Piccole storie del Nicaragua (e di ambasciatori)

Un’analisi di Bái Qiú’ēn sulle prossime elezioni presidenziali, sull’orteguismo e su ambasciatori nica poco credibili. A SEGUIRE, la brutta storia di Mario Vattani, fascio-rock e picchiatore designato in Consiglio dei Ministri a diventare ambasciatore d’Italia a Singapore la cui nomina ha innescato interrogazioni parlamentari e appelli affinché il Presidente della Repubblica ne revochi l’incarico.

I.

«Matateco Dio mispiales, Señor Gobernador Tastuanes».

Con queste parole inizia una commedia satirica che fonde, nell’idioma utilizzato, la lingua precolombiana e quella spagnola. Risale alla cultura orale e non si sa con esattezza il periodo in cui è stata scritta, probabilmente nel XVII secolo o anche prima. Comunque in piena epoca coloniale. È una sorta di «carnevalata» e nel periodo che precede la quaresima è tutto concesso, persino sbeffeggiare i colonialisti spagnoli. È, probabilmente, il primo testo di protesta contro la dominazione coloniale nel continente ispano-americano.

Appartiene al cosiddetto «teatro di strada», si intitola El Güegüense, tutti i personaggi indossano una maschera che li caratterizza e nel 2005 è stata dichiarata dalla Unesco patrimonio immateriale della umanità. Deriva dalla lingua náhuatl, quella degli tenochcas (aztechi), e può significare «vecchio» o «saggio». Il personaggio principale è appunto il Güegüense, un commerciante meticcio certamente anziano e pieno di acciacchi, ma più che altro abile nei giochi di parole e nel mentire.

Tastuanes si ritiene che provenga da tlatoani, ossia «capo». Se così è, pare evidente che si tratti di un nome-burla, poiché ripeterebbe il concetto «governatore-capo».

Doña Suche-Malinche è la figlia del Governatore Tastuanes. La traduzione del suo nome è Fiore di Malinche (Xochitl Malintzin). Non solo è un albero della Mesoamerica, ma era anche la compagna-interprete di Hernán Cortés. Con un vocabolo che deriva dal suo nome, si indicano l’opportunismo e il tradimento delle proprie origini: malinchismo. Per estensione e forzando un po’, Fiore di Malinche si potrebbe tradurre «il massimo dell’opportunismo».

È impossibile rendere in poco spazio l’intera storia, che comunque non è eccessivamente lunga. Comunque, ciò che conta è che il lieto fine sia il matrimonio fra don Forcico, il figlio del Güegüense, e doña Suche-Malinche. Essendo un popolano meticcio, pure il «don» è burlesco, poiché nell’epoca coloniale lo si usava esclusivamente per i notabili.

Don Ambrosio è invece il figliastro («entenado», in puro nicaraguense) del Güegüense e il suo nome fa riferimento alla «hambrosia». Che non è il nettare degli Dèi, bensì il termine tuttora in uso fra i nicaraguensi per indicare la fame («hambre»). Gioco di parole caratteristico di questa opera teatrale, giunto fino a noi e rimasto nel linguaggio popolare quotidiano.

È pubblicata la prima volta nel 1883, con la traduzione inglese a fronte. Per i più curiosi fra i lettori che volessero conoscere il testo e non se la cavano bene con l’inglese, esiste una versione in italiano di parecchi anni fa e reperibile in pochissime biblioteche (tradotto da Franco Cerutti, 1968).

Ciò che maggiormente ci interessa sono le caratteristiche del personaggio principale: il Güegüense è estremamente furbo e abile nei doppi sensi, ma soprattutto è un bugiardo e un imbroglione incallito. Attenzione, però, perché non sempre si deve giudicare la menzogna in modo negativo: può essere una forma di difesa (quanto meno, così pensava Gramsci). A volte, l’unica a disposizione. E per gli indios lo era, senza dubbio, nell’epoca coloniale. Tanto che questo testo teatrale è considerato come la prima espressione della resistenza culturale indigena. Con un linguaggio praticamente incomprensibile per uno spagnolo (in realtà, per chiunque di noi).

Il problema è che la mentalità tipica dei nicaraguensi di oggi è esattamente questa. Se si ritiene che dire il vero possa essere un danno, meglio mentire. Pure di fronte alla evidenza. Se non può derivare alcun danno, meglio mentire sempre e comunque. Non si sa mai.

La traduzione di «Matateco Dio mispiales» suona, grosso modo: «Che Dio misericordioso La protegga». Però, quando è il Güegüense a proferire questo augurio, il senso è esattamente opposto.

II.

È appena stata pubblicata l’ultima indagine demoscopica di M&R Consultores sulle prossime elezioni del 7 novembre. Tralasciamo le voci sui legami fra questa impresa di sondaggi e la famiglia Ortega-Murillo, poiché non esistono prove in tal senso, e prendiamo per buoni i dati che fornisce.

È il settimo sondaggio effettuato dalla stessa impresa: il 58,3% degli intervistati dichiara che voterà certamente per il Fsln, ai quali si potrebbe aggiungere un 9,5% di probabili, raggiungendo il 67,8%.

