Pietro Montecucco e la strage della Benedicta

Il 10 giugno 2021 è morto a Voghera don Piero Montecucco. Dopo la strage nazi-fascista del 1944 partecipò ai funerali dei Martiri della Benedicta. Anche se era un bambino quell’evento lasciò una traccia indelebile. Lo ricordiamo con un suo articolo che fu pubblicato (nel giugno 2005) sulla rivista «Patria indipendente» dell’ANPI.

 

NON DIMENTICATE I MARTIRI DELLA BENEDICTA
La mia memoria di sessant’anni fa è legata a un funerale. Sono grato a mio padre per avermici accompagnato. Le quindici bare erano allineate lungo i due lati della piazza del Mercato. Ciascuna di esse era attorniata dai genitori e dai parenti, che hanno potuto accogliere le salme dei giovani solo un anno dopo che erano stati trucidati dai tedeschi alla Benedicta nella notte del 7 aprile 1944. Nell’inverno 1943-1944 intorno al Monte Tobbio, nell’appennino ligure piemontese, si erano rifugiati i primi nuclei di giovani renitenti alla leva e partigiani, che rifiutavano di continuare la guerra e iniziavano il loro percorso di opposizione al fascismo. Nella primavera 1944 i giovani affluiti in montagna erano ormai diverse centinaia e facevano capo alla Benedicta, un cascinale annesso ad un convento benedettino medioevale. Anche se molti di questi giovani erano male armati e privi di istruzione militare, la loro presenza rappresentava un pericolo potenziale per tedeschi e fascisti, che decisero di organizzare un rastrellamento allo scopo di sgominare le bande e di creare il terrore nella popolazione civile. Come si può facilmente immaginare, la notizia di questo eccidio si diffuse rapidamente e suscitò una grandissima impressione nella popolazione di tutta la zona e nei paesi da cui provenivano i giovani partigiani. Anche in una cascina isolata tra le colline, lontano dai paesi, come quella dove io ero nato e abitavo, le notizie della guerra si sapevano e si vivevano con grande trepidazione, anche perché vi erano coinvolti alcuni familiari. E ricordo bene, pur essendo un bambino, come la milizia fascista faceva sentire tutta la sua pressione sulle famiglie dei renitenti alla leva. La guardia comunale veniva da noi ogni due o tre giorni a cercare mio zio Talino. E un giorno arrivarono in gruppo i militi armati di tutto punto, sottoposero mio nonno ad un pesante interrogatorio, salirono sul fienile e lo passarono col tridente, pensando che mio zio fosse nascosto sotto il fieno… L’eccidio della Benedicta non ottenne lo scopo di piegare lo spirito popolare e di fermare il movimento partigiano. Che, anzi, dopo una seria riflessione sugli errori compiuti, Benedicta riuscì a riprendere vigore e a riorganizzare nuove formazioni di resistenza, che intensificarono le azioni contro i nazifascisti, soprattutto in Val Borbera, dove alle “Strette di Pertuso” un centinaio di partigiani tennero testa per tre giorni, dal 25 al 27 agosto ’44, a 3.000 militari tedeschi e fascisti. Trovarono più di novanta corpi sotterrati in due fosse comuni… Li ricomposero nelle bare che avevano portato sui carri, nascoste sotto il fieno, e scavarono una fossa per ciascuno di loro. Sono rimasti sepolti alla Benedicta fino alla fine della guerra. Finita la guerra, un gruppo di parenti e volontari risalirono alla Benedicta per restituire i corpi alle famiglie e ai cimiteri dei paesi. Li hanno portati a valle nelle nuove casse su delle slitte trainate dai buoi. Poi con le bare sui camion sono arrivati a Serravalle, alla Porta Genova, dove aspettava la gente, tantissima gente… una fiumana, che ha accompagnato in corteo i Martiri della Benedicta alla piazza del Mercato, dove sono stati vegliati tutta la notte… Ma in molte case le sofferenze non terminarono… Molte famiglie si ricomponevano per il ritorno a casa dei congiunti dalla guerra. Di alcuni di loro non si avevano notizie da molto tempo. Ma di altri non si ebbero mai più notizie… Ora riposano insieme nella cappella del cimitero costruita per loro. Ormai non si ricordano più come “i ribelli”, e neanche come “partigiani”, ma al mio paese vengono chiamati “Martiri”, perché sono “Morti nel tramonto della tirannia e Risorti nell’alba della libertà”. Al centro del mio paese c’è una lapide che ammonisce: “Non dimenticate i Martiri della Benedicta”.

UNA NOTA SU PIERO MONTECUCCO

di Chief Joseph

Piero viene ordinato sacerdote nel 1962, ma l’abito gli sta stretto, non a caso scrive al vescovo di Tortona: «la giustizia prima della carità». Lavora in fabbrica come metalmeccanico ed è molto impegnato anche sul versante sindacale. Prende posizioni scomode e controcorrente con l’organizzazione storica dei preti operai, ma continua l’attività di sacerdote prima in alcuni comuni dell’Oltrepò e poi all’interno della Comunità del Carmine vogherese come sacerdote-rettore. Una volta gli ho chiesto, da ateo praticante, dove trovasse la forza e la sicurezza della fede e come riuscisse ad affrontare la montagna di un mistero per me insormontabile. «Vedi Giuseppe – mi rispose – forse non ci crederai, ma non sono molto diverso da te perché tutte le domeniche (allora lavorava e celebrava durante le festività a Ponte Nizza, a metà strada fra Voghera e Varzi) quando vado a dire la Messa, sono attanagliato da dubbi e insicurezze». Tuttavia questa sua dubbiosa umanità non gli impediva di essere granitico e deciso nelle sue valutazioni che lo portavano a esprimere giudizi. Tutto questo fortemente intrecciato con l’impegno civile su solidarietà, pace, giustizia sociale, per la difesa della Costituzione, per l’antirazzismo e contro ogni forma di esclusione. Non a caso fu tra i promotori, nel 1991, dell’associazione «Insieme» a Voghera, al fianco dei migranti, nella quale è stato presente fino all’ultimo. Fra i suoi progetti l’adozione a distanza di bambini palestinesi e la raccolta fondi per garantire loro cure e studi.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
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