Piazza sismica – 7

a cura di Giorgio Chelidonio

Un’importante precisazione sull’origine dei sismi in corso nell’Emilia

Trascrivo questo comunicato dell’INGV con un commento divulgativo: si precisa che il sisma tuttora attivo (A.Michelini, Sala Sismica INGV >  “si svilupperà nell’arco di un anno” >http://ingv.telpress.it/accessibile/viewhtml.php?line=1&contatore=1974863820790141362&viewclip=0)

è dovuto a “strutture vecchie di milioni di anni”, cioè dalla “spinta dell’Appennino settentrionale verso le Alpi, che è iniziata fra 30 e 18 milioni di anni ma si fa ancora sentire, eccome!
Insomma: cittadini di un Paese geo-ballerino fatevi una cultura sismica: ad esempio, a pag. 59 de “Storia geologica d’Italia” (di Alfonso Bosellini, Zanichelli Editore, 2005) si vede molto bene come il fenomeno è iniziato!   Ma, alla fine della fiera, il problema resta un altro: la spinta degli Appennini sulla placca Adriatica con la fine di questo sciame sismico, probabilmente rallenterà, tornando ai valori medi di sollevamento (che, per l’Appennino emiliano si stima possano essere di circa 0,25 mm. per anno) ma non si esaurirà se non in tempi geologici.
Quindi ottima cosa conoscerne le cause,
ma rassegnarsi a danni (e vittime) ricorrenti non è solo rassegnazione: è un insulto all’intelligenza di cui ciascuno di noi è dotato sin dalla nascita!

Chiedere le necessarie opere di prevenzione resta l’unica soluzione sensata e ragionevole!

Significa che se la ricostruzione degli edifici lesionati è urgentissima, altrettanto indispensabile è avviare opere di “messa in sicurezza” dell’intero Paese, magari iniziando dalle “zone a rischio basso”.

 Come era classificata l’area emiliana terremotata (rischio 3 = probabilità massima attesa 6.2) e come lo è gran parte della provincia di Verona (rischio 3 = probabilità massima attesa 6.5)
vedi:
“LO STUDIO ERA STATO PUBBLICATO SU RIVISTA INTERNAZIONALE DA DUE RICERCATORI ITALIANI

Terremoto Emilia inaspettato? «Noto dal 2007 possibilità sisma di 6.2 a Mirandola» http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_giugno_08/terremoto-emilia-pericolo-noto_2d42c4a6-b172-11e1-ba93-c93b078addf8.shtml 
L’accusa: «Potenzialità conosciuta ma sottovalutata. Come nella pianura Padana. Ora attenti a Mantova e Verona»

Terremoto in Emilia: il dato satellitare aiuta a individuare le faglie dei terremoti del 20 e 29 Maggio – 13/06/12 – http://www.ingv.it/ufficio-stampa/stampa-e-comunicazione/archivio-comunicati-stampa/comunicati-stampa-2011/terremoto-in-emilia-il-dato-satellitare-aiuta-a-individuare-le-faglie-dei-terremoti-del-20-e-29-maggio/view

Analizzando i movimenti del terreno individuati con i satelliti radar COSMO-SkyMed dell’ASI, i ricercatori INGV hanno individuato le faglie  che hanno originato i terremoti maggiori della sequenza sismica

Roma, 13 giugno 2012 – Dopo avere mappato nel dettaglio i movimenti del suolo avvenuti durante i terremoti in Emilia, grazie ai satelliti italiani COSMO-SkyMed, continuano le analisi dei ricercatori INGV per individuare le faglie su cui sono avvenuti i terremoti. Incrociando dati geologici, sismologici e di deformazione del suolo, i ricercatori INGV hanno generato dei modelli fisico-matematici delle faglie, con i quali hanno simulato gli stessi movimenti della superficie terrestre che vengono osservati da satellite. Utilizzando computer molto potenti sono state generate decine di migliaia di mappe di deformazione simulate, che sono state confrontate con le deformazioni osservate dal satellite.
Al termine di questa procedura si è individuato il modello di faglia che meglio riproduce i movimenti del terreno osservati. Questi risultati sono solo preliminari, ma 
suggeriscono che i due eventi più forti della sequenza, il 20 e il 29 Maggio, siano avvenuti su faglie diverse, tra loro all’incirca parallele.
Queste faglie possono essere visualizzate come dei piani di frattura lungo i quali si ha lo scorrimento dei due blocchi di crosta terrestre: 
il  blocco a Sud della faglia è salito sopra il blocco a Nord (per questo si chiamano sovrascorrimenti), causando sollevamenti del suolo di 10-15 cm.  Entrambi i piani di frattura si fermano a  qualche centinaio di metri di profondità, e quindi non arrivano ad intersecare la superficie. Un eventuale affioramento delle faglie in superficie avrebbe causato molti più danni nelle zone interessate.
Le faglie individuate corrispondono molto bene a strutture mappate in profondità con studi geologici. Si tratta di strutture vecchie di milioni di anni, generate dalla spinta dell’Appennino settentrionale verso le Alpi.  La conoscenza di dettaglio della posizione e delle caratteristiche delle faglie attive è un elemento fondamentale per generare mappe di pericolosità sismica sempre più affidabili.
Per un approfondimento clicca qui: 
http://www.freerumble.com/audio.php?t=audio&id=3550

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • Queste informazioni e riflessioni di Giorgio (in blog c’è solo una parte del suo lavoro; se volete altre notizie vi conviene contattarlo) aiutano a trovare un filo nel labirinto, Da una parte infatti intorno a noi avvertiamo un misto di complottismo (sui terremoti tutti ci imbrogliano) e allamismo , mentre dall’altra parte circola l’idea – altrettanto sbagliata – che solo gli esperti possano capire qualcosa e dunque noi dobbiamo solo tacere. Invece alcune informazioni sono a disposizione di chiunque minimamente studi il problema mentre l’inattendibilità di alcuni “eperti” dipende soprattutto dalle loro compromissioni con il potere e/o con il mondo degli affari (per esempio rispetto ai riflessi geologici dei progetti enegetici)

  • un post importante, da leggere.
    Bravo.

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