Pena di morte: Zeigler in Usa e “Bibi” in Pakistan

due testi ripresi dal bollettino del Comitato Paul Rougeau. A seguire la presentazione e il sommario del numero 255

ARAMIS AYALA RIESAMINA IL CASO DI TOMMY ZEIGLER

Forse c’é una luce in fondo alla storia di William “Tommy” Zeigler, il condannato a morte che, con il nostro amico floridiano Dale Recinella, riteniamo innocente: l’ufficio della giovane accusatrice nera Aramis Ayala, personalmente contraria alla pena di morte, sta esaminando il suo caso.

Ci siamo occupati più volte in passato della giovane accusatrice nera della Florida Aramis Ayala – personalmente contraria alla pena di morte – che non ha avuto paura di scontrarsi per tale ragione con le massime autorità del suo stato, a cominciare dal governatore Rick Scott.

Parecchi di noi hanno scritto ad Aramis Ayala perorando il caso di William “Tommy” Zeigler, il condannato a morte che, con il nostro amico floridiano Dale Recinella, riteniamo innocente (1).

Il 5 gennaio scorso il giornale Tampa Bay Times – ricollegandosi al lungo editoriale pubblicato un mese prima su Tommy Zeigler (2) – ha reso noto che l’ufficio di Aramis Ayala sta riesaminando il caso di Tommy!

Ricordiamo che Tommy Zeigler, ora 73-enne, è nel braccio della morte da 42 anni, con l’accusa di aver assassinato, la vigilia di Natale del 1975, i suoi suoceri, la moglie e un dipendente, nel proprio negozio di mobili (3).

Nel corso degli anni, i legali di Zeigler hanno chiesto sei volte di ottenere l’effettuazione di test del DNA di tipo innovativo (touch DNA tests) sul vestiario, sui graffi prodotti dalle unghie e sulle armi, offrendosi di pagare per tali test (4).

Nell’ufficio del Nono Circuito giudiziario della Florida, diretto dall’accusatrice Aramis Ayala, dallo scorso settembre vi è un’unità che si occupa di esaminare la correttezza delle incriminazioni. Il direttore di questa unità ha ora preso in esame il caso di Zeigler. Al ché il difensore di quest’ultimo, Terry Hadley, ha dichiarato: “E’ un passo importante. Significa che se non altro abbiamo ottenuto l’attenzione dell’Ayala.”

Il repubblicano James Grant, un avvocato recentemente eletto presidente del Comitato di Giustizia penale del Parlamento della Florida, ha dichiarato: “Se un imputato vuole sostenere i costi dei test sulle prove, dal momento che la scienza fa continui progressi, e questo non gli viene consentito, trovo la cosa molto grave. Se togliamo la libertà a una persona, o addirittura la sua vita, è importantissimo che sia la persona giusta”. Ha aggiunto che desidera assicurare ai detenuti l’effettuazione dei test del DNA, in particolare a coloro che sono stati condannati solo sulla base di prove scientifiche ormai rivelatesi inattendibili.

Oggi in ogni stato americano c’è una legge che autorizza i test del DNA di tipo avanzato, ma i detenuti fanno molta fatica ad ottenerli.

Nel corso di questi ultimi anni il progresso scientifico ha consentito – quando i test sono stati autorizzati – di scagionare in Florida una ventina di persone condannate ingiustamente. Tale stato ha purtroppo una lunga storia di incriminazioni ingiuste, causate dal razzismo, dal comportamento scorretto delle guardie e da sentenze discutibili.

(1) Vedi numero 238

(2) Vedi n. 254

(3) Sul caso di Tommy Zeigler v. numeri 83; 88; 98; 105; 109; 111; 124; 149, nel Notiziario; 176; 185; 213; 230; 237, Notiziario; 238; 242

(4) Nel 2001 Zeigler aveva ottenuto l’effettuazione di alcuni test del DNA sulle macchie di sangue sulla sua camicia e sui pantaloni di uno dei morti nella strage. Un perito forense scelse quattro zone del vestiario su cui eseguire il test. L’analisi sulla camicia di Zeigler non rivelò la presenza di sangue di suo suocero, che morì colpito da vari proiettili e massacrato con una sbarra di ferro. L’accusa sostenne che il sangue del suocero avrebbe potuto trovarsi in altre zone della camicia di Zeigler non esaminate… ma non consentì l’effettuazione di ulteriori test!

ASIA BIBI DEFINITIVAMENTE LIBERA? SÌ !!!

La vicenda di Asia Bibi, condannata a morte ingiustamente per blasfemia in Pakistan nel 2010, ha subito la svolta definitiva: Asia è stata assolta e liberata e potrà riabbracciare i suoi figlioletti in Canada

Del caso di Asia Bibi (si tratta di Aasia Noreen, detta anche Aasia Bibi) condannata a morte per blasfemia in Pakistan ci siamo occupati molte volte nel corso degli anni a partire dal 2010, scrivendo in più occasioni i nostri nomi in calce alle petizioni indette dalle associazioni umanitarie in suo favore. Ora possiamo tirare un sospiro di sollievo per la sua definitiva liberazione e per la chiusura di un’aspra controversia che ha provocato diverse vittime (1)

Il 29 gennaio un panel di tre giudici della Corte Suprema pakistana ha infatti confermato la sentenza di assoluzione già emessa dalla stessa corte il 31 ottobre scorso. (Ricordiamo che subito dopo la sentenza di ottobre, i fondamentalisti islamici appartenenti al partito Tehreek-e-Labbaik avevano chiesto alla massima corte del paese di annullare l’assoluzione e di mettere a morte Asia, che nel frattempo era detenuta in una località segreta).

