Più che Stellantis un buco nero
di Gianluca Cicinelli
Occultata dal quasi golpe di Trump e dal lodo Ciampolillo per salvare il soldato Conte, la nascita di Stellantis, fusione tra la Fca degli Elkann aka Agnelli e la francese Psa, è avvenuta senza alcuna garanzia per la salvaguardia dei già scarsi livelli di occupazione esistenti nel settore auto. E mentre la stampa “mainstream” si occupava dei veri problemi che attanagliano il Paese, lo stato dei rapporti Mastella-Calenda e la sparizione dai radar di Casalino, veniva subito annunciata, senza che il governo convocasse alcun confronto con i sindacati, la cessione di Iveco.
Questo per celebrare sotto i migliori auspici la nascita del nuovo polo automobilistico italo-francese, destinato a diventare il quarto al mondo per quantità di veicoli prodotti. Alle preoccupazioni dei lavoratori interni si aggiunge quella di chi è occupato nell’indotto, fornitori di servizi e merci, per l’utilizzo della piattaforma Cmp portata in dote dalla Psa, un telaio adattabile che da solo costituisce il 40% dell’intera macchina prodotta, applicabile a qualsiasi modello e carrozzeria, dalle Citycar ai Suv. I nuovi modelli della Fca basati su questa piattaforma francese verranno d’ora in poi prodotti in Polonia, a Tychy, dove già viene prodotta la nuova 500.
L’operazione Stellantis non è vista in modo negativo dai sindacati, competere sul mercato conviene a tutti, che chiedono però al governo, allo Stato, di vigilare sulla regolarità dell’operazione Stellantis. Un controllo che naturalmente non piace alla Fca degli Elkann aka Agnelli, che fece saltare l’operazione di fusione ventilata in precedenza con la Renault proprio perchè riteneva troppo ingombrante la presenza dello stato francese tra gli azionisti della Renault.
E mentre operai e impiegati guardano all’operazione con il timore di perdere il posto, gli azionisti di Fca si sono già spartiti un dividendo straordinario di 2,9 miliardi di euro come bonus per l’operazione. L’auspicio dei sindacati è che la fusione colmi il ritardo tecnologico dei due colossi anche sul mercato dell’auto elettrica e della tecnologia avanzata di guida, ma sia Fca che Psa sono al momento le società più arretrate nel settore che rappresenta il futuro dell’auto.
Il risparmio sul costo del lavoro, con conseguente aumento dei profitti per gli azionisti, è il faro che direziona la fusione che ha portato alla nascita di Stellantis, anche se nasconderlo sembra lo sport preferito degli analisti economici italiani. Soltanto sulla produzione di motori diesel il nuovo gruppo conta di rispamiare 3,7 miliardi di euro l’anno, quindi le rassicurazioni dei due gruppi sul mantenimento in opera di tutti gli stabilmenti attualmente utilizzati lascia il tempo che trova, a meno che non si riferissero soltanto agli edifici. Il 4 gennaio scorso il Wall Street Journal e Il 7 gennaio l’Economist, spiegavano che il punto debole dell’operazione è proprio la componente italiana: il risanamento della scarsa produttività del marchio Fiat è il primo punto sull’agenda di Stellantis.
Psa ha già risolto brillantemente il problema della produttività di alcuni dei suoi marchi e sempre per mano del suo amministratore delegato Tavares, che adesso è l’amministratore delegato di Stellantis. Ad esempio ha acquisito la Opel quando era in passivo e l’ha riportata in attivo. Come? E’ semplice, ha licenziato un terzo dei dipendenti, difficile immaginare un finale diverso per Fiat.
Per compiere questa operazione senza dare nell’occhio occorre una stampa compiacente, che non gridi allo scandalo per i licenziamenti e le ristrutturazioni che verranno, che non crei allarme sociale. Ed ecco spiegate le grandi manovre dello scorso anno della famiglia Elkann aka Agnelli in campo editoriale. Come sempre: chi pensa male fa peccato ma non sbaglia.