Pier Paolo Pasolini nel centenario: coscienza critica e…

profetica negli Scritti corsari e nelle Lettere luterane.

E appuntamento per chi sabato 14 fosse dalle parti di Vigevano.

di Giorgio Riolo

Qual era la posta in gioco, di che cosa si trattava? Si trattava di un passaggio epocale per l’Italia, Paese del Sud Europa e quindi della semiperiferia, relativamente “arretrato” rispetto agli altri paesi industrializzati. Paesi che avevano completato la “modernizzazione”.

Quelli che si definivano “retaggi”, impedimenti, freni allo sviluppo ecc., ma che per Pasolini così non erano, avevano fatto sì che la “Grande Trasformazione”, il passaggio definitivo allo sviluppo pienamente capitalistico, vale a dire non semplicemente nella produzione, nelle strutture materiali, ma coinvolgente complessivamente la società, i modelli culturali e antropologici, di costume ecc., dell’Italia avvenisse dapprima con il cosiddetto “miracolo economico” degli anni cinquanta (soprattutto anni 1958-1963) e poi decisamente nel corso degli anni Sessanta del Novecento.

L’Italia da paese prevalentemente rurale-agricolo passava a divenire Paese prevalentemente industriale-urbano. Il mondo contadino, l’Italia dei valori ancorati al passato, dei legami comunitari, della “pulizia delle facce” ecc. ma anche l’Italia clerico-fascista, dell’onnipotente e onnipervasiva Democrazia Cristiana, della piccola borghesia, rurale e urbana, progressivamente viene cancellata e al suo posto un “nuovo fascismo” si afferma.

È la mercificazione totale, la modernizzazione, la società dei consumi di massa, l’omologazione culturale a opera soprattutto dei mass-media, della televisione in primo luogo, il relativismo morale ecc. Il ’68, rivoluzione globale, in questa visione della “grande trasformazione”, si configura dialetticamente, risulta essere paradossalmente, come una forte accelerazione di questa modernizzazione. E in Italia, appunto luogo del “lungo ’68 italiano”, si dilunga per tutti gli anni Settanta.

Pier Paolo Pasolini, ormai affermato come uno dei maggiori poeti, letterati, cineasti, grande intellettuale riconosciuto, anche polemista, partecipe di tante battaglie culturali e di scandali (le denunce e i processi per vilipendio per i suoi romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta ecc.), tra il 1973 e il 1975, anno della tragica morte, scrive articoli per il Corriere della Sera in primo luogo, ma anche per altri giornali e riviste, come interventi rapidi, fulminanti, acuti, profetici. Si cimenta insomma con il genere del giornalismo militante, come arma della battaglia culturale e politica necessaria in quella temperie e in quella fase storica.

Come profeta disarmato, come eretico. Le sue requisitorie e le sue denunce furono memorabili, anche perché in controtendenza con molta cultura di sinistra, con il Pci e con molti settori della Nuova Sinistra. Pasolini si inserì nel filone dei critici radicali della concezione ingenua del “progresso”, dell’ottimismo storico, della società di massa, dell’industria culturale, della “tolleranza repressiva”, del nuovo fascismo della omologazione culturale, nel linguaggio e nei costumi, del marcusiano “uomo a una dimensione”.

La sua era una critica radicale che si rifaceva, anche se non consapevolmente, al “pensiero negativo” e alla Scuola di Francoforte di Horkheimer e Adorno, più esplicitamente a Herbert Marcuse, solo per ricordare i filoni filosofici di questa lunga tradizione. La quale tradizione rimonta al primo romanticismo, del primo Ottocento, e in seguito al filone importante del cosiddetto “anticapitalismo romantico”, tra fine Ottocento e primo Novecento.

A partire da questo retroterra, i suoi interventi contro i “sessantotini” e la Nuova Classe Media, la sua denuncia del “conformismo dell’anticonformismo” (memorabile l’articolo sui “cappelloni”), il suo alto lamento per la “scomparsa delle lucciole”, immagine e topos folgoranti della sparizione dell’Italia contadina, pulita, autentica, di uomini e donne dal viso riconoscibile e non artefatto.

È l’Italia della “grande trasformazione”, del cambiamento radicale del paesaggio, delle nostre campagne, dell’ambiente a causa dell’inquinamento e dell’incipiente distruzione ambientale, della motorizzazione di massa, dell’asfalto in ogni dove e del forsennato uso e abuso del territorio. L’Italia sfigurata insomma, che ha subito la tragica, tanto deplorata “mutazione antropologica”.

Ma Pasolini non è solo polemista profetico nello scenario epocale. È anche un polemista politico e individua nella Dc il luogo vero del Potere, il Palazzo come luogo del Potere, di tutte le malefatte, palesi e occulte, non giungendo egli ad assolvere comunque il “paese reale” degli italiani. Quegli italiani che assistono inerti al “golpe” (memorabile il suo articolo sul Corriere della Sera del 14 novembre 1974, intitolato poi “Il romanzo della strage”), alle stragi, alla strategia della tensione. Tutto ciò come opera del Potere, degli apparati dello Stato, oltre la manovalanza esecutiva dei neofascisti.

Il martellante “Io so” e l’intermezzo “ma non ho le prove”, con la fiera professione di fede della forza dell’intellettuale, del letterato, del poeta, della “penna dello scrittore come spada” (Leonardo Sciascia), nel capire e nel necessario denunciare. La fiera professione di fede di chi, come molti scrittori del passato (Balzac in primo luogo, realista profetico della società capitalistica del suo tempo, delle sue tendenze di sviluppo ecc.) riesce a cogliere lo “intero”, il “sistema”, la necessaria, stretta connessione e interdipendenza dei fenomeni, il quadro complessivo della società e della storia.

