Pepsi cola, Cern e Scienza 2.0
di Daniele Barbieri e Fabio De Sicot (*)
«Abbiamo rimosso Food Frontiers da Science Blogs. Ci scusiamo con tutti voi per quello che avete percepito come una perdita di fiducia nei nostri confronti». Così argomentava una mail, ricevuta nel luglio 2010, dai blogger facenti parti del più celebre dei networks cientifici.
Facciamo un passo indietro. ScienceBlogs – insieme a Scientific Blogging, Scientopia, NatureNetwork e poche altre – costituisce nel mondo una delle maggiori piattaforme scientifiche dove giornalisti, ricercatori e appassionati, scrivono di scienza. L’accesso a tali network è molto riservato, un po’ come fare parte di un club esclusivo, e i contenuti che si possono trovare sono di altissimo livello. Circa un anno fa, dopo l’inserimento di alcuni banner pubblicitari, la Seed Media Group, la legittima proprietaria di Science Blogs, decise di cominciare a offrire finestre pubblicitari e in maniera più spinta, e vendette lo spazio per un blog (Food Frontiers, appunto) nientepopo’dimenoche alla Pepsi Cola Company. Il network scientifico si rivoltò, i lettori protestarono, la blogosfera si oppose, e dopo la fuga di alcune delle sue firme più eccellenti, la Seed Media Group fu costretta a fare marcia indietro e chiuse il blog Food Frontiers.
Alzi la mano chi ha sentito parlare, anche solo vagamente, di tutto ciò sui media tradizionali. Eppure il “Pepsi Gate” ha tenuto banco sulla blogosfera per mesi, e ancor oggi rimane fra gli argomenti che più hanno fatto riflettere cosa sia la comunicazione in rete nel cosiddetto web 2.0. La diffusione delle notizie è cambiata, viaggia alla velocità del bit. Andare su Eureka Alert, e cliccare su una delle sue tante sotto – categorie fa capire in un istante di cosa stiamo parlando. Centinaia e centinaia di notizie scientifiche “mangiate” e diffuse dal web in tempi infinitesimamente brevi, un flusso di argomenti uno più interessante dell’altro, che però – galleggianti nel mare magnum della rete – si disperdono se non vengono colti nella loro interezza.
C’è un nuovo know–how che sta nascendo nel web scientifico, dove tutto cambia di minuto in minuto, e dove l’antica competenza giornalistica deve essere affiancata a una nuova sapienza scientifica e metodologica capace di scremare il più dal meno, il vero dal falso. C’è chi, come Bora Zivkovic, utilizza principalmente twitter per la sua comunicazione; c’è chi come Phil Plait si occupa di astronomia fra il serio e il faceto; oppure c’è Tommaso Dorigo, ricercatore presso il Cern, che narra le avventure e le disavventure degli esperimenti a 7TeV nel grande acceleratore di Ginevra (di neutrinica e gelminiana memoria). Quel che accomuna tutti, ricercatori o semplici conoscitori della materia, è saper “ripulire” la notizia, ridurla ai minimi termini e comunicarla creando si una nicchia di lettori e lettrici che si affezioneranno non solo al prodotto ma anche al produttore. Il buon comunicatore scientifico 2.0 ha non solo una ricca lista di feed (nota 1) in costante aggiornamento ma sopratutto la capacità, tutta sua e ancora in evoluzione, di fare il link fra le notizie, di scremare appunto la buona scienza dalla cattiva, separare la ricerca dal chiacchiericcio, ma anche dalle intrusioni interessate di chi vuol vendere qualcosa, offendere qualcuna/o, accreditare un delirio… Non conta più quindi, come potrebbe apparire all’occhio distratto, arrivare primi sulla notizia; al contrario, è essenziale esser capaci di collegare fra loro comunicati, news, articoli pubblicati e testi ancora non revisionati. Una “buona” notizia potrebbe non essere nel lancio d’agenzia ma nel rivolo di un paper depositato su Ar Xiv e nel blog del ricercatore che materialmente ha eseguito la ricerca. Chi l’ha detto che la “buona” nuova è anche quella più “di moda”?
Usando le parole di Tim Berners–Lee (nota 2) per vivere nel web non ci vuole inter-attività, ma inter-creatività. Dovremmo essere capaci insomma non solo di veder fluire e rilanciare informazioni, ma anche di crearne di nuove interagendo con gli altri. Come questo paradigma funziona per il web comune, in maniera più estesa è necessario anche per il web scientifico.
Gli esempi eccellenti di comunicazione scientifica anche in Italia non mancano. Li si può trovare tutti uniti sotto le insegne dei carnevali di Matematica, Fisica, Chimica e Biodiversità. Li si può trovare tutti uniti sotto il feed della Research Blogging Italiana (nota 3) o su twitter, tumblr (nota 4), facebook e google+.
Manca però ancora un editor che crei un network indipendente italiano. Chi sarà il primo a farsi avanti per non disperdere questo enorme patrimonio in costante crescita?
(nota1): Vistatechiedendoilsensodi Feedenonaveteuncomputersottomano? E’ quel sistema che vi dice, in automatico, se un sito si arricchisce di nuovi contenuti.
(nota2): Dobbiamoringraziare “sir”Berners-Leeseoggivagabondiamoinreteconfacilità:fului, presso il Cern di Ginevra,aelaborare negli anni ’80 ilWorldWideWeb su un Apple2.
(nota3):ResearchBloggingèunaggregatorediblogscientificichecommentanoarticolipeer-reviewed(revisionati frapari), o chepossonofiniresullerivistepiùaccreditatecomeNatureoScience.
(nota4): Sefra Twittere Facebook visietepersiTumblr,sappiatecheèunsistemavelocedimicro-blogging per appuntarsipensieri, link,pubblicizzareblog,caricarefoto, citare, ecc.
(*) Questo articolo è uscito sul numero 81 (dicembre 2011) del trimestrale «Giornalisti» edito dall’Ordine giornalisti dell’Emililia-Romagna.