Per la bonifica integrale dell’amianto nel territorio

    Bologna, San Lazzaro di Savena, Monghidoro, Loiano, Monterenzio, Ozzano, Monzuno, Pianoro…

di Vito Totire (*)

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   Grazie anche all’articolo di Angela Carusone su «Il Resto del Carlino» possiamo sperare di rilanciare una questione su cui insistiamo ormai da decenni trovando scarso ascolto in ambito istituzionale: la bonifica integrale del territorio dall’amianto (e ovviamente da tutte le sostanze nocive e cancerogene).

Per essere operativi vorremmo inserirci con una proposta all’interno del processo di fusione dei Comuni nella nostra Regione.

La proposta è: perché non inserire nella dinamica della unificazione, come elemento facilitante, la diffusione e adozione delle buone prassi?

Anche se san Lazzaro di Savena intende defilarsi, la diffusione delle buone prassi rimane una ottima idea.

E proprio da San Lazzaro dobbiamo partire: dalla – ormai famosa – ordinanza del sindaco Marco Macciantelli (a cui lavorò l’assessore Archetti) che prevede il censimento delle coperture ma anche di tutti i manufatti in cemento-amianto.

A nostro avviso, lo diciamo da decenni, tutti i Comuni italiani dovrebbero adottare quel tipo di provvedimento. Per circostanziare il discorso riproponiamo la questione a Monghidoro, Loiano, Monterenzio, Ozzano, Monzuno (che coinvolgiamo, al momento, per contiguità territoriale); per Pianoro la questione è che una ordinanza esiste ma secondo noi va allargata dalle coperture ai manufatti.

E’ noto che l’ordinanza di San Lazzaro fu la conseguenza di una dialettica, a volte dura, fra la nostra associazione e il Comune stesso; ma questa dialettica è l’essenza della democrazia, è il confronto fra le istanze dei cittadini e la pubblica amministrazione. In verità la nostra proposta è di estendere il censimento anche all’amianto underground (tubazioni acqua e fogne) e dunque abbiamo un approccio più sistemico di quello della ordinanza di San Lazzaro. Non di meno, essa ha dato ottimi risultati anche se il lavoro va continuato e concluso; l’ordinanza intanto consentì di fotografare l’entità del problema (in metri quadrati), indusse i cittadini e le imprese a rendersi conto di quello che avevano nelle loro strutture edilizie; dette indubbiamente impulso a processi di bonifica anche se poi si sono rallentati, facendo comunque avvicinare il momento in cui il Comune potrà definirsi “asbestos free”, libero da amianto.

Dunque per qual motivo la futura “unione” non adotta quel tipo di provvedimento?

Né la nostra critica deve essere intesa come un rimprovero al cosiddetto “ultimo della classe” , in quanto va detto che il primo Comune in disastroso ritardo è … Bologna (altro che città metropolitana).

A ogni buon conto noi andiamo avanti e purtroppo dovremo continuare a segnalare i singoli smaltimenti abusivi (negli ultimi due anni ne abbiamo segnalati per Monzuno, Monterenzio, Pianoro ma chissà quanti altri ce ne sono stati): smaltimenti abusivi che – a differenza di Bologna città, dove (almeno!) vengono bonificati entro 48 ore dalla segnalazione – nel territorio della svogliata “unione” vengono bonificati non prima di un mese!

Dovremo continuare con la denuncia di casi “simbolici”?

Dal cimitero di S. Benedetto del Querceto, alla cuccia del cane in val di Zena, alle cisterne per irrigare orto e giardino (sempre in val di Zena) ai capannoni industriali a Zena frazione, alla tettoia del “supermercato del campeggio” di Ozzano, alla tettoia per passeggeri alla fermata dell’autobus sulla strada per la Futa (territorio di Monghidoro) della quale informammo il sindaco del Comune (accadde “alcuni sindaci fa”…).

Fra l’altro alcune situazioni paiono sostanzialmente “private” (tipo la cuccia del cane) ma meritano un contatto da parte della amministrazione pubblica con “offerta” di prelievo gratuito…

Per non parlare della tettoia nell’ospedale sant’Orsola, visibile da via Massarenti, di fronte al cartello in verde che indica il dipartimento di Dermatologia.

Si dirà: sono micropresenze e microinquimamenti. Ma poniamoci un problema: quella piccola percentuale di mesoteliomi in cui non si riesce a ricostruire anamnesticamente l’esposizione ad amianto non saranno invece da esposizione a amianto, misconosciuta sì ma ciononostante effettiva?

Il fenomeno riguarda soprattutto le donne e anche questo, assieme al discorso sull’amianto delle tubazioni dell’acqua cosiddetta “potabile”, ha il suo significato. Le ultime due grosse rotture per esempio a Bologna città, cioè via Saffi e zona Panigale; abbiamo chiesto alla Ausl: le tubazioni erano in amianto? Nessuna risposta al momento; intanto i cittadini hanno bevuto…

Ultima questione: le amministrazioni comunali, benché riteniamo di criticarle aspramente quando è il caso, non sono nostra controparte: le comunità locali e tutti i cittadini, sulla questione dell’inquinamento, sono “parte lesa”.

Facciamo da lungo tempo una proposta molto chiara: sottrarre i costi delle bonifiche dai vincoli “di stabilità”. Forse la Ue ha una proposta migliore di questa per contrastare la peste industriale del XXI° secolo che l’amianto ormai rappresenta?

Se i sindaci e le amministrazioni comunali non sono nostra controparte è però ora che escano dal loro stato di catalessi dando un segnale di attenzione alla salute della popolazione ed evitando che, fra qualche anno, a votare non vada più nessuno.

Basta piangere miseria: ci sono misure che non costano nulla e spese che vanno sostenute subito perché non si decuplichino entro poco tempo. Oltre ai lutti (VEDI LA VICENDA DELLA STRAGE FERROVIARIA DI ANDRIA) che l’attendismo provoca.

Bologna/Loiano, 16.7.2016

PS: quando il cimitero di san Benedetto sarà più agibile, andate a visitarlo. Vedrete la lapide di una donna sicuramente deceduta per l’epidemia “spagnola”, strettamente correlata agli eventi bellici 1915-1918. Anche in questo senso il nostro impegno deve essere costante sia contro i crimini di guerra che quelli di “pace” (come l’amianto).

(*) Vito Totire è medico del lavoro, presidente nazionale Aea, Associazione esposti amianto e rischi per la salute.

 

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