Nelle inchieste precedenti, la predisposizione al voto per il Fsln è andata progressivamente aumentando. Facendo riferimento al voto sicuro («duro», secondo la loro definizione): settembre 2019 il 37,5%; dicembre 2019 il 44%; luglio 2020 il 41,2%; ottobre 2020 il 46,5%; gennaio 2021 il 41,9%. La sesta inchiesta, dell’aprile 2021, dà al FSLN il 50,7%.

Tolto il calo del gennaio 2021, in un anno e mezzo le preferenze per il Fsln sono aumentate del 13,2%. Raggiungendo la sicura maggioranza assoluta.

Abbiamo il vago sospetto che con il prossimo sondaggio, fra il voto «duro» e quello probabile, il Fsln raggiungerà il 72,44%. Se ci azzecchiamo, vi diremo come abbiamo fatto a indicare questa percentuale.

Però… i primi a non credere a questi numeri sono proprio i componenti della famiglia Ortega-Murillo, che conoscono alla perfezione il fenomeno del «Güegüense». Lo stesso che si verificò nelle elezioni anticipate del 1990 e fece vincere alla coalizione antirivoluzionaria. E non hanno alcuna intenzione di rivivere quella esperienza, che continuano a temere come una sorta di sindrome del Vietnam che perseguita i loro sogni trasformandoli in incubi.

Che non credano a questi sondaggi risulta evidente dalle loro stesse ultime “mosse”. Dopo la nomina dei nuovi componenti del Consejo supremo electoral (Cse), all’inizio di maggio, praticamente tutti appartenenti o vicini al partito al governo, costoro hanno dato cinque giorni di tempo ai partiti e alle coalizioni per iscriversi al processo elettorale. In base alla normativa vigente, il periodo concesso dovrebbe essere di due mesi, ma… ciò è secondario rispetto al seguito della storia.

In base a cavilli che in nessun paese al mondo avrebbero credito, pochi giorni dopo l’iscrizione, è stata tolta la «personería jurídica» al Partido de restauración democrática (Prd), ossia a una parte degli ex contras, e al Partito conservador (Pc), il più antico del Paese. Il che significa che non sono più riconosciuti come partiti.

I nomi dei candidati alla presidenza, vicepresidenza, deputati nazionali e deputati al parlamento centroamericano devono essere presentati entro la fine di luglio. Nessuna unità è ancora stata raggiunta fra le varie componenti della opposizione; anzi, sono sempre più forti le spinte centrifughe. Ciò nonostante, un nome spaventa terribilmente la famiglia Ortega-Murillo: quello di Cristiana Chamorro.

Potrebbe anche ottenere un discreto risultato, nel caso si presentasse con l’opposizione unita. Per cui, non è sufficiente cancellare un paio di partiti dalla competizione: gli elettori votano comunque, non essendo possibile eliminare pure loro con un tratto di penna. E allora…

Cosa c’è di meglio che accusarla di riciclaggio di denaro e bloccargli i conti bancari? Tutto è possibile: di certo ha ricevuto montagne di soldi da organizzazioni legate al governo di Washington (Ned, Usaid, ecc.). E potrebbe essere «inibita» dalla gara elettorale semplicemente applicando la recente legge sugli «agenti stranieri». Ma una accusa di riciclaggio pesa assai di più, anche a livello internazionale.

III

Crediamo che pochi, o addirittura nessuno di coloro che stanno leggendo queste righe, sappiano chi era l’ambasciatore del Nicaragua in Uruguay negli anni di Pepe Mujica (dal 2013). Che attualmente è ambasciatore di Managua a Ottawa (dal 2017).

È nato a Pistoia il 25 ottobre 1959 e per parecchi anni ha vissuto a Villa Wanda, in quel di Arezzo. Amante delle auto di lusso, è stato arrestato dalla polizia austriaca a Vienna, nel 1999, per riciclaggio di denaro. Toh, la stessa accusa contro Cristiana Chamorro.

Daniel Ortega è tornato alla presidenza del Nicaragua nel 2007 e due anni dopo ha naturalizzato questo personaggio (11 maggio 2009) e lo ha immediatamente dotato di passaporto diplomatico. Inizialmente come incaricato d’affari della ambasciata a Montevideo, poltrona che gli ha consentito una rapida carriera. Ma soprattutto un marameo per l’Interpol.

Anni fa, infatti, la magistratura italiana ha emesso nei confronti di questo toscano un mandato di cattura internazionale per… riciclaggio di denaro (un miliardo e duecento milioni di dollari) e altri reati di tipo finanziario. Ma non può fare nulla, essendo protetto dalla immunità diplomatica. Oltretutto, gli inquirenti nostrani sono convinti che sia in possesso di numerosi documenti riservati, relativi a un bel po’ di «segreti». Non ultima la strage alla stazione di Bologna.

Se Cristiana Chamorro ha probabilmente riciclato del denaro, pure questo personaggio strettamente legato alla massoneria deviata e protetto dalla immunità diplomatica di un governo che si dice di sinistra, non è un santo. Entrambi, comunque, sono innocenti fino a sentenza definitiva.

