Per chi non conosce Roberto Vacca

tra futurologia, matematica, pokazuka, divulgazione scientifica e fantascienza: uno sguardo di Gian Filippo Pizzo

Noto al grande pubblico, soprattutto quello televisivo, come futurologo, grazie al grande successo del suo libro «Il Medioevo prossimo venturo» (1971) che gli ha aperto le porte dei talk show e gli ha permesso di condurre e collaborare a numerosi programmi divulgativi, Roberto Vacca è in realtà molto di più. Scienziato, divulgatore, matematico, filosofo e naturalmente anche scrittore.

Nato a Roma, si è laureato alla Sapienza nel 1951 in ingegneria elettrotecnica, iniziando subito una carriera scientifica prima come ricercatore al CNR e poi come docente universitario di automazione e calcolatori elettronici, quindi collaborando come consulente di previsione tecnologica e ingegneria dei sistemi con aziende ed enti pubblici anche internazionali, mentre nel frattempo si dedicava alla divulgazione scientifica collaborando ai più prestigiosi quotidiani italiani e a riviste del settore e continuava l’attività di ricerca nel campo della logica e della teoria dei numeri. Sono ben venticinque i libri di saggistica e divulgazione (molti su matematica e affini) da lui pubblicati dal 1971 al 2016, improntati a una analisi delle prospettive future dell’umanità e ai modi per potersi adeguare ai cambiamenti, sia a livello di società che dal punto di vista individuale. A questi vanno aggiunti diversi racconti e romanzi per un totale di tredici libri dal 1963 al 2005, tutti nell’ambito delle varie declinazioni della fantascienza salvo un romanzo storico, una raccolta di storie per ragazzi e un paio di gialli.

L’esordio di Roberto Vacca come narratore avviene nel 1963 con un romanzo di fantascienza pura che si svolge sulla nostra Terra in epoca contemporanea o appena proiettata nel futuro: «Il robot e il Minotauro» (Rizzoli). E’ la storia di Giacomo “Mino” Dauro, un ricercatore che ha trovato il modo di educare i neuroni del proprio cervello a compiere velocemente le operazioni matematiche (come un computer) e si è fatto impiantare nel polso una presa che gli consente di collegarsi direttamente a varie apparecchiature, fra cui la sua automobile. Tutto procede splendidamente e Mino è convinto di aver potenziato le sue capacità, fino a quando non si innamora e la relazione amorosa manda in tilt il suo cervello: le emozioni umane, sembra dirci Vacca, che anticipa di almeno un ventennio tematiche che saranno del cyberpunk, avranno sempre il sopravvento sulla macchina. La prima edizione del breve romanzo (che avrà una versione autonoma nel 1974) comprende anche una serie di racconti fantasatirici intitolati “Cronache Perengane”, dal nome dell’isola in cui si svolgono, che saranno ripubblicati con altre aggiunte nel 1977 con il titolo «Perengana» (Rizzoli). Sono racconti molto caustici che trasportano in una terra immaginaria debolezze umane e disfunzioni della società, nella migliore tradizione della satira al vetriolo di Jonathan Swift; lo stesso tono sarà presente in altre due raccolte, «Esempi di avvenire» del 1965 (Rizzoli), suo secondo libro, e «Carezzate con terrore la testa dei vostri figli» del 1992 (Interno Giallo). «La morte di megalopoli» del 1974 (Mondadori) è il suo romanzo più noto: ispirato da «Il Medioevo prossimo venturo» mette in forma narrativa quello che l’autore aveva sostenuto nel suo celebre saggio e descrive il crollo della civiltà moderna e il ritorno a un comportamento barbarico. «Greggio e pericoloso» dell’anno successivo prende le mosse dalla crisi energetica dei primi anni Settanta per imbastire una trama fra spy story e fantaeconomia: un professore italiano minaccia un Paese arabo di rivelare al mondo che sotto la crosta terrestre ci sono risorse illimitate di petrolio, e da qui nasce una vicenda di spionaggio dalla trama serrata, che ha avuto anche una versione televisiva in una miniserie italiana del 1981. Dello stesso tenore «La suprema Pokazuka» (Sugar, 1980): pokazuka è una parola gergale russa che indica qualcosa che viene mostrato ma non corrisponde a realtà (le facciate di edifici inesistenti mostrate dal principe Potemkin alla zarina Caterina per farle credere di aver edificato magnifici villaggi; i Mille di Garibaldi che prima della battaglia di Calatafimi furono fatti sfilare più volte per far credere ai Borboni di essere molti di più… ); quella “suprema” immaginata da Vacca è una industria per la quale lavorano entusiasticamente migliaia di lavoratori inconsci del fatto di essere sfruttati da un pugno di capitalisti. L’inganno è scoperto da un economista statunitense, Inigo Murray, che ha elaborato una matrice informatica per il calcolo degli investimenti finanziari, e quando lui scompare assieme alla bella nipote il fidanzato di quest’ultima nel tentativo di ritrovarla dà l’inizio a una serie di intrecci con colpi di scena, killer professionisti e omicidi, non diversamente dal romanzo precedente. Più presente l’informatica in «Dio e il computer» del 1989 (Bompiani) anche questo un fantathriller pieno di azione, dove il progetto di costruire il computer più veloce del mondo sembra naufragare quando si scopre un buco nella teoria che stava alla sua base: sembra che la soluzione possa trovarsi nelle carte di Pietro Ispano, teologo e logico medievale che fu papa con il nome di Giovanni XXI, ma questi morì in circostanze drammatiche e la stessa sorte potrebbe oggi essere riservata ai protagonisti di questa vicenda piena di intrighi. Questo schema ormai consolidato prosegue in «Kill?» (Marsilio, 2005) altro thriller fantapolitico e fortemente satirico che prende le mosse da un attentato al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che viene sventato da un promotore finanziario, il quale a quel punto si troverà nei guai… Come si vede Roberto Vacca trae continuamente spunto dalla cronaca e ne approfitta per ribadire in forma romanzata le stesse tesi dei suoi saggi, e se il suo stile è piano e senza fronzoli, ampiamente descrittivo, e le sue trame convulse, è perché gli interessa di più veicolare le sue idee.

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