Perù: business miniere

di David Lifodi

“La guerra delle grandi imprese  transnazionali contro il popolo peruviano continua”: a scriverlo è Hugo Blanco, che definisce le comunità in lotta contro i progetti minerari e a difesa delle cabeceras de cuenca (le fonti originarie dell’acqua che servono ad irrigare le valli) l’”orgoglio del popolo peruviano”.

Hugo Blanco non è una persona qualsiasi, ma il dirigente dei contadini quechua che, in alcune zone del Paese, guidò indios e campesinos alla riforma agraria ben prima della proclamazione e attuazione da parte della presidenza del militare progressista Velasco Alvarado, al potere dal 1968 al 1975. Nel Perù delle decine di conflitti ambientali in atto, da alcuni mesi si è aperto un nuovo fronte, quello del progetto minerario Cañariaco, che intende sviluppare attività estrattive in tre giacimenti: Cañariaco Norte, Cañariaco Sur e Quebrada Verde. Ad opporsi, la comunità campesina di Cañaris (composta dalle popolazioni di San Juan de Cañares, San Isidro Labrador de Maraywaca, José Carlos Mariátegui, San Pablo de Inkawasi), il cui distretto si trova nella regione di Lambayeque, nel nord del paese, una zona su cui ha messo gli occhi la multinazionale canadese Candente Copper. Il progetto Cañariaco intende trasformare questa porzione di territorio in almeno tre miniere in grado di estrarre il rame su larga scala, ma, sullo sfondo, si intravede ancora una volta l’intervento a gamba tessa del presidente Ollanta Humala, quello che in campagna elettorale prometteva che mai avrebbe aperto le porte alle imprese minerarie. In Perù i conflitti sociali a causa dell’estrazione mineraria sono in costante crescita. Nel settembre 2012,  il 95% degli abitanti di Cañaris aveva espresso il suo rifiuto in una consulta popolare autogestita che chiedeva se Candente Copper potesse sfruttare il territorio della regione di Lambayeque per trasformarlo in un giacimento minerario, ma la multinazionale canadese e lo stato peruviano hanno rifiutato di riconoscere l’esito della votazione. Non solo. Le argomentazioni espresse da indios e contadini, preoccupati per le sostanze nocive che avrebbero contaminato l’acqua e minato seriamente lo sviluppo agricolo, oltre ad aumentare i casi di malformazione nella nascita di essere umani e animali e causare la moria dei pesci nei fiumi, sono state irrise. Il quotidiano El Comercio ha definito la gente di Cañaris come incapace di sviluppare un punto di vista autonomo e ha scritto che le proteste contro la miniera sono manipolate dalla sinistra radicale, che seminerebbe terrore tra la popolazione tramite una serie di bugie. Il riferimento è a Segundo Narva Vásquez, militante del Movimiento Revolucionario Tupac Amaru (Mrta) e uno dei dirigenti più in vista dell’opposizione sociale al progetto minerario.  Del resto, i media giocano sporco perché la posta in palio in Perù è molto alta: dalla lotta in difesa delle cabeceras de cuenca al progetto Minas Conga, passando per le manifestazioni contro la miniera Pucamarca a Tacna, il paese rischia di paralizzarsi, e allora si cerca di screditare la coraggiosa lotta del movimento anti-minero, a Cañaris come altrove. L’unica preoccupazione del governo è quella di salvaguardare gli interessi dell’agroindustria, e in questo senso va letta la decisione presa dal ministro dell’Interno Wilfredo Pedraza, che ha annunciato la nascita di una forza militare speciale al servizio delle multinazionali minerarie. Di fronte alla volontà della popolazione di lottare pacificamente per difendere le risorse naturali del Paese, lo Stato risponde mostrando i muscoli. Un’altra decisione sconcertante è stata quella di nominare a capo della giustizia militare Hugo Pow Sang, tra i firmatari dell’Acta de Sujeción, una misura che difendeva  i responsabili delle violazioni dei diritti umani commesse tra gli anni ’80 e il 1995 dalla polizia e dai militari, in buona parte su ordine del “Chino” Fujimori, condannato e in carcere, ma che vive tuttora in una sorta di reclusione dorata. Gli effetti della mano libera concessa alle forze dell’ordine si sono visti immediatamente: il 25 gennaio, durante l’occupazione della terra dove si era stabilita Candente Copper per effettuare le prime perforazioni a titolo di prova, la polizia ha sgomberato violentemente i comuneros, impegnati a  bloccare pacificamente la strada di accesso che conduceva al quartier generale della multinazionale. L’ordine di attacco contro gli occupanti è arrivato direttamente dalla Fiscalía, la stessa che in precedenza aveva ampiamente ridotto le pene a cui erano stati condannati gli integranti del gruppo paramilitare Colima, composto da ex membri delle Forze Armate responsabili di massacri atroci a danno delle comunità indigene e contadine tra gli anni ’80 e ’90. L’azione militare  ha lasciato sul campo almeno cinque feriti gravi e due morti, ma la polizia  nega ostinatamente: l’esercito avrebbe utilizzato “solo” lacrimogeni e proiettili di gomma, non balas de fuego. Lo scopo del governo è quello di scaricare sui manifestanti la responsabilità degli scontri, ma in realtà è lo Stato peruviano a giocare un ruolo quantomeno ambiguo con le mesas de diálogo, che tutto sono meno tavoli di un reale negoziato. Nonostante le innumerevoli mesas convocate dal governo abbiamo messo al centro di un ipotetico dialogo lo sviluppo ambientale e l’estrazione mineraria, il Ministerio de Energía y Minas (rappresentato dal ministro Vladimiro Huaroc) ha sempre rifiutato di riconoscere la consultazione del settembre 2012 e porre le basi per una immediata ritirata della multinazionale Candente Copper. È evidente che, senza almeno una di queste due imprescindibili condizioni, un dialogo vero e proprio non avrà mai inizio: il presidente della comunità di Cañaris, Cristobal Barrios, ha rifiutato di porre la sua firma sul tavolo di negoziato, ma anzi ha dichiarato una permanente movilización y resistencia. Le autorità non hanno mai rispettato i diritti dei popoli indigeni, così come hanno rifiutato di ritirare la polizia dal territorio abitato dalle comunità. Inoltre, Candente Copper ha più volte provato a corrompere i dirigenti delle comunità e a seminare divisioni fra gli abitanti tramite la creazione di organizzazioni parallele favorevoli alla miniera. Per ottenere appoggio e simpatia, governo e multinazionale sono ricorse anche alla favola della miniera come fonte di lavoro, in un territorio dove oltre la metà della popolazione vive in condizioni di estrema povertà, l’analfabetismo raggiunge un tasso del 50% e i casi di bambini che non sopravvivono ai primi mesi di vita sono assai frequenti.

Per fortuna la popolazione di Cañaris non si è mai fatta comprare, ma ha continuato a mostrare la sua volontà di difendere la sovranità territoriale: “è con l’azione del popolo organizzato che si ottengono dei cambiamenti” scrive Hugo Blanco. L’impresa mineraria ha fatto sapere in tutte le sedi possibili che il suo progetto va avanti: la resistenza india e contadina anche.

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