Per coloro che non hanno ancora capito di chi si tratta: è Maurizio Gelli, secondogenito del ben più noto Licio.

IV

Ancora in epoca somozista, nel 1977, Roberto Calvi apre a Managua una succursale del Banco Ambrosiano: il Banco Comercial, nazionalizzato dalla Rivoluzione solo dopo il suo stranissimo suicidio, avvenuto a Londra nel 1982. Oltre al banchiere di Dio, della loggia «Andorra» fa parte un «fratello» nicaraguense naturalizzato italiano, àlvaro Robelo Gonzáles, che è pure Gran Maestro della loggia autonoma del Nicaragua. Nulla da dire sulla massoneria storica, alla quale appartennero Rubén Darío e Sandino. Come pure Garibaldi e forse Mazzini. Ma quella di oggi è spesso un altro film.

Sposato con l’italiana Lucia Raffone, negli anni Novanta l’avvocato Robelo è l’ambasciatore in Italia per il governo di Violeta de Chamorro (un italiano ambasciatore di un paese straniero in Italia). In seguito è il vicepresidente del Banco europeo de Centro América (Beca), fra i cui soci vi sono parecchi craxiani «esiliati» dopo Mani pulite, ed è socio di Gabriele Pillitteri, fratello di Paolo ex sindaco di Milano, nella Bjelonic (aliscafi sul Lago Cocibolca). Già dal 1987, Robelo è indicato da Giovanni Falcone come un «terminal» per il riciclaggio di denaro e in rapporti d’affari con i corleonesi, fra i quali Giuseppe Mandalari, commercialista di Totò Riina. Infine, manco a dirlo, è in stretto contatto sia con il «fratello» Licio sia con Maurizio Gelli. Oltre che con i socialisti e con il presidente di Finivest.

Come nota di cronaca, tanti anni fa a Managua ci capitò di incrociare un suo socio in altre più o meno losche faccende. Il craxiano con barba fluente Francesco Cardella. Forse qualcuno si ricorderà di lui, se citiamo Mauro Rostagno e la comunità Saman.

Altra nota di cronaca: l’ambasciatore italiano in quegli anni era un certo Alberto Boniver. Fratello della ben più nota Margherita. E poi, possiamo continuare a chiederci perché tanti craxiani portarono un sacco di soldi in Nicaragua. E li distribuirono bipartisan.

Roba vecchia, si dirà. Nella campagna elettorale del 2001 Robelo appoggia Daniel Ortega, ma vince l’insulso Enrique Bolaños. Nell’ultimo decennio, dopo il rifiuto del Vaticano e del Belgio di averlo in casa propria come diplomatico, oltre alla dichiarazione di «non grato» da parte dell’Austria (2012), questo ottuagenario è attualmente «ambasciatore itinerante per missioni speciali». Di quali missioni non è possibile sapere. Ma, come direbbe Andreotti, a pensar male…

È vero che le colpe dei padri… ma pure i figli Mónica e Carlos ricoprono da anni cariche diplomatiche.

V

Storicamente i sandinisti, fin da Sandino, si chiamano fra loro «fratelli». Non certo per via della affiliazione alla massoneria. Ma dubitiamo che la famiglia Ortega-Murillo utilizzi questo termine con lo stesso senso che gli dava Carlos Fonseca (¿Qué es un sandinista?).

Infatti, in giro per il mondo ci sono parecchi «fratelli» massoni. In posti di comando. Uno di questi è Erdogan, affiliato alla loggia «Hathor Pentalpha». Nei documenti ufficiali, la coppia presidenziale nicaraguense lo chiama regolarmente «fratello».

Un altro massone, pure lui «fratello», è al-Sisi.

Non sappiamo se sia un «fratello» massone Lukashenko, che in ogni caso è pure «compañero», ma di certo non è un soggetto raccomandabile.

La lista potrebbe continuare, ma riteniamo che questi tre nomi siano sufficienti.

Qualcuno ha affermato che quella della famiglia Ortega-Murillo è «eresia ideologica». Tutto può essere. Ma crediamo che, oltre a El Güegüense conosca assai bene pure la commedia pirandelliana Il gioco delle parti.

AMBASCIATORI ITALIANI: MA COME LI SCELGONO?

“Mario Vattani : parla una vittima dell’aggressione”. A proposito di brutte storie in cui sono coinvolti diplomatici, l’Osservatorio sul fascismo a Roma commenta l’intervista de “Il Fatto Quotidiano” a Andrea Sesti, uno dei due giovani massacrati da un gruppo di naziskin all’uscita del cinema Capranica la notte tra il 9 e il 10 Giugno 1989. Tra di loro vi era Mario Vattani, il console fascio-rock, designato in Consiglio dei Ministri a diventare primo ambasciatore d’Italia a Singapore

Sono in corso interrogazioni parlamentari e appelli affinché il Presidente della Repubblica non firmi la nomina.

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Mario Andrea Vattani, alias “Katanga”, era la voce del gruppo musicale “Sotto fascia semplice”. Dieci anni fa suonò al festival di Casapound. Un articolo di Micromega.

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