Per oggi lo sfratto è rinviato…

ma la politica resta assente

Il picchetto solidale salva una famiglia ma è solo un breve rinvio: intanto a Imola di sfratti se ne preparano molti e l’amministrazione non ha una politica per gli alloggi. Cronaca su una mattinata di picchetti, discussioni e molta muffa. Muffa sui muri ma anche nelle teste. (*)  

«E’ muffa questa?» chiede X a me e al fotografo. «Certo» rispondiamo. Insiste: «voi fareste vivere due bambini piccoli qui dentro?». Scuotiamo la testa. «Il rappresentante del padrone di casa, la Curia, dice che questa casa è a posto. Non ci sono lavori da fare dice lui e oggi vogliono sfrattarci».

X è un immigrato. Non scriverò il suo nome per una sorta di parità («par condicio», per usare gergo alla moda) visto che il rappresentante del padrone di casa – la Curia appunto – e l’ufficiale giudiziario (una donna) non mi hanno voluto dire i loro anche se hanno voluto che io mi “qualificassi”.

Imola. Tutto inizia alle 8 del 10 dicembre, uno dei giorni più freddi dell’anno e – guarda il caso – la giornata nella quale si ricordano i diritti umani; nel pomeriggio qualcuno a Imola se ne ricorderà e dedicherà un bel corteo con tamburi e letture ad Emergency e al ricordo di Nelson Mandela.

Io sono davanti al Duomo, al numero 4 della piazza omonima, proprio di fronte alla più imponente Chiesa di una città che ha avuto due santi e tre papi ma anche anarchici, socialisti, partigiani. Con il fotografo faccio un giro nella casa di X. Ci mostra un foglio del servizio sanitario: protocollo 40449 del 12 ottobre 2011, due anni fa dunque. In sintesi: «Visto il sopralluogo risulta anti-igienico». Eppure qui abitano X, la moglie, una bambina di 5 anni e un bimbo appena nato.

Dietro la porta d’ingresso muffa e nero. La finestra non è solo umida: addirittura è bagnata come se piovesse. Una stanzetta è a posto ma il resto è tutto da rifare, a partire dalla stanza da letto e ancor più dal gabinetto.

«Sono qui dal 2009, prima con mia sorella e poi da solo» racconta X: «ho un lavoro, sono in regola ma non ho abbastanza soldi per trovare un alloggio con i prezzi di Imola. E poi molti non affittano a stranieri, si sa». Un triste «si sa» che chiunque abiti qui può confermare, ovviamente con le solite eccezioni.

«Perché lo sfratto?» chiedo a X. «Non hanno voluto fare i lavori e io detto che se non sistemavano la casa non pagavo più. Vogliono 373 euri al mese per un buco, non è giusto». Da qui lo sfratto.

Continuiamo a parlare aspettando l’ufficiale giudiziario che oggi tornerà con le forze dell’ordine.

Ma prima dell’ordine costituito arriva la solidarietà. Qualche attivista di Asia (associazione inquilini e abitanti) del sindacato Usb è venuto da Bologna e poi ci sono una ventina di ragazzi della Brigata 36 di Imola; vedi qui sotto il comunicato con il quale si convocava il picchetto. Ci sono anche un quintetto di immigrati in appoggio a X.

«La vostra famiglia è nelle liste per gli alloggi popolari?» chiedo a X. «Sì, al numero 343» risponde. C’è una verità a Imola nota ma di solito taciuta: il Comune ha molte case vuote. Sostiene di non avere i soldi per sistemarle. Alcune associazioni – a esempio Trama di terre (donne native e migranti) – hanno chiesto al Comune perché non si accorda con le famiglie assegnatarie per concordare con loro i lavori, in cambio di uno sgravo sull’affitto, come si fa in altre città. Risposta non pervenuta.

Federico Orlandini della Usb di Bologna racconta che, freddo o no, a Bologna si sfratta: il Comune non è razzista, italiani o stranieri si cacciano tutti i colpevoli di «morosità» che forse significa «povertà» ma questa faccenda di ricchi e poveri (o impoveriti dalla crisi e dalle scelta politiche) non interessa le amministrazioni né sotto le Due torri né qui a Imola.

Ecco l’ufficiale giudiziario – che poi è una ufficialessa – con un po’ di “giacche blu” della polizia. Dopo che mi sono qualificato come giornalista mi dice che le dispiace di questo picchetto, dei fotografi. «Non è mica una storia di cowboy e indiani» sostiene: «con i cattivi da una parte e i buoni dall’altra». Chissà se nella sua visione del mondo i cow boy erano i buoni. Non indago, la faccio parlare.