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia”. Pasolini incalzava affinché l’opposizione politica delle sinistre fosse senza compromessi con il Potere. Ma spesso la “pratica politica” divergeva dal “coraggio intellettuale della verità”.

Gli Scritti corsari e le Lettere luterane, le raccolte di questi articoli dell’ultimo Pasolini, apparvero subito dopo la sua morte e agirono potentemente, in molti di noi, verso la fine degli anni settanta, quando l’ebbrezza trasformistica e rivoluzionaria si affievoliva e rientrava entro una visione più conforme alla realtà delle cose, rientrava a considerare con più attenzione i reali rapporti di forza. Quel Pasolini e quelle raccolte agirono nella presa di coscienza della realtà. Realtà rivelatasi più ricca, più contraddittoria, più problematica di quanto apparisse nel precedente contesto di un volontarismo grande, anche generoso, ma spesso fuorviante.

Mentre alcuni settori della sinistra, anche rivoluzionaria, iniziavano quel riflusso che doveva farli approdare al pentitismo, al moderatismo, al pensiero irrazionale, alle sponde addirittura della destra, del conformismo, della riconciliazione furba e redditizia con la realtà, quella lezione tuttavia agì positivamente in altri settori della sinistra storica e della Nuova Sinistra. Anche del mondo delle persone semplicemente non militanti, ma eticamente e politicamente collocate a sinistra.

Il contenuto di verità, pur nell’asprezza e nell’irritazione, alcune volte nella provocazione vera e propria, dei contributi di Pasolini rimane e ancor oggi agisce. Provocazione già espressa nel famoso suo schierarsi con i poliziotti, considerati figli del popolo, degli scontri di Valle Giulia a Roma nel 1968, mentre avversa gli studenti della contestazione generale, i figli della borghesia, aspiranti a divenire nuova classe dominante italiana.

La critica impietosa e radicale delle trame del Potere, palese e occulto, del cosiddetto Palazzo, ancor oggi ci ispira. Un fervente pensiero critico e una grande capacità di comunicazione, di scrittura rapida ed efficace da parte di questo grande intellettuale che nondimeno ci ha dato poesie, romanzi, film ecc., opere tra le maggiori del Novecento, non solo italiano.

E la sua morte violenta sta lì a indicare che la necessaria battaglia culturale e politica con la penna è indispensabile, premessa e accompagnamento del movimento reale, della pratica e delle lotte storiche e sociali. La sua morte, voluta sicuramente dagli stessi contro i quali aveva mobilitato la sua acuta intelligenza e la sua vasta conoscenza. Ricordiamo solo il lavoro su cui si affaticava nei suoi ultimi anni, apparso postumo, Petrolio, con i vari filoni che conducono al delitto Mattei, alla sospetta carriera di Eugenio Cefis, alla geopolitica dei padroni del petrolio su scala mondiale.

Con l’amara constatazione che la voce che gridava nel deserto allora contro la “mutazione antropologica” ci vorrebbe soprattutto oggi, allorché la “mutazione antropologica”, tanto utilizzata in passato, forse in anticipo ai tempi, oggi si è definitivamente realizzata nel contesto della filosofia complessiva del neoliberismo e della onnipervasiva realtà virtuale.

E pertanto ogni seria volontà di cambiamento dello stato di cose da qui deve partire. Per dire, in ultimo, che le strategie politiche, sociali, economiche, i programmi politici sono necessari, ma non sufficienti. È necessario un, preliminare o contestuale, lavoro culturale e antropologico. Il richiamo e il monito quali modi di onorare Pasolini oggi, pur entro i suoi limiti e le sue contraddizioni, ma con il suo indubbio valore di intellettuale di opposizione.

BIBLIOGRAFIA MINIMA: PIER PAOLO PASOLINI – SCRITTI CORSARI E LETTERE LUTERANE

RETROTERRA STORICO

Sempre nel manuale di storia indicato(Bontempelli-Bruni, Storia e coscienza storica, Trevisini Editore, in tre volumi) cfr il terzo volume sulla storia dell’Italia del secondo dopoguerra. Più conforme alla conoscenza del retroterra storico delle tematiche care a Pasolini è il volume di Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi.

MONOGRAFIE

Enzo Siciliano, Vita di Pasolini, Rizzoli, Milano 1978 (ristampa Giunti 1995) e Nico Naldini, Pasolini, una vita, Einaudi.

Sulla pista di Petrolio per la volontà di assassinarlo: Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di stato, Chiarelettere.

Pagine molto belle e importanti su Pier Paolo Pasolini le hanno scritte, tra gli altri, Leonardo Sciascia, Franco Fortini, Dario Bellezza, Edoardo Sanguineti, Mario Spinella, Giovanni Raboni ecc.

LE OPERE

L’edizione corrente di «Scritti corsari» e di «Lettere luterane» è da Garzanti in edizione economica, come tutte le altre opere di Pasolini. Nella prestigiosa collana I Meridiani di Mondadori sono apparsi «Romanzi e racconti», in due tomi, «Saggi sulla politica e sulla società» (contenente tra le altre raccolte anche Scritti corsari e Lettere luterane), «Saggi sulla letteratura e sull’arte».

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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