Philip Roth aveva ragione: il complotto contro l’America c’era (c’è)

Fabrizio Melodia sguazza fra ucronie (anche italiche) e annuncia persino un altro post sul tema

  Immaginate che il pilota Charles Lindbergh – famoso per la sua escursione in volo oltre Oceano Atlantico con il mitico «Spirito di S. Louis», filo nazista e antisemita – avesse vinto le elezioni presidenziali Usa del 1940, ai danni di Franklin Delano Roosevelt. E adesso immaginate che Lindbergh abbia poi nominato vicepresidente tale Burton K. Wheeler e ministro dell’Interno nientemeno che Henry Ford, padrepadrone del capitalismo industriale.

Pensate adesso di essere un ragazzo ebreo e che la televisione vi stia informando che il vostro nuovo presidente abbia stretto accordi con Adolf Hitler, un patto di non aggressione e di neutralità nei riguardi del conflitto che il Terzo Reich ha da poco scatenato in Europa.

«La paura domina questi ricordi, un’eterna paura. Certo, nessuna infanzia è priva di terrori, eppure mi domando se da ragazzo avrei avuto meno paura se Lindbergh non fosse diventato presidente o se io stesso non fossi stato di origine ebraica» scrive Philip, il narratore.

Una gran paura domina gli USA diventati una potenza a favore di Hitler, fino a quando gli ebrei americani sembrano finalmente ribellarsi contro un presidente che è venuto meno ai valori di libertà e uguaglianza. Ma uno dei giornalisti maggiormente oppositori di Lindbergh viene ucciso e si scatena una forsennata caccia all’ebreo che culmina con 122 morti.

Il fratello del narratore, Alvin, non vuole starsene con le mani in mano, espatria in Canada e si unisce al libero esercito canadese per andare a combattere la Germania Nazista, ritornando quasi subito in seguito a una brutta ferita.

Gli USA sembrano sull’orlo del collasso e molti vorrebbero nuove elezioni per manifesta incapacità del presidente.

Per scoprire come andrà a finire invito caldamente a correre in edicola per recuperare la ristampa di un piccolo gioiello dello scrittore Philip Roth: «Il complotto contro l’America» è un bel romanzo ucronico, ovvero che presenta una Storia alternativa a quella in cui viviamo. Ne avevo fatto accenno nel mio precedente post bottegardo ma mi è sembrato doveroso tornare a parlarne visto che in edicola c’è una collana economica dei libri di Roth.

Ucronia o… realtà vista in altro modo? Roth non lascia dubbi, ma chi legge questo romanzo oggi penserà a Trump. O a Salvini: promotore del “giustizialismo” anti immigrazione dove le più elementari norme di umanità vengono calpestate.

La prepotenza con cui Lindbergh viene alla luce, la bonarietà delle prime reazioni e la grave assenza di un tessuto sociale davvero democratico sembrano un male endemico, inesorabile e inelubile. O sono pessimista?

Non è l’unica ucronia proposta in tal senso. A parte «L’uomo nell’alto castello» (o se preferite «La svastica sul sole») di Philip Dick – ne ho parlato 7 giorni fa – bisogna ricordare il gran successo del romanzo di fantapolitica ucronica dall’emblematico titolo «Fatherland», scritto nel 1992 dal giornalista britannico Robert Harris, in cui s’immagina una guerra fredda fra la Germania Nazista (che è uscita vittoriosa e ha imposto il proprio dominio su tutta l’Europa fino agli Urali) e gli Stati Uniti che in qualche modo cercano di contenerne lo strapotere. Siamo nel 1962 e il da poco eletto presidente J. F. Kennedy sta per fare visita a Hitler ormai anziano, mentre un agente della kriminalpolizei e una giornalista ststunitense vengono a conoscenza di un complotto che potrebbe portare a un conflitto di tremende proporzioni.

L’ucronia ha da sempre affascinato la mente dell’uomo. Lo storico latino Tito Livio, nella sua ponderosa opera storica «Ab urbe condita», contemplava cosa poteva accadere se Alessandro Magno avesse marciato in direzione di Roma anziché verso la Persia.

E’ invece datato 1813 il romanzo ucronico «Storia della Toscana sino al principato» dell’accademico Lorenzo Pignotti, il quale immagina cosa sarebbe avvenuto se Lorenzo Il Magnifico non fosse morto nel 1492, difendendo la penisola dalle invasioni straniere, come si sarebbe augurato Machiavelli e avesse represso duramente la riforma protestante, portando l’unione allo stato italico come nuovo principato.

Lo scrittore J. C. Squire invitò numerose personalità – fra cui Churchill, Chesterton, Belloc e Maurois – a scrivere saggi ipotizzando cosa sarebbe accaduto certe vicende storiche avessero preso… altre strade. Questi saggi (ma di fantasia) fuono raccolti poi nell’antologia «Se la Storia fosse andata diversamente»: Winston Churchill immaginò che la battaglia di Gettysburg fosse andata diversamente, ritrovandosi anche personaggio delle ucronie dei suoi compagni d’avventura.

Anche Harry Turtledove si cimentò con ucronie, nei cicli dell’Invasione e della Colonizzazione (scritti in un arco di tempo che va dal 1994 al 2004).

Quanto alle ucronie italiche, accenno solo ai romanzi della trilogia «Occidente» (2001-2006) di Antonio Farneti, dove si immagina che il fascismo sia uscito vittorioso, e ai tre romanzi in qualche modo analoghi analoghi come «L’inattesa piega degli eventi» (2008), «La nostra guerra» (2009) e «Lorenzo Pellegrini e le donne» (2012) di Enrico Brizzi.

Invece il vincitore del premio Urania 1995, Luca Masali, nel suo romanzo «I biplani di D’Annunzio» immagina che nel 1921 la Grande Guerra sia ben lungi dall’essere finita e che essa continui in un conflitto contro gli Stati della Quadruplice Intesa.

C’è anche il divertente Pierfrancesco Prosperi con il romanzo «Garibaldi a Gettysburg» (1993) dove immagina che il buon Garibaldi abbia guidato, con esito pessimo, i Nordisti nella guerra civile. provocando la scomparsa degli USA a favore degli Stati Confederati d’America mentre il Veneto sarebbe rimasto in mano all’ Impero Austriaco. Ma gli esempi potrebbero continuare.

Se invece volete sapere tutto su fumetti e cinema ucronici sintonizzatevi qui fra 7 giorni.  

 

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