Fa il suo dovere – o così sostiene – l’ufficiale giudiziario però è molto netta anche su giudizi che tecnicamente non le competerebbero. «C’è un po’ di umidità in casa perché non aprono mai le finestre». E ancora: «Colpa sua (si riferisce a X) se vuole stare qui, se si preoccupasse dei figli andrebbe altrove». Insiste: «non scrivete il mio nome, non fotografatemi». Sullo sfratto: «E’ lui che deve farci una proposta». Poi: «è uno che fa il furbo, finge di non capire l’italiano». Le chiedo se ha visto la muffa, risponde che è robetta. Sinceramente sto pensando come sia un più grande pericolo la muffa nei cervelli che quella nelle pareti ma, per il momento, tengo questa ideuzza per me.

Adesso parte un comizio che si conclude con un perentorio: «qui a Imola non si mette nessuna famiglia per strada». Obietto che abito qui da quasi 21 anni e mi risulta il contrario. Insiste l’ufficiale (o ufficialessa che dir si voglia): «Sistemeremo la donna e i bambini in alloggio d’emergenza per qualche giorno e lui si fa ospitare da amici, poi vedremo». Chiedo se è giusto separare un padre dai figli e azzardo che forse il Comune dovrebbe dare qualche garanzia in più sui tempi. Alla fine l’ufficiale si arrabbia con me, si allontana e non mi parla più.

Però la mobilitazione sta sortendo i suoi effetti. Si discute, si tratta. Intanto alcuni immigrati si avvicinano e mi dicono: «ci credono ignoranti ma noi sappiamo che le leggi italiane non consentono di buttare i bambini in strada come vogliono far qui. E poi siamo uniti».

Il tempo passa. Fa un freddo cane. Dicono che qualcuno stia telefonando all’assessora competente, Barbara Lo Buono, ma sono voci: mi hanno schedato come un giornalista “cattivo” e non vengo ammesso a sentire.

Alla fine la polizia va via. Verrò a sapere da Orlandini (del sindacato Usb) che lo sfratto è rinviato a fine gennaio. Nel frattempo si cercherà una soluzione. Una decisione che non entusiasma ragazze e ragazzi di Brigata 36: nel pomeriggio, lanceranno in rete un comunicato critico (riportato qui sotto). Su un punto di certo hanno ragione: davanti alla crisi e ad amministrazioni locali e nazionali prive della volontà di bloccare gli sfratti e predisporre fondi a sostegno delle politiche abitative, sempre più persone perderanno i diritti basilari. A me sembra un dramma ma forse gli amministratori hanno questioni più importanti (chissà quali) da affrontare.

PRIMO COMUNICATO

Martedì 10 dicembre alle ore 8 gli attivisti di AS.I.A. USB e del centro sociale Brigata 36 saranno a Imola, in piazza del Duomo 4, per bloccare uno sfratto per morosità. Questo problema, dilagante in tutta Italia, colpisce ogni anno centinaia di migliaia di famiglie, che, colpite dalla perdita del lavoro, dal rincaro delle tariffe, dalla privatizzazione dei servizi non riescono più a sostenere un affitto. La legge sul mercato degli affitti, unita all’inadeguatezza delle politiche abitative che le amministrazioni locali possono mettere a disposizione, porta tantissime persone a vivere in una situazione di precarietà abitativa, fatta da strutture dei servizi sociali, ospitalità da conoscenti, nuclei famigliari costretti a dividersi.
Ma durante questi mesi abbiamo provato a cambiare la rotta. Il 18 e il 19 ottobre a Roma, il 29 e 30 novembre con manifestazioni in tante città d’Italia, abbiamo richiesto al governo e alle amministrazioni locali il blocco degli sfratti e l’utilizzo di fondi a sostegno delle politiche abitative.
In piazza del Duomo martedì 10 dicembre un nucleo familiare subirà uno sfratto: con l’amministrazione comunale impossibilitata a trovare soluzioni,
ci opporremo alla esecuzione dello stesso.
Troppa gente senza casa, troppe case senza gente. Per noi è ora di dire basta.
Asia Usb – Brigata 36

SECONDO COMUNICATO

Stamattina, 10 dicembre 2013, Brigata 36 e il sindacato AS.I.A.-U.S.B. con il supporto del Network Antagonista Imolese, dell’Associazione Trama di Terre e di altre persone sentitesi coinvolte, hanno presidiato davanti all’abitazione di una famiglia sotto sfratto in Piazza del Duomo, 4. L’abitazione, di proprietà della Diocesi di Imola, è in condizioni malsane, con le pareti completamente annerite dalla muffa. Anche se siamo stupiti/e che la Diocesi alloggi le persone in case del genere, comprendiamo perfettamente che molte famiglie accettino simili condizioni pur di non rimanere senza un tetto.

