinvand, 28 anni, è stato giustiziato a Isfahan il 30 settembre 2020 dopo essere stato condannato a morte per rapina a mano armata in una gioielleria. Il giovane aveva compiuto la rapina a causa della sua povertà e non aveva ferito nessuno durante il suo tentativo.

  1. La condanna per moharebeh, che viene inflitta per lo più agli oppositori del regime, può dar luogo a quattro tipi di punizione: pena di morte, amputazione incrociata degli arti, crocifissione e/o esilio, sebbene si ricorra soprattutto alla pena di morte.

PRESENTAZIONE E SOMMARIO DEL NUMERO 279 DEL “FOGLIO DI COLLEGAMENTO”

Anche questo numero è dedicato in gran parte agli Stati Uniti d’America, dove il presidente uscente Donald Trump ha imperversato fino al 20 gennaio, giorno in cui è stato sostituito da Joe Biden.

Il 6 gennaio alcune centinaia di facinorosi sobillati dallo stesso Donald Trump hanno scatenato un incredibile assalto al Campidoglio di Washington DC, sede del Parlamento federale, che ha causato la morte di quattro persone.

Trump ha lasciato uccidere gli ultimi tre condannati a morte nella giurisdizione federale per i quali il suo governo aveva fissato l’esecuzione: Lisa Montgomery uccisa il 13 gennaio, Corey Johnson ucciso il 14 gennaio e Dustin Higgs ucciso il 16 gennaio.

Pur continuando a dire di essere stato frodato nel conteggio dei voti elettorali Donald Trump ha dovuto lasciare il potere al nuovo presidente Joe Biden, un oppositore della pena di morte nel quale gli abolizionisti statunitensi e non solo sperano.

In questo numero trovate notizie sostanzialmente positive riguardanti la pena di morte nelle giurisdizioni di tre stati USA: Carolina del Sud, Tennessee e Virginia.

Le notizie negative riguardano come sempre l’Iran.

Il numero finisce con una buona notizia: l’abolizione della pena di morte in un paese al centro dell’Eurasia, il Kazakhstan.

Un articolo parla di Claudio Giusti, il valoroso abolizionista italiano che il 23 gennaio ci è stato portato via dalla pandemia in corso.

Vi ricordo che gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org

Giuseppe Lodoli
per il Comitato Paul Rougeau

 

SOMMARIO

USA: tumultuoso passaggio del potere da Donald Trump a Joe Biden    

35 parlamentari abolizionisti hanno scritto una lettera a Joe Biden                    

Un’iniezione letale: l’ultimo abuso subìto da Lisa Montgomery   

Ucciso Corey Johnson nella giurisdizione federale USA      

Ucciso Dustin Higgs nella giurisdizione federale USA                      

Analisi del DNA a favore di Payne condannato a morte in Tennessee                          

Nero condannato a morte in Tennessee scagionato dopo 26 anni  

La Virginia verso l’abolizione della pena di morte   

La pena di morte in Iran nel 2020                                                                                   

Tre condannati messi a morte in Iran all’inizio dell’anno   

Claudio Giusti (5 settembre 1951 – 23 gennaio 2021)                      

Notiziario: Carolina del Sud, Egitto, Kazakhstan                 

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2021

Scriveteci all’indirizzo paulrougeau@tiscali.it per comunicarci il vostro parere su quanto scriviamo, per chiederci ulteriori informazioni riguardo ai temi trattati, per domandarci dell’andamento delle nostre campagne in corso, per esprimere il vostro accordo o il vostro disaccordo sulle posizioni che assumiamo.

Pagina Facebook: Amici e sostenitori comitato Paul Rougeau contro la pena di morte

 

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Giuseppe Lodoli
Ex insegnante di fisica (senza educazione). Presidente del Comitato Paul Rougeau per il sostegno dei condannati a morte degli Stati Uniti.
Lavora in una scuola di Italiano per stranieri di Sabaudia (LT) (piu' che altro come bidello).

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