Perù: i gruppi evangelici radicali contro il giornalismo indipendente
Minacce e intimidazioni contro le giornaliste Carla Díaz e Graciela Tiburcio, autrici di inchieste che svelano le modalità di finanziamento illecito di questi gruppi
di David Lifodi
Wayka è un sito web peruviano che fa informazione indipendente balzato agli onori della cronaca per le minacce ricevute da due sue giornaliste, Carla Díaz e Graciela Tiburcio. Entrambe hanno letto, sui rispettivi profili facebook, attacchi di carattere machista, razzista e omofobo. Le due donne sono finite nel mirino di sette evangeliche radicali che hanno contestato loro dei reportage sulle losche modalità di finanziamento di questi gruppi.
Introdotte in America latina per contrastare la Teologia della Liberazione, le sette evangeliche si sono rapidamente espanse in tutto il continente e, spesso, rappresentano enormi serbatoi di voti per i politici più reazionari, come dimostra, soprattutto, il caso brasiliano. Le intimidazioni alle due giornaliste sono arrivate dal Movimiento vida y familia, da Perú defiende la familia e da Ideología de género no va. Autrici dell’inchiesta giornalistica dall’inequivocabile titolo Negocios de fe (“Affari di fede”), Carla e Graciela hanno indagato sul riciclaggio di denaro, sulle acquisizioni poco chiare di immobili e sull’evasione fiscale dei gruppi evangelici Agua Viva e Movimiento Misionero Mondial, denunciando inoltre l’impunità di cui godono i loro pastori. L’ottimo lavoro delle giornaliste di Wayka ha fatto si che i pastori di entrambi i gruppi evangelici siano stati messi nuovamente sotto inchiesta dalla polizia, dopo che nel 2016, per un caso simile, erano stati indagati ed erano riusciti a farla franca. Gli attacchi a Carla Díaz e Graciela Tiburcio sono arrivati in quanto donne, giovani e attiviste sociali: le donne sono finite alla gogna non solo sui social network evangelici più reazionari, ma anche sui loro siti web.
La redazione di Wayka è composta da un gruppo di giornaliste che, nel 2013, stanche dell’oligopolio mediatico presente anche in Perù e della crescente mercantilizzazione di un’informazione al servizio dei grandi potentati economici, hanno scelto la strada di un giornalismo socialmente impegnato nell’ambito della democrazia partecipativa, dei diritti umani e del bene comune. Per Wayka l’informazione rappresenta un diritto umano ed è stato proprio questo a far infuriare Keiko Fujimori, figlia del sanguinario presidente Alberto Fujimori (alla guida del paese dal 1990 al 2000), “el Chino”, che utilizzando la scusa della lotta alle organizzazioni guerrigliere Movimiento Revolucionario Tupac Amaru (Mrta) e Sendero Luminoso, ha riempito le carceri di oppositori. Il partito politico Fuerza Popular, capeggiato dalla stessa Keiko e di orientamento di ultradestra, ha sempre raggranellato un cospicuo numero di voti tra le comunità evangeliche, le quali l’hanno sostenuta apertamente in occasione dell’ultima campagna elettorale, che ha visto prevalere l’attuale presidente Pedro Pablo Kuczynski in uno sconsolante scontro tra due destre entrambe eversive, pur per motivi diversi. Tuttavia, Fuerza Popular è risultata essere la maggiore forza politica di opposizione, grazie anche ad una campagna elettorale fortemente finanziata dalle stesse sette evangeliche. Le minacce ricevute da Carla Díaz e Graciela Tiburcio rappresentano un modus operandi tipico del fujimorismo e, proprio per questo, si pensa che le intimidazioni alle due operatrici dell’informazioni provengano dal sottobosco evangelico-fujimorista.
I gruppi evangelici utilizzano Fuerza Popular per ottenere una copertura politica delle loro azioni e in pratica partito e sette si spalleggiano a vicenda, avendo imparato molto bene la lezione di repressione scatenata nel paese negli anni Novanta da Alberto Fujimori e dal capo dell’intelligence Vladimiro Montesinos. Il giornalismo di Wayka, che ha un’agenda indipendente da quella dell’industria dei media, serve per far aprire gli occhi ai cittadini e rappresentare il cane da guardia del potere. Carla e Graciela sono convinte che non saranno le minacce a farle desistere dal loro lavoro, ma le manifestazioni contro la libertà di stampa sono tutt’altro che isolate e corrispondono ad una strategia politica di Fuerza Popular ben definita, quella di intimorire il giornalismo indipendente.