Dopo otto anni di detenzione nel braccio della morte pakistano, Asia Bibi è ora finalmente del tutto libera, libera anche di lasciare il Pakistan per raggiungere i suoi cinque figlioletti in Canada, paese in cui sono stati accolti per salvarli dalle violenze dei fondamentalisti nel loro paese natale.

La vicenda di Asia Bibi ha riguardato la problematica più controversa in Pakistan: la legge sulla blasfemia, usata spesso per intimidire i seguaci di minoranze religiose, inclusi i musulmani sciiti.

Ricordiamo che la 54-enne Asia Bibi è cristiana e l’accusa, che determinò la sua condanna a morte, fu di aver insultato il profeta Maometto durante un litigio con altre donne. (2).

Le autorità pakistane, a seguito delle violente proteste che scaturirono a ottobre dall’assoluzione di Asia, arrestarono Khadim Hussain Rizvi e Mohammad Afzal Qadri, capi del partito Tehreek-e-Labbaik, e numerosi loro seguaci, con l’accusa di danni alla pubblica proprietà e di incitamento alla violenza. Costoro al momento restano in carcere. Anche perché il portavoce del partito ha dichiarato di non accettare la decisione in favore di Asia Bibi e ha chiesto ai seguaci di prepararsi a ulteriori proteste di massa.

Noi invece ci rallegriamo della decisione conclusiva della Corte Suprema, che ha posto fine a un incubo durato troppo a lungo.

Anche Amnesty International si è immediatamente rallegrata per la notizia dell’assoluzione definitiva di Asia Bibi. Rimmel Mohydin, responsabile delle campagne di Amnesty International sull’Asia meridionale, ha rilasciato il seguente comunicato stampa:  “Aasia Bibi deve finalmente tornare in libertà e il suo incubo deve finire. Dopo nove anni dietro le sbarre per un reato non commesso, è difficile considerare il verdetto di oggi come una sorta di giustizia. Ma almeno questo le dovrebbe consentire di riunirsi con la sua famiglia e di cercare riparo in uno stato di sua scelta. Le autorità pachistane devono respingere e indagare sui tentativi di intimidire la Corte suprema. Devono proteggere le minoranze religiose, i giudici e gli altri rappresentanti del governo da ogni minaccia di violenza. Il vergognoso ritardo nel ripristinare i diritti di Aasia Bibi rende ancora più necessario l’annullamento, nei tempi più rapidi possibili, delle leggi sulla blasfemia e di ogni altra norma che discrimini le minoranze religiose e ponga le loro vite a rischio”.
(1) Il caso di Asia Bibi si è intrecciato con quelli del Governatore del Punjab, Salman Taseer, che fu ucciso nel 2011 dopo aver preso le sue difese, e dell’assassino di Taseer, Mumtaz Qadri, messo a morte nonostante le proteste popolari il 29 febbraio 2016. Ed anche con quello del cattolico Shahbaz Bhatti, Ministro per le minoranze, assassinato poco dopo Taseer per essersi espresso contro la condanna di Asia. V. nn. 185, 187, 188, 208, 214, 217, 220, 223, 224, 226, 230, 247, 253.

(2) nega di aver insultato Maometto.

LA PRESENTAZIONE DEL NUMERO 255

Inviamo il numero 255 del nostro Foglio di Collegamento il cui sommario è riportato qui sotto.

Come sempre teniamo sotto la lente di ingrandimento quello che accade negli Stati Uniti d’America, unico Paese occidentale che usa la pena di morte. Ad esempio l’ultimo articolo parla di quello che è successo dal 1977, anno in cui riprese a funzionare la pena di morte negli Stati Uniti, ad oggi.

Ma non possiamo non accennare agli estesi orrori che accadono in Paesi culturalmente lontani da noi, a cominciare dall’Arabia Saudita e dall’Iran.

Ha a che fare con la pena di morte anche lo strano conflitto tra il Canada e la Cina, conflitto scoppiato dopo che la Cina ha condannato a morte un canadese per rispondere all’arresto in Canada di una importante signora cinese, Meng Wanzhou, figlia del fondatore della famosa azienda di prodotti elettronici Huawei. In tale complessa storia entrano anche le sanzioni economiche inflitte dagli Stati Uniti all’Iran…

In questo numero sono poche le notizie positive, come quella del definitivo proscioglimento della cristiana Asia Bibi che era stata condannata a morte in Pakistan falsamente accusata di aver bestemmiato il Profeta Maometto, o quella del riesame del caso di Tommy Zeigler, condannato a morte innocente in Florida.
Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

SOMMARIO

1 ) Prima esecuzione negli Usa nel 2019: ucciso in Texas Robert Jennings            

2 ) Avara concessione dei test del DNA chiesti da Kevin Cooper

3 ) Aramis Ayala riesamina il caso di Tommy Zeigler

4 ) Suicida Scott  Dozier, che voleva essere messo a morte in Nevada

5 ) Asia Bibi definitivamente libera? Sì!!!

6 ) Torture e abusi sessuali sulle attiviste saudite in carcere

7 ) I giornalisti contestano l’Arabia Saudita e la Supercoppa

8 ) Tensione tra Cina e Canada per la condanna a morte di un canadese

9 ) Il Regno Unito aiuta gli Usa in un caso potenzialmente capitale

10) È morto Ron Mock, controverso avvocato di Gary Graham

11) La pena di morte è ricominciata negli Stati Uniti nel 1977

12) Notiziario: Arabia Saudita, Iran, Nebraska                       

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2019

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LE VIGNETTE – scelte dalla bottega – sono di Mauro Biani; il dipinto (preso dal bollettino del comitato Rougeau) è di Kevin Cooper.

Redazione
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