Il picchetto era finalizzato a evitare l’esecuzione dello sfratto che, grazie alla presenza di una ventina di persone solidali, è stato rinviato a fine gennaio.

Naturalmente l’obiettivo di noi presenti non era il rinvio: quello che vogliamo è far sì che la famiglia abbia una soluzione abitativa non precaria, dignitosa, senza che il loro nucleo familiare venga necessariamente diviso.

La soluzione prospettata dalle istituzioni è, come sempre la medesima, ossia sistemare per un periodo limitato madre e bambini presso una struttura e lasciare il padre abbandonato a se stesso.

Ci chiediamo perché delle persone debbano ritrovarsi in mezzo alla strada oppure sballottate fra una struttura e l’altra quando a Imola ci sono più di cento case comunali sfitte, vuote e pronte per essere abitate.

La questione abitativa è pressante, infatti, anche nel nostro comune: la chiusura di numerose aziende, la crisi economica e l’aumento degli affitti in seguito alla liberalizzazione degli stessi, ha messo in ginocchio moltissime persone. Recentemente l’ACER ha costruito in zona Montericco una palazzina con alloggi popolari e nel totale silenzio e disinteresse dell’amministrazione comunale, ne ha messi in vendita una parte. Dunque è più importante lucrare sui diritti fondamentali delle persone, come quello all’abitare, piuttosto che garantire che tutti/e abbiano un tetto sulla testa.

Se la crisi economica rende la nostra vita sempre più difficile, le istituzioni la distruggono letteralmente: davanti ad amministrazioni locali e nazionali prive della volontà stessa di bloccare gli sfratti e predisporre fondi a sostegno delle politiche abitative, saremo sempre più persone a perdere i nostri diritti basilari.

Ci stiamo organizzando per schierarci a fianco di chi è minacciato/a dagli sfratti con ogni metodo di lotta, rivolgendoci direttamente all’amministrazione comunale affinché si assuma la responsabilità che il proprio ruolo le impone.

Brigata 36

(*) Questo mio articolo è uscito – parola più, parola meno – sull’on line «Leggi la notizia» (di Imola) e poi su «Corriere delle migrazioni» all’interno di un più ampio dossier. Qui sotto una mia lettera al sindaco che è stata pubblicata, il 13 dicembre nelle pagine imolesi, dal quotidiano «Corriere di Romagna»; a oggi il sindaco non ha risposto né, che io sappia, visitato la casa. (db)

buondì sindaco Manca, approfitto della cortesia del «Corriere» per girarle un invito.

Avrà letto dello sfratto (rinviato) del 10 dicembre a Imola. Io ero lì, come giornalista e come cittadino, e sono entrato nell’appartamento dove vive la coppia sfrattanda con una bimba di 5 anni e un figlio piccolo. Ho visto la muffa e anche il foglio del servizio sanitario (protocollo 40449 del 12 ottobre 2011) dove si legge: «Visto il sopralluogo risulta anti-igienico». Mi sembra inaccettabile che il padrone di casa non faccia i lavori e che alle proteste dell’inquilino («non pago più l’affitto se non fate i lavori necessari») si risponda con lo sfratto.

Lei è il sindaco della città, rappresenta tutte e tutti. Mi permetta dunque di chiederle di vedere con i suoi occhi dove vive questa famiglia: piazza Duomo è vicina al Comune, sono 5 minuti a piedi. Lei potrebbe obiettarmi che non è l’unico caso di famiglie che a Imola vivono in condizioni «anti-igieniche». A maggior ragione credo che lei dovrebbe farsi un’idea. Anche perché se il Comune non vara una seria politica della casa l’alternativa – per le famiglie monoreddito – resta comunque drammatica: dopo gli sfratti, se va “bene” figlie e figli vengono separati dal padre oppure tutti si ritrovano a vivere in un’auto.

Se deciderà di rendersi conto della situazione, io (un cittadino qualunque che da 21 anni vive a Imola) l’accompagnerò volentieri, in piazza Duomo e altrove.

Daniele Barbieri

 

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