voci per non partire in Libia

 

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suonano le trombe della guerra, questa volta in Libia,  fare la guerra è facile, fare la pace è difficile, e dopo la guerra, spesso, impossibile per generazioni.

(a cura di Francesco Masala)

 

Il fallace desiderio dell’Occidente di “liberare” il Medio Oriente – Robert Fisk

Quando il Generale De Gaulle partì per il Medio Oriente nell’aprile del 1941, è noto che scrisse che “verso il complicato Oriente volai con idee semplici.” Tutti lo fecero. Napoleone andava a “liberare” il Cairo, e Bush e Blair a “liberare” l’Iraq, e Obama, velocemente andavano a “liberare” la Siria.
Un magnifico libro, scritto dallo storico francese della Scuola Militare di Saint Cyr,
Henry de Wailly, Invasion Syria 1941, è appena stato pubblicato per la prima volta in inglese, e in che momento! Mentre le vittime numerose come quelle  della battaglia di Stalingrado aumentano nella guerra civile in Siria oggi, ecco la storia di come i francesi – e i britannici – pensarono di potere creare il Libano e la Siria moderni spingendosi attraverso il confine di quella che era la Palestina e sostituendosi nel  controllo del Levante a 35.000 soldati di Vichy demoralizzati che erano stati costretti fin dal 1940 a servire il regime collaborazionista filo-tedesco del Maresciallo Petain.
I fatti andarono a finire in modo molto diverso, ma alcune cose non cambiano mai agli occhi dell’Occidentale. Ecco per esempio, cosa dice il Generale di Vichy Tony Albord, riguardo ai soldati locali Alawiti e libanesi che comandava – gli Alawiti sono, naturalmente la stessa setta sciita a cui appartiene l’attuale presidente della Siria, Bashar al-Assad. “Il soldato Alawita è capace, il siriano semplice e disciplinato, ma contrario all’autorità, facilmente turbato e incolto. Il suo spirito marziale è contenuto. I libanesi sono mercenari coscienziosi, civili vestiti con un’uniforme militare. Le classi medie libanesi e siriane non hanno stima dell’esercito; i loro figli devono essere  avvocati.”
E ancora adesso devono esserlo. Nel 1941, però, le cose andarono male per il piccolo Libero Esercito francese di de Gaulle. “L’Esercito del Levante” che combatteva ufficialmente per la Francia di Vichy, non si arrese. Ansioso di evitare la vergogna del crollo militare francese di fronte alla Wehermacht nazista, nell’aprile e nel maggio del 1940, combatté con grande coraggio sia contro l’esercito   di de Gaulle messo insieme alla buona che contro i britannici e gli australiani che li accompagnavano.
Sia gli australiani che i soldati di Vichy odiavano gli uomini di de Gaulle, e anche i britannici non si fidavano del Libero Esercito francese. Quasi tutta la forza di Vichy, invitata a unirsi alle forze di de Gaulle per salvare “l’onore della Francia” – scelse di essere rimpatriata nel loro paese semi-occupato, molti di loro su una nave che esponeva un grande striscione su cui era  scritto: “Vive Petain”.
Per la prima volta abbiamo questo triste racconto scritto non soltanto dagli archivi britannici, ma da quelli francesi di Vichy, dai quali impariamo che su 37.000 uomini che combattevano per Vichy, 32,380 scelsero di ritornare nella Francia di Petain, soltanto 5.848 unendosi al Libero esercito – ma il 66% erano truppe africane che non avevano alcun interesse alla guerra europea. E tra gli altri francesi che si unirono a de Gaulle, “molti erano sposati con donne cristiane libanesi e avevano creato famiglie localmente che non potevano abbandonare.” Sorprendentemente, più di 100 soldati le Libero Esercito francese abbandonarono de Gaulle e furono fatti rientrare di nascosto a casa in Francia – metà della quale era occupata dai nazisti – insieme con i loro camerati di Vichy.
E qui, una straordinaria coincidenza. Mentre leggevo il libro di de Wailly, ho risposto a una telefonata dell’artista britannico Tom Young – lo stesso pittore i cui tentativi
di salvare la ‘Casa Rosa’ ottomana di Beirut, furono documentati in questa rubrica due mesi fa – che mi disse che ora sta cercando di conservare la magnifica Casa Boustani del 1873, in un sobborgo cristiano di Beirut. Fu costruita da un banchiere libanese, Salim el-Boustan, la cui moglie,  Adele – proprietaria di uno dei primi pianoforti in Libano (esiste ancora) – ebbe sei figli, una delle quali era una bella figlia femmina che si chiamava Georgette.
Torniamo di nuovo all’invasione alleata del Libano nel 1941. Tra le forze britanniche c’era il Sergente Maggiore Frank Armour che quasi certamente combatteva in un’unità del Comando scozzese che fu gravemente colpito nell’attacco. Lui e i suoi compagni ufficiali  arrivarono nella Beirut “liberata” e furono alloggiati nei due piani più alti della casa di Salim Boustani, e la settimana scorsa  ho attraversato le loro stanze con le belle finestre incorniciate da architravi italiane e con vedute sul Mediterraneo, su un magnifico uliveto e una piantagione di banane nella casa vicina.
Però, come i soldati francesi che sposarono donne libanesi e che scelsero di stare in Libano, Frank Armour, il cui padre era scozzese e la madre russa, si innamorò appassionatamente della favolosa Georgette, la sposò e continuò a vivere nella dimora ottomana per il resto della sua vita. Dietro il giardino c’è una tomba fenicia.
Frank morì non molto tempo dopo mentre la guerra civile stava ancora esplodendo intorno alla casa, e Georgette meno di 10 anni fa.
La casa fu venduta a un kuwaitiano e poi a un siriano, Nader Kalai, amministratore delegato della compagnia siriana di telefoni cellulari, Syriatel, e amico di – lo avete indovinato – Bashar al-Assad.

Si deve però essere prudenti in Medio Oriente. Bashar ha accettato l’appoggio militare russo e può davvero essere che sopravviva. Il General Dentz, comandante di Vichy in Libano, fu costretto a permettere all’aeronautica militare tedesca di fare rifornimento nei campi di aviazione in Libano e in Siria – ad Aleppo, proprio di fianco al campo d’aviazione che oggi viene colpito dalle  cannonate  dei ribelli di al-Nusra – e di consegnare le armi ai pro-nazisti in Iraq ; fu condannato a morte dai tribunali di de Gaulle nel 1944. Uomo della Scuola militare di Saint Cyr e convinto anti-nazista, tentò di sostenere l’ “onore della Francia”, ma, come soldato, obbedì al Generale Petain, e soltanto de Gaulle lo salvò dall’esecuzione. L’esercito di Denzt combatté così bene contro gli alleati, che le sue imprese sono state finora rimosse dalle storia francese, britannica e australiana di quel periodo.

Dentz non affrontò il plotone d’esecuzione, ma morì di morte lenta, deliberatamente causata da una nazione che lo imprigionò in celle umide e gelide che grondavano acqua. Il 22 novembre 1955, scrisse nel suo diario: “Mi hanno portato via il cappotto e la sciarpa…sto scrivendo senza assolutamente nessuna sensibilità nella mente e nel corpo.”13 dicembre: “I muri grondano acqua come se ci fossero delle cascatelle… il momento migliore è quando si va a letto…per poche ore si dimentica tutto.” Sono state le sue ultime parole.
Petain condivise il destino di Dentz. De Gaulle divenne presidente della Francia. Assad rimane presidente della Siria. Meglio essere un piccolo soldato,  suppongo, come Frank Armour. Anche lui è venuto nel complicato Oriente. Certamente non con idee semplici. Suppongo che si fosse innamorato dei luoghi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.counterpunch.org/2016/03/07/the-wests-flawed-desire-to-liberate-the-middle-east/
Originale : The Independent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

da qui

Si va a fare un po’ di colonialismo in Libia – Giulio Cavalli

“Dopo aver giustamente ribadito per mesi che non avremmo mai mandato soldati in Libia senza l’invito di un governo di unità nazionale la situazione di stallo diplomatico e l’evoluzione della situazione militare sul terreno costringono il governo a cambiare idea e a decidere di intervenire senza richiesta di intervento da parte di un esecutivo libico, accordandosi con le tribù e le milizie dell’area di tradizionale interesse energetico italiano, ovvero la Tripolitania in cui si trova il terminal Eni di Mellitah, mentre le forze speciali francesi e inglesi sono schierate in Cirenaica a sostegno delle forze del governo di Tobruk. Una scelta di divisione del territorio per aree di influenza dal sapore neocolonialistico”.

Sono le parole di Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica, e forse meriterebbero una discussione. No? (l’intervista è qui)

da qui